In Mauritania, uno Stato dell’Africa nord-occidentale, vige il rito del “gavage”, secondo cui le giovani ragazze, per potersi sposare, devono essere grasse fino a sfiorare l’obesità.

Ricchezza ed obesità

A partire dalla tenera età di sei anni, le bambine mauritane subiscono la crudele pratica del “gavage” e vengono costrette a mangiare enormi quantità di cibo al solo scopo di dover trovare marito. Più saranno grasse e più “appetibili” appariranno agli occhi dei ragazzi che incontreranno. Secondo la cultura mauritana, le donne in sovrappeso sono anche le più ricche. Le ragazze magre – ma anche quelle normopeso – vengono percepite, al contrario, come una vergogna dalla comunità che le ospita: povere, e magari maltrattate, all’interno di famiglie prive dei mezzi di sostentamento necessari per poterle crescere. Molte ragazze mauritane accettano spontaneamente di sottoporsi al rito del “gavage” per la buona riuscita di un matrimonio mangiando giorno e notte ininterrottamente per poter arrivare a pesare anche 100 in vista delle nozze. E se le più piccole rifiutano la pratica, esistono vere e proprie strutture dedicate: ostelli dove – sotto il controllo vigile delle anziane donne del villaggio che li gestiscono – le bambine vengono indotte (anche con la violenza) ad ingozzarsi di cibo e bevande ipercaloriche, con il benestare delle famiglie.

Effetti collaterali e morte precoce

Anche le smagliature vengono esibite sul corpo delle mauritane con grande orgoglio: sarà per via dei tanti benefici materiali e spirituali che se ne traggono, seppur a discapito del proprio benessere psico-fisico. E quando reperire grosse quantità di cibo in natura diventa un problema, soprattutto per le famiglie più povere dei centri rurali, si ricorre all’utilizzo di farmaci ed ormoni ad uso veterinario. Le ragazze, in casi estremi, scelgono deliberatamente di ingurgitare sciroppi in grado di stimolare l’appetito o medicine dopanti per animali (ben più nocivi di un’alimentazione naturale). Inevitabile il sopraggiungere di problematiche cardiovascolari, del diabete o di altre gravi disfunzioni renali che causano ictus ed infarti, provocando la morte prematura delle ragazze che ignorano i danni di uno stile di vita insano. E se anche una legge vieta da qualche anno in Mauritania la vendita di farmaci considerati nocivi per l’uomo, il business illecito del mercato nero è molto fiorente. Le ragazze – nel rispetto di un indottrinamento che ha inizio in età infantile – arrivano a pesare decine e decine di chili e per poterlo fare sono disposte a subire ogni genere di supplizio, cagionandosi una salute precaria.

“Il Corpo della Sposa”

“‘Verida, alzati e mangia!'”, inizia così Il Corpo della Sposa, il primo film di genere che affronta la pratica dell’ingrasso forzato delle future spose mauritane. La protagonista è una giovane attrice che ha subito all’età di 16 anni il rito del “gavage”). La storia si svolge sullo sfondo di una Mauritania ancora oggi paradossalmente incastrata tra tradizione e modernità. Verida è socievole, lavora in un salone di bellezza, ama divertirsi con le sue amiche e ricorre all’utilizzo dei social network come qualunque altra ragazza moderna. Fino a quando – un giorno – viene svegliata all’alba dalla madre che le comunica che si sposerà.

Da quel momento, Verida avrà tempo tre mesi per poter ingrassare di venti chili e soddisfare i canoni estetici del futuro marito che la considera ancora troppo magra per l’ideale di bellezza tradizionale. Il film inizia con l’inquadratura di Verida che beve da una ciotola di latte, come a voler enfatizzare la drammaticità di un atto imposto, come quello del “gavage”.

Gli unici momenti di spensieratezza sono quelli che ritraggono Verida insieme ad Amal (la sua migliore amica) oppure complice del romanticismo puro e genuino di Sidi (il ragazzo incaricato al rito della misurazione del peso). “Un tempo il ‘gavage’ era estremo, veniva compiuto nell’arco di una sola notte: molte donne morivano dopo la pratica del ‘leblouh'”. La tecnica è attualmente impiegata nei villaggi del deserto per anticipare il menarca di bambine e giovani ragazze. “In città vanno di moda i festini ‘wangala’: merende a base di cibo tra amiche”. Il film è un atto di denuncia contro rituali arcaici e criteri di bellezza ormai obsoleti. È un lungo viaggio interiore che ha inizio nel preciso momento in cui Verida si ribella all’educazione ricevuta.





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