I lunghi giorni di luglio che sono stati contrassegnati dalla discussioni europee circa il Recovery Fund e gli interventi a sostegno dell’economia in seguito al passaggio della pandemia di coronavirus avevano reso palese sin da subito come il tema fosse ampiamente divisivo. Dai lunghi summit sono uscite però delle posizioni – come quella della Francia e della Germania – che sono parse fortemente in controtendenza rispetto gli ultimi anni, anche a causa della tragedia stessa che il Covid-19 ha significato per i Paesi Ue. Tuttavia, anche Berlino e Parigi hanno vissuto una forte contrapposizione interna, con la situazione della Germania che, adesso, sembra mostrare una rottura tra la classe dirigente politica e la classe dirigente bancaria. In questo scenario si preannuncia un duro scontro all’interno della Germania, a causa delle grandi conseguenze e criticità che l’applicazione del Recovery Fund così come è stato impostato potrebbero avere sui risultati dell’economia tedesca sul lungo periodo.

Le banche tedesche bocciano il Recovery Fund

A usare le parole più dure nei confronti della maxi manovra di salvataggio europea – come riportato dal quotidiano tedesco Deutsche Welle – è stato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. In modo particolare, le sue critiche sono rivolte all’enorme dispiego di denaro che verrà immesso in modo liquido all’interno dell’economia pesando però sul groppone non soltanto degli Stati membri ma anche sulla stessa Unione europea. In modo particolare, in quei Paesi – come l’Italia, la Spagna e la Grecia – che già navigano in un debito pubblico alle stelle e con problemi strutturali conosciuti ormai da molti anni e che da questa tornata di indebitamento potrebbero non uscirne indenni.

In questo scenario, dunque, secondo Weidmann sarebbe necessario un maggior controllo delle politiche economiche dei singoli Paesi da parte di Bruxelles, al fine di evitare una crisi da sovra-indebitamento nazionale. E dunque, anche secondo il presidente della banca centrale tedesca – allineato con le posizioni dei Paesi “frugali” – l’accesso ai finanziamenti dovrebbe essere subordinato ad un maggiore controllo e supervisione da parte dell’Unione europea.

Berlino teme il rischio di un debito comune

Con la pandemia, le criticità sollevate dal Recoovery Fund e con lo stesso indirizzo europeo volto gradualmente a unificare le tassazioni dei Paesi europei si è fatta strada l’ipotesi che l’Europa stia – finalmente – giungendo ad una maggiore cooperazione economica. Con l’obiettivo, un giorno, di arrivare ad uniformare l’apparato fiscale e , perché no, anche quello dei debiti pubblici, rendendo di fatto unico il sistema economico dell’Unione europea.

Tuttavia, mentre questa ipotesi è gradita da una parte degli attori in causa, dall’altra ha preoccupato tutte quelle nazioni che, allo stato attuale, godono di un basso rapporto debito/pil e dunque possiedono un merito creditizio migliore rispetto ai Paesi del sud dell’Europa. E sebbene la Germania si sia schierata dalla parte della flessibilità, le sue istituzioni non hanno potuto far a meno di notare i rischi e le ripercussioni di un aumentato debito pubblico generalizzato a livello europeo. Soprattutto, nel momento in cui – come sembra poter succedere dalle premesse – un giorno i debiti pubblici nazionali diventassero un unico grande debito europeo.

Jens Weidmann, il falco di Solingen

Le posizioni tenute dalla banca centrale tedesca in relazione al Recovery Fund erano comunque ampiamente auspicabili alla vigilia dell’accordo. Weidamnn, il presidente della massima istituzione bancaria tedesca, si era già contraddistinto negli scorsi anni per le sue posizioni scettiche riguardo all’aumento dei debiti pubblici e di una troppa flessibilità concessa ai Paesi con maggiori difficoltà. Non a caso, infatti, la possibilità stessa che egli un giorno potesse divenire presidente della Bce come successore di Mario Draghi era stata criticata non soltanto dall’Italia ma anche dalla Francia, le quali non lo ritenevano in linea con gli indirizzi che l’Unione europea avrebbe dovuto prendere. E forse, anche a causa di questo precedente, le parole dell’economista tedesco potrebbero essere lette quasi come una vendetta nei confronti di coloro che negli scorsi anni non lo hanno sostenuto, dando modo invece alla francese Christine Lagarde di insediarsi nei palazzi di Francoforte – così vicini, ironicamente, anche agli uffici di Bundesbank.

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