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Le molestie sessuali non sono più unilaterali: anche le donne possono essere accusate di molestare un uomo sul luogo di lavoro. Nell’epoca del politicamente corretto e dei Torquemada delle avances fra uomo e donne, cade anche quest’ultimo tabù e l’America scopre ora che può esistere anche un orco al femminile. Che poi le accuse siano vere o false, vecchie o nuove, non importa: c’è la parità di genere. Ed è così che dalla sinistra americana e dall’ormai famigerato movimento MeToo arriva la distruzione della carriera politica anche di una donna: la democratica Andrea Ramsey, in corsa per un seggio per il  Kansas.

Andrea Ramsey, 56 anni, è una dirigente in pensione che ha lavorato per molto tempo nel settore privato e, in particolare, in quello sanitario e no-profit. Poi è arrivata la politica, con la sua volontà di candidarsi proprio come risposta all’elezione del maschilista Trump e di tutto quel sistema di potere che lui rappresenta per le femministe d’America. Decide così di candidarsi con i democratici per un seggio al Congresso nel suo Stato, il Kansas. Per la sua corsa al seggio, aveva ricevuto anche l’endorsement della Emily’s List, un gruppo di donne liberali che ha raccolto più di mezzo milione di dollari per aiutare le donne candidate a sostenere i diritti all’aborto. Insomma, una perfetta candidata del nuovo sistema del Partito democratico.

Poi però accade qualcosa. Qualcosa di totalmente inaspettato fino ad ora, ma che crea un cortocircuito in tutto il mondo mainstream. Il quotidiano di Kansas City, il Kansas City Star, riporta la notizia di una causa del 2005 in cui la candidata democratica era accusata di aver molestato sessualmente un uomo quando lavorava per LabOne, dove era vicedirettore esecutivo della sezione per le risorse umane, e di averlo licenziato dopo aver rifiutato le sue avances. Ramsey nega tutto, dice che la causa era contro la compagnia e non direttamente contro di lei, e afferma che è stato tutto risolto già nel 2006. “Dodici anni fa, ho licenziato un dipendente”, ha detto la signora Ramsey in una lettera pubblicata su Facebook venerdì. “Quell’uomo ha deciso di fare una denuncia contro la compagnia (non contro di me). Mi ha citato nelle accuse, sostenendo che l’ho licenziato perché si rifiutava di fare sesso con me. Questa è una bugia”.

Causa risolta, denuncia ritirata, tutte falsità. Bastava per tenere a freno l’inquisizione del Partito? Ovviamente no. E, infatti, ecco che arriva la scure di #MeToo e la fine della corsa per il seggio, Il Partito democratico non può accettare neanche un’accusa potenzialmente falsa e priva di fondamento. Ed ecco che la donna liberale e femminista si scopre curiosamente molto più equilibrata, dicendo che i suoi oppositori politici stavano usando le false accuse contro di lei, e criticando il Partito democratico per aver implementato uno “standard di tolleranza zero”. Il Democratic Congressional Campaign Committee, la sezione del partito che versa i soldi destinati alle campagne elettorali non ha battuto ciglio e la portavoce, Meredith Kelly, ha spiegato che “Se uno è colpevole di molestie o di stupro, non deve occupare un ufficio pubblico”. Chiaramente il fatto che questa denuncia fosse un metodo per chiedere soldi all’azienda e che la donna non sia stata denunciata direttamente e dunque non abbia potuto difendersi in tribunale, non è stato minimamente calcolato dal Partito democratico che, inebriato ormai da questo vortice sanzionatorio, non aspettava altro che sacrificare all’altare del politicamente corretto anche una donna, allo scopo di provare che neanche una donna che abusa di un uomo può essere slavata. Neanche se risulta innocente.

Adesso che anche una donna subisce l’annullamento di ogni garanzia giudiziaria e la condanna a prescindere del tribunale del popolo creato dal movimento #MeToo, forse sarà anche possibile fare luce su questa vena di follia inquisitoria che sta scatenandosi in questi mesi. Una follia che è passata dal condannare, in modo sacrosanto, le molestie sessuali, a chiedere addirittura la cancellazione di ogni tipo di differenza tra avances, palpeggiamento e stupro. E che adesso, diventa una pericolosa arma di ricatto e di condanna sociale. L’accusa diventa condanna e non ci può difendere. Magari si è innocenti, magari non esiste alcun processo, ma tanto basta per avere una vita spezzata o una carriera seppellita per sempre e infangata.

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