È stato arrestato il 20 marzo 2020 per estorsione, reati sessuali aggravati e sfruttamento sessuale di minori. Perché sul suo canale Telegram (a pagamento), che aveva chiamato “the Nth Room”, caricava i video pornografici che riusciva ad avere da decine di ragazzine adescate in rete. Tutte trasformate in vere e proprie schiave sessuali: umiliate, mortificate e, in qualche caso, persino marchiate a fuoco. È accaduto in Corea del Sud, dove Cho Joo-bin, uno studente di 24 anni aveva costruito la sua rete criminale su Internet, avvicinando decine di ragazze con la promessa di guadagnare soldi online e poi ricattandole.
Schiave su Telegram
Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, le vittime riconosciute sarebbero 74, di cui 16 ancora minorenni. Il 24enne si faceva chiamare “Mr. Doc” e il canale di cui era animatore era attivo dal 2018. Contava 300mila spettatori, che pagavano lui e i suoi collaboratori (tutti arrestati dalle autorità) con criptovalute. Per la polizia, i filmati avevano caratteristiche “disumane, annichilenti” ed estremamente crude. Le ragazze erano infatti costrette a fornire la loro immagine, continuamente sfruttata, corrotta e denigrata.
Chi è “Mr. Doc”
Del suo nemico pubblico, la Corea ha voluto sapere tutto. Nome, cognome, abitudini ed età, condizione piuttosto rara visto che il Paese asiatico, solitamente, tutela severamente l’anonimato dei suoi criminali, “salvo eccezioni particolarmente odiose”. Questa, evidentemente, è stata percepita come tale e una petizione a cui avrebbero aderito 2,6 milioni di cittadini ha chiesto che le autorità ne rendessero noto il volto e le sue generalità. Gli elementi forniti dalla polizia hanno fatto emergere il profilo di un criminale atipico, con due esistenze quasi parallele, confermate dal 24enne stesso. “Ringrazio i poliziotti per aver fermato questa seconda vita terribile, che mi stava divorando”, avrebbe dichiarato poco dopo il suo arresto. Perché “Mr. Doc”, oltre ad adescare virtualmente ragazzine per poi trasformarle in prodotti pornografici commerciali su Telegram, a lungo è stato un volontario nell’assistenza ai disabili e ai più poveri.
La conferenza stampa per conoscerlo
Dopo l’insistente richiesta di conoscere il volto dell’adescatore, gli inquirenti hanno convocato una conferenza stampa in cui lo studente 24enne è stato mostrato ai giornalisti. La sua immagine, con la faccia completamente scoperta, ha fatto il giro di mezzo mondo. Indossa una felpa a marchio Fila, non ha la mascherina protettiva su bocca e naso, ma porta un collare medico. Secondo le prime ricostruzioni, poco dopo il suo arresto, il 24enne avrebbe tentato di togliersi la vita. Al termine della conferenza stampa, alla domanda dei giornalisti che gli chiedevano a chi avrebbe voluto chiedere scusa, Cho Joo-bin avrebbe fatto il nome di tre persone, per adesso estranee ai fatti, che nessuno conosce.
I “bravi ragazzi” complici
Oltre a Cho Joo-bin, nei guai sarebbero finite altre venti persone, tutti complici e quasi tutti coetanei che svolgevano il servizio civile. Ragazzi normali, criminali quasi per caso, tutti dai profili anonimi. Quasi come i 300mila coreani, loro clienti, che sui propri dispositivi collezionavano le immagini di decine di ragazze ridotte a oggetti. Senza più un’umanità riconoscibile, trattate come animali. Secondo quanto riportato dalla Cnn, una delle ragazze si sarebbe scritta la parola “schiava” sopra i propri genitali, mentre un’altra abbaiava come se fosse stata un cane. Molte di loro non solo erano minorenni, ma poco più che bambine.
L’indagine e la pornografia nel Paese
E a proposito dell’età delle vittime, l’indagine a carico del 24enne e dei suoi complici sarebbe rientrata in un’altra inchiesta più ampia sulla pornografia infantile tramite canali criptati come Telegram, molto diffusa in Corea. Nel 2017, il governo del Paese asiatico aveva dovuto varare una legge sulle spycam, un fenomeno che riguardava diverse microcamere nascoste ovunque. Dagli spogliatoi dei negozi ai bagni femminili, tutte collegate a internet per filmare e trasmettere immagini di donne nude ignare di essere state riprese. Nel 2018, decine di migliaia di donne avevano invaso le strade di Seoul, con cartelli con su scritto “La mia vita non è la tua pornografia”, per protestare contro quelle riprese illegali. L’anno dopo, la polizia aveva scoperto una chat di gruppo online in cui circolavano video sessualmente espliciti girati senza consenso. E sempre nel 2019, l’attivista Nam Hye-ri aveva aperto un account Twitter chiamato “Project ReSET” (che è l’acronimo di Reporting Sexual Exploitation in Telegram), chiedendo agli utenti di denunciare le chat di Telegram in cui erano presenti abusi sessuali. Il gruppo chiedeva pene più pesanti per il possesso e la distribuzione di materiale digitale che documentava violenza sessuale e la condivideva.
La scoperta degli studenti di giornalismo
Sempre secondo quanto riportato dalla Cnn, a portare all’attenzione della polizia il caso del 24enne, lo scorso luglio, sarebbero stati due studenti universitari coreani di una scuola di giornalismo. I due ragazzi, che hanno utilizzato gli pseudonimi di Kwon a di Ahn per proteggere la loro incolumità, vista la delicatezza del caso, avrebbero scoperto i gruppi di chat, sulla celebre applicazione di messaggistica crittografata, nell’estate del 2019. La ricerca dei due studenti era parte di un compito, che consisteva nell’indagare sui crimini sessuali in rete. E sebbene i gruppi di chat risultassero privati, i collegamenti a essi venivano facilmente individuati utilizzando le ricerche di parole chiave su Google. Quando Kwon, uno dei due, ha visto per la prima volta il contenuto di quelle chat room, ha dichiarato di non riuscire a credere alle scene e ai messaggi davanti ai suoi occhi. Quello dello studente 24enne non era però l’unico gruppo: chat simili erano gestite su Telegram anche da molti altri operatori, ma Cho Joo-bin amministrava almeno otto gruppi, alcuni dei quali con oltre 9mila membri contemporaneamente.
La ricostruzione del ricatto
Secondo quanto riportato dalle autorità, il 24enne avrebbe ingannato le sue vittime offrendo loro lavori come modelle online. Le giovani, infatti, avrebbero inviato le loro informazioni personali, compresi i numeri di telefono e tutte le coordinate per essere pagate, insieme ad alcune fotografie. Una volta “assunte” le ragazze sarebbero state invitate a fornire immagini più intime e la polizia crede che siano state proprio queste fotografie a renderle ricattabili. Il 24enne, infatti, le avrebbe minacciate di pubblicare tutto in rete, compresi i loro indirizzi e i dettagli personali se loro non avessero accettato di “lavorare” nella sua “Nth Room” di Telegram. In base alle prime informazioni fornite dall’inchiesta, Cho Joo-bin probabilmente aveva creato le prime chat gratuite, per poi spingersi più in là, offrendo ai suoi “clienti” la possibilità di pagare per passare ad account premium, dove gli utenti potevano fare richieste più esigenti e più esplicite alle ragazze. E in base a quanto raccontato da Cnn, alcuni dei visitatori avrebbero pagato fino a 1.200 dollari per entrare nelle sue chat room, utilizzando transazioni bitcoin.
Come funzionavano le chat room
Ogni gruppo Telegram aveva tra le tre e le cinque ragazze in una sola chat room, che “Mr. Doc”, conosciuto anche come “Guru”, aveva letteralmente schiavizzato. Le vittime, infatti, dovevano essere pronte a soddisfare le richieste di foto e di video degli utenti, nell’atto di sottomettersi a prestazioni sessuali degradanti, riprese dalle telecamere. E nel caso di Cho Joo-bin, ad aver sconvolto particolarmente l’opinione pubblica coreana è stato il coinvolgimento di minorenni in quelle chat room. In base alle leggi del Paese asiatico, il possesso di materiale pornografico che riguarda minori è punibile con un massimo di un anno di reclusione o multe fino a 20 milioni di won coreani (che corrispondono a circa 16mila dollari), ma l’atto di guardare video pornografici quando lo spettatore non è al corrente della minore età del soggetto non è punibile. Il che preserva gli utenti che dichiarano di non sapere chi c’è effettivamente dall’altra parte della telecamera. Una specie di vizio legislativo.
La storia di Kang
Dall’inchiesta sul canale Telegram creato da Cho Joo-bin sarebbe emersa un’altra vicenda, dai tratti ancora più inquietanti, che riguarda uno dei moderatori della “Nth Room”, conosciuto con il nickname di “GodGod”, di cui però non è ancora stata scoperta né rivelata l’identità. Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, Kang, un operatore sociale che faceva parte della chat, avrebbe chiesto a Cho Joo-bin un aiuto: da mesi minacciava la propria insegnante delle scuola medie, perché ossessionato dal ricordo dei suoi rimproveri. Al 24enne aveva già versato 4milioni di won (che corrispondono a circa 3.500 euro) perché architettasse il rapimento della figlia piccola della docente. In base a quanto emerso, avrebbe persino comunicato a “Mr. Doc” l’indirizzo dell’asilo nido della bambina. E da uno scambio di messaggi tra i due sarebbe emerso il piano di avvelenarla.