Martedì 31 gennaio il Wall Street Journal ha diffuso un documento segreto del Congresso statunitense secondo cui la Russia starebbe violando alcune clausole del trattato Start (o New Start) sulla riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze.
Il dipartimento di Stato (DoS) ha affermato che la Russia ha violato il trattato non consentendo le ispezioni richieste e rifiutandosi di partecipare alle riunioni di conformità. “Il rifiuto della Russia di facilitare le attività di ispezione impedisce agli Stati Uniti di esercitare importanti diritti ai sensi del trattato e minaccia la fattibilità del controllo degli armamenti nucleari di Usa e Russia”, ha affermato un funzionario del DoS.
Una decisione già presa
La decisione russa non è nuova, e sebbene il trattato New Start non sia direttamente legato al conflitto in Ucraina, già dallo scorso anno Mosca ha deciso di sospendere le ispezioni congiunte al proprio arsenale nucleare in quanto ritiene che “l’aggressività fuori scala degli Stati Uniti, che si manifesta nell’infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia nella guerra ibrida a tutto campo scatenata contro di essa, ha reso praticamente impossibile in linea di principio condurre rapporti costruttivi e fruttuosi con Washington sul controllo degli armamenti”, come ha riferito Sergei Ryabkov in un’intervista al Kommersant lo scorso 27 gennaio.
Il vice ministro degli Esteri di Mosca, però, ha ricevuto la nuova ambasciatrice statunitense in Russia Lynn Tracy recentemente nominata, ed è probabile, come riportano fonti russe, che la questione sia stata al centro dei loro primi colloqui.
Come detto, la scelta russa non è nuova, ma è la prima volta che gli Stati Uniti hanno accusato pubblicamente la Russia di non attenersi al trattato: il 24 gennaio, il rappresentante degli Stati Uniti alla Conferenza sul disarmo, Bruce Turner, aveva chiarito che il dipartimento di Stato avrebbe potuto presto accusare la Russia di non conformità con il New Start nel suo rapporto annuale. Per evitare complicazioni, il diplomatico americano aveva esortato la Federazione Russa a fissare al più presto una data per la riunione della commissione consultiva sul trattato e sbloccare le ispezioni in loco.
Ryabkov ha riferito che questa decisione non significa che la Russia stia rinunciando al controllo sugli armamenti in quanto tale, ma “questa sfera non può esistere isolata dalle realtà politico-militari e geostrategiche”, sottolineando anche che “fino a quando gli Stati Uniti non riconsidereranno la loro linea estremamente ostile nei confronti del nostro Paese e non abbandoneranno la politica di crescenti minacce alla sicurezza nazionale della Russia, qualsiasi segnale positivo sulle questioni sollevate da Washington nel contesto dell’attuazione dello Start sarebbe ingiustificato”.
La fine dei trattati Start?
In altre parole, “se gli Stati Uniti non riconsidereranno la loro politica in Ucraina, la Russia non li incontrerà a metà strada per quanto riguarda la riunione della commissione o le ispezioni”. Il viceministro ha anche ammesso che il New Start potrebbe andare in pezzi prima del tempo (cioè prima del febbraio 2026), aggiungendo che ciò causerebbe “almeno un profondo rammarico” a Mosca, ma che “l’accordo continua oggettivamente a soddisfare gli interessi di entrambi i paesi”.
Anche dall’altro lato dell’Atlantico ci sono preoccupazioni, coi vertici del Partito Repubblicano che hanno scritto ai funzionari dell’amministrazione Biden esortandoli a prendere una decisione sulla decisione della Russia.
Washington martedì ha fatto sapere che resterà fedele all’accordo e ha esortato la Russia a tornare alla conformità del trattato consentendo la ripresa delle ispezioni e la convocazione dei colloqui. Gli ispettori russi, riportano i funzionari Usa, non hanno incontrato ostacoli nel recarsi negli Stati Uniti che restano pronti a lavorare in modo costruttivo con la Russia per attuare pienamente il trattato.
Il New Start, entrato in vigore nel 2011, è scaduto ufficialmente nel 2021, ma è stato prorogato di cinque anni come previsto dall’accordo. Lo Strategic Arms Reduction Treaty concedeva alle parti 7 anni per ridurre le loro forze nucleari strategiche: in particolare limita Stati Uniti e Russia a possedere non più di 800 sistemi di lancio per missili balistici intercontinentali terrestri (Icbm) e missili balistici lanciati da sottomarini (Slbm) nonché bombardieri pesanti dispiegati. All’interno di quel totale, ciascuna parte non può detenere più di 700 tra Icbm, Slbm e bombardieri con capacità atomica effettivamente schierati. Il trattato limita anche ciascuna parte a non possedere più di 1550 testate disponibili.
A fine gennaio del 2021 il parlamento russo aveva rapidamente approvato la sua estensione in un clima stranamente ottimista, con Ryabkov che allora, contestualmente, aveva rassicurato la Duma affermando che gli Usa “non hanno effettuato il dispiegamento segreto di sistemi di lancio di missili in violazione delle misure dello Start”.
L’8 agosto scorso, invece, Mosca ha deciso unilateralmente di sospendere le ispezioni in quanto le condizioni proposte da Washington avrebbero creato “vantaggi unilaterali per gli Stati Uniti e privato di fatto la Federazione Russa del diritto di condurre ispezioni sul territorio americano”.
Il riferimento era alla chiusura degli spazi aerei ai velivoli battenti bandiera russa, ma gli Stati Uniti e i Paesi europei hanno sempre garantito dei corridoi diplomatici affinché le ispezioni (e non solo) potessero avere luogo.
Come si evince dalle recenti parole di Ryabkov, però, la vera motivazione del Cremlino riguarda la politica “aggressiva” Usa verso la Russia, ovvero il sostegno all’Ucraina. Le accuse di alcune parti politiche statunitensi che affermano che questa decisione della Russia sia collegata al possibile uso di armamento nucleare tattico nel conflitto non hanno riscontro: come detto, il New Start ha effetto solo ed esclusivamente sull’arsenale strategico.
Dal punto di vista dell’analisi politica, la decisione degli Stati Uniti di accusare pubblicamente la Russia di inadempienza rappresenta l’apertura di una nuova faglia tra le due nazioni, che segue quanto accaduto lo scorso agosto e che si può indicare come l’inizio della fine di un’era di cooperazione trentennale tra Mosca e l’Occidente.