La frenata del Pil cinese – che viaggia, comunque, a velocità supersonica rispetto alla men che modesta crescita italiana – deve far riflettere sulle potenzialità di altri mercati mondiali. E le difficoltà complessive dei Brics (a parte l’India) dovrebbero favorire gli scambi con nuovi partner. Nuovi perché, ad esempio, le 67 aziende italiane presenti in Azerbaigian rappresentano un’avanguardia troppo piccola in rapporto alle potenzialità del Paese ai confini tra Asia ed Europa.

Basti pensare ai 53 miliardi di dollari che rappresentano il Pil di Baku, al flusso di Ide (gli investimenti diretti esteri) che non si sono arrestati neppure per effetto della crisi mondiale. Investimenti che, nel 2014, avevano superato gli 11 miliardi di dollari e che sono leggermente diminuiti lo scorso anno.

Ma, a fronte di queste cifre, le esportazioni italiane dirette in Azerbaigian valgono solo 588milioni di dollari a fronte di importazioni per 2,3 miliardi di dollari. Un evidente squilibrio che può essere in parte risolto con una maggiore attenzione da parte italiana nei confronti delle grandi opportunità offerte da Baku.

Un Paese economicamente “sano” e politicamente stabile. Che deve affrontare l’annoso problema del Nagorno Karabak occupato ma che, nonostante questo, riesce a garantire la sicurezza dei cittadini e degli investimenti in tutte le altre aree dell’Azerbaigian non interessate dalle tensioni.

Non vanno neppure sottolineate le relazioni internazionali che, anche a livello commerciale, fanno di Baku un polo strategico per l’interscambio in una vastissima area. Un’area che sta affrontando la crisi economica mondiale con risultati migliori rispetto alla maggior parte dei Paesi. Un rapporto della divisione Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda ha proprio oggi evidenziato come l’Eurozona sia alle prese con la decelerazione della crescita; gli Stati Uniti, nonostante il buon andamento dell’ultimo trimestre del 2015, potrebbero vedere frenati i dati del primo trimestre 2016; il Giappone è debole e il Brasile in caduta prolungata mentre la Cina blocca la discesa ma riparte in modo disomogeneo.

Servono, dunque, nuovi sbocchi. Serve un mercato come quello dell’Azerbaigian dove sta crescendo la fascia di consumatori in grado di acquistare il made in Italy. Proprio mentre il presidente nazionale di Confagricoltura sottolinea come siano sempre meno gli italiani in grado di affrontare la spesa per un’alimentazione di qualità con prodotti nazionali. E per i nostri produttori Baku può rappresentare una alternativa reale.

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