Una delle maggiori attestazioni dell’abilità politica di diversi Paesi ufficialmente “rigoristi” nel piegare a proprio vantaggio la politica europea è la loro capacità di far coesistere coerentemente una radicale critica di qualsiasi forma solidale di risposta economica alla crisi del coronavirus (come il Recovery Fund) e una forte spinta a una deregulation dei controlli della Commissione agli aiuti di Stato sul fronte interno. Germania, Olanda e Austria hanno fino ad ora usufruito a pieno diritto e con grande forza della deroga della Commissione ai vincoli stringenti sugli aiuti di Stato legata all’emergenza pandemica.
Il 52% dei 1.900 miliardi di euro di interventi nazionali approvati da Bruxelles è ascrivibile alla sola Germania. Che ora si prepara a influenzare una nuova svolta nelle politiche Ue. Dato che, come scrive Il Fatto Quotidiano, “le iniezioni di liquidità e gli aiuti a breve termine potrebbero non bastare, la Commissione sta valutando se autorizzare i Governi a entrare nel capitale delle imprese e a sottoscriverne le obbligazioni, a patto che le aziende beneficiarie non paghino dividendi, non possano riacquistare azioni proprie né versino bonus o premi a manager e dipendenti”.
In questa direzione si era già mossa, di fatto, Berlino predisponendo, tramite il ministro dell’Economia Peter Altmaier, un fondo sovrano a protezione dal rischio di takeover di aziende strategiche da parte di concorrenti extraeuropei (statunitensi e cinesi innanzitutto), mentre il collega francese Bruno Le Maire non ha esitato a ritenere possibili nazionalizzazioni temporanee di aziende in crisi, soprattutto nel comparto industriale ed aeronautico.
Parliamo di una posizione in linea di principio corretta, ma che risulterebbe sostenibile solo se nel quadro delle nuove regole europee non si creassero asimmetrie tra i diversi Paesi in quanto a possibilità di intervento a sostegno dei settori in difficoltà.
Il portavoce del dipartimento Concorrenza della Commissione, Arianna Podestà, ha detto che il pacchetto è ancora in fase di elaborazione: “stiamo ancora valutando le risposte che abbiamo ricevuto, enon posso anticipare ora ne’ quanto tempo ancora ci vorrà, nè il risultato finale“.La nuova riforma però, stando alle indiscrezioni riportate dal Fatto, “fisserebbe limiti come la natura temporanea degli interventi ed escluderebbe dagli aiuti le società che erano già in difficoltà a fine 2019. Insomma, taglierebbe fuori Alitalia, mentre consentirebbe ad Air France di ricevere 7 miliardi da Parigi e a Lufthansa di ottenerne 10 da Berlino”. Si nota un’ironica distinzione tra aziende arrivate in crisi alla fase epidemica e aziende portate alla crisi dall’epidemia stessa, come se le prime non avessero ora, a maggior ragione, necessità di una ristrutturazione operativa e finanziaria.
La trasposizione economica della polemica sulla conta dei morti per l’epidemia: fa forse differenza se un comparto economico è andato in crisi per il coronavirus o sia stato colpito dal coronavirus in un momento di tendenziale affanno? A nostro parere no, anche perchè le singole imprese rischierebbero di trovarsi spiazzate e, al contempo, la stessa determinazione di quali parametri rendano un’impresa effettivamente e inequivocabilmente in crisi varia da comparto a comparto.
Senza un coordinamento univoco tale misura rischia di legittimare le rendite di posizione nella gerarchia economica dell’Unione. A tutto vantaggio di quei Paesi che pretendono di fare da soli ma di scrivere anche le regole collettive a cui tutta l’Unione dovrebbe conformarsi. A Paesi come l’Italia resta, sulla carta, la possibilità di giocare nel perimetro lasciato a disposizione utilizzando la carta della golden share, ma anche tale strumento potrebbe essere distorto se non sostenuto da adeguati contrafforti e da politiche anti-emergenziali sicure, “perché un conto è proteggere pro tempore imprese forti con partecipazioni o sostegni pubblici mentre un altro è cogliere l’occasione della crisi per soddisfare l’appetito politico-partitico teso ad ampliare la sfera dell’intervento statale”, come ha sottolineato l’economista Alberto Quadrio Curzio. Attendiamo che l’Italia, Paese caratterizzato da una cronica debolezza di diverse filiere (dall’acciaio alle infrastrutture), batta un colpo per evitare di esser esclusa dalla “Fase 2” della partita europea sugli aiuti di Stato. Da cui dipende una grossa fetta della ripresa continentale.