“Dobbiamo trasformare l’Esercito popolare di liberazione in una Grande Muraglia d’acciaio, capace di salvaguardare efficacemente la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo”. Appena confermato per la terza consecutiva presidente della Cina, Xi Jinping ha sintetizzato le priorità del Paese, nonché gli obiettivi a lungo e medio termine che il Dragone dovrà perseguire da qui ai prossimi anni. Davanti a lui, i circa 3.000 delegati del Congresso nazionale del popolo, e cioè il ramo legislativo del parlamento cinese, lo hanno applaudito dopo averlo rieletto all’unanimità.
L’immagine è storica: già segretario del Partito Comunista Cinese (PCC), e dallo scorso 13 marzo nuovamente capo di Stato e pure presidente della Commissione militare centrale, Xi ha appena consolidato nella sua persona il potere di guidare il Partito, lo Stato e l’esercito cinese. E nel primo discorso da leader assoluto, tra i tanti temi toccati, il presidentissimo cinese ha evocato la necessità di rafforzare l’esercito, o meglio di trasformarlo in una “Grande Muraglia d’acciaio”, e di modernizzare la difesa nazionale.
Quella della “Grande Muraglia d’acciaio” non è una formula inedita, visto che Xi l’aveva già utilizzata il primo luglio 2021, in concomitanza con la celebrazione del centenario del PCC. In quell’occasione, parlando di fronte ad una folla di 70.000 persone, in Piazza Tienamen, il presidente cinese pronunciava un discorso fortemente nazionalista, nel quale sottolineava l'”ascesa inevitabile” della Cina e lanciava un primo ammonimento: “Il popolo cinese non permetterà a nessuna forza straniera di opprimerci e schiavizzarci. Chiunque osasse farlo, si romperà la testa sulla Grande Muraglia d’acciaio costruita con il sangue e la carne di 1,4 miliardi di cinesi”.
Tornando al presente, c’è un altro aspetto da evidenziare: il recente discorso di Xi, che in molteplici passaggi ha parlato di “sicurezza“, riflette, e anzi rilancia, le preoccupazioni precedentemente espresse dal leader durante il XX Congresso Nazionale del PCC dello scorso ottobre, quando ha pronunciato il termine “sicurezza” ben 91 volte.
Il cambio di passo di Pechino
Se la Grande Muraglia cinese è stata costruita mattone dopo mattone, la “Grande Muraglia d’acciaio” della Cina dovrà ruotare attorno ad una progressiva modernizzazione dell’esercito.
Intanto il governo ha stabilito il nuovo tasso di crescita delle spese militari: un +7,2% in concomitanza con l’intensificarsi delle minacce internazionali. Il risultato è che nel 2023 la spesa militare di Pechino crescerà al ritmo più veloce degli ultimi quattro anni e supererà altre categorie di spesa – come il +5,7% della spesa pubblica generale – sottolineando, la riponderazione del Dragone verso la sicurezza rispetto allo sviluppo.
In tutto questo non dobbiamo dimenticare che il budget militare dichiarato della Repubblica Popolare Cinese ammonta ufficialmente a circa 225 miliardi di dollari, che è una cifra quattro volte inferiore di quella registrata dagli Usa. È pur vero che nell’ultimo decennio la spesa per la Difesa della Cina è aumentata di circa il +10% ogni anno, con il 2014 che ha visto l’aumento più elevato, pari al +12,2%.
L’aumento degli investimenti nel potenziamento militare è emblematico delle necessità del Dragone ma non basta, da solo, per consentire alla Cina di effettuare il salto tanto ambito da Xi. Per riuscirci Pechino punterà inevitabilmente sulla partnership stretta con la Russia.
Una prova abbastanza evidente del fatto che il governo cinese intenda sfruttare le relazioni con Mosca coincide con la fresca nomina cinese di Li Shangfu nel ruolo di ministro della Difesa. Il signor Li, che in passato ha giocato un ruolo decisivo nella modernizzazione dell’esercito cinese, è infatti un generale soggetto a sanzioni statunitensi. Il motivo: aver acquistato alcune armi, compresi i caccia Su-35 e il sistema di missili terra-aria S-400, da individui affiliati ai settori della Difesa o dell’intelligence russa. Ma Li è anche un ingegnere aerospaziale, e questo significa che la Cina darà ulteriormente la priorità all’industria aerospaziale, un settore nel quale la Russia ha diversi jolly da spendere.
La Grande Muraglia d’acciaio della Cina
Da prima dello scoppio della guerra in Ucraina, la Cina si trova nel bel mezzo di una massiccia campagna di modernizzazione militare che, nei piani del Partito, dovrebbe terminare nel 2035, quando le forze armate cinesi (Esercito Popolare di Liberazione, EPL) saranno in grado di unirsi al vertice delle massime potenze militari. Il passo successivo coinciderà poi con il 2050: per la metà del XXI secolo Pechino dovrà raggiungere un’approssimativa uguaglianza militare con Washington.
Manca ancora un decennio abbondante al raggiungimento del prossimo step, e il Dragone è già in grado di esercitare un’enorme influenza nella regione asiatica, nonché in numerosi Paesi limitrofi. Ma la Power projection cinese non può certo limitarsi all’Indo-Pacifico, perché nelle intenzioni di Xi deve superare le barriere asiatiche per diventare a tutti gli effetti una forza globale e moderna.
Durante il suo primo decennio al potere, Xi Jinping ha avviato riforme militari radicali, trasformato la marina nella più grande del mondo. La Cina si è sempre tradizionalmente affidata alle forze terrestri dell’EPL per affermare il potere nella regione. All’interno dei suoi ranghi, ci sono più di 915.000 soldati in servizio; per fare un paragone gli Stati Uniti contano circa 486.000 soldati attivi. Accanto alla quantità serve anche un ottimo gradiente di qualità, e allora l’esercito cinese ha iniziato a rifornito il suo arsenale di armi sempre più tecnologiche.
Nel 2019, ad esempio, è stato presentato il missile balistico intercontinentale DF-41, che secondo gli analisti sarebbe capace di colpire qualsiasi angolo del globo. Negli ultimi anni la Cina ha inoltre imparato a maneggiare a dovere le armi ipersoniche, presentando anche il missile ipersonico DF-17 che ha destato non poche preoccupazioni tra i corridoi del Pentagono.
In tutto questo, l’aeronautica cinese è diventata anche la più grande forza aerea della regione Asia-Pacifico, nonché la terza più grande al mondo, con oltre 2.500 velivoli e circa 2.000 aerei da combattimento. I cinesi possono contare su una flotta di aerei da combattimento stealth, tra cui il J-20, l’aereo da guerra più avanzato sviluppato e progettato per competere con l’F-22 statunitense. Parallelamente, la Cina è diventata anche uno dei principali esportatori mondiali di veicoli aerei senza pilota armati (UAV).
L’asse Xi-Putin
Nel loro 40esimo incontro ufficiale Xi e Vladimir Putin potrebbero parlare anche di Difesa. Non tanto per gli ipotetici ed eventuali aiuti militari che Pechino potrebbe offrire a Mosca nell’ambito del conflitto ucraino, quanto per un commercio militare slegato alla guerra in corso.
Per decenni la Russia ha venduto (o donato) alla Cina enormi quantità di armi; in media 2 miliardi di dollari di armamenti all’anno tra il 2001 e il 2010, con un picco di 7 miliardi nel 2015. La situazione in cui si trova il Cremlino potrebbe offrire al Dragone l’occasione di riprendere e riequilibrare le relazioni di Difesa con la Federazione Russa. Anche perché Putin potrebbe mettere sul tavolo diversi pezzi pregiati. A cominciare dalla tecnologia per l’RD -180, un motore a razzo russo utilizzato per i lanci spaziali (e potenzialmente missili balistici), per non parlare del know how per migliorare i sottomarini o, ancora, della tecnologia per ottimizzare i motori a reazione, tutta merce di scambio che farebbe gola all’amico Xi.
In ogni caso, gli eserciti russi e cinesi continueranno ad effettuare manovre congiunte e, molto probabilmente, approfondiranno campi di azione specifici in vista di eventuali, nuove, sfide. Negli ultimi anni, infatti, una buona parte delle riforme militari cinesi sono state influenzate dal modello militare russo, visto che l’EPL ha assorbito la dottrina militare di Mosca sia per ristrutturare le proprie forze armate che per modernizzare l’equipaggiamento. Gli ufficiali militari e gli strateghi cinesi continuano inoltre ad essere istruiti nel pensiero russo della cosiddetta New Generation Warfare, cioè nella sfumata guerra di nuova generazione.
Attenzione però, perché se è vero che tra i due Paesi si è instaurata una forte sinergia, è altrettanto vero che tra Cina e Russia permangono differenze sostanziali e pure una certa diffidenza reciproca. Nel frattempo Pechino continua a beneficiare pro domo sua della partnership senza limiti stretta con Mosca, anche e soprattutto in campo militare. Gli Stati Uniti sembrerebbero averlo capito e Washington sta facendo di tutto per ostacolare, o almeno rallentare, la modernizzazione cinese, sempre più veloce grazie al Cremlino. Chissà che la Casa Bianca non possa usare l’accusa della Corte dell’Aja contro Putin per fare pressione su Xi. Magari accusandolo, a sua volta, di essere “amico” di un criminale internazionale nel tentativo di sabotare l’asse sino-russo.