“Tornare ad un normale corso delle relazioni, essere in grado di prendere il telefono, garantire che i militari siano in grado di parlare tra di loro”. Joe Biden ha lo ha ripetuto più volte e adesso lo ha ribadito in maniera chiara: l’obiettivo principale del suo incontro con Xi Jinping consiste nel far ripartire le comunicazioni militari tra Cina e Stati Uniti.

Troppe le tensioni sul campo per continuare a camminare a testa bassa senza avere interazioni con il Dragone. Troppi, allo stesso tempo, i rischi di uno o più malintesi militari. Dal dossier Taiwan a possibili incidenti nel Mar Cinese Meridionale, dalla bomba nordcoreana alla guerra commerciale: sono innumerevoli le aree di scontro dalle quali possono partire scintille tese ad infiammare un rapporto diplomatico ai minimi livelli dagli anni ’80 ad oggi.

Considerando che Xi non arriva all’appuntamento con Biden forte del vantaggio geopolitico sfoggiato un anno fa, quando i due si erano visti a Bali, in occasione del G20, il leader cinese potrebbe accontentare la richiesta dell’inquilino della Casa Bianca.

L’importanza delle comunicazioni militari

A giugno, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, era volato a Pechino senza tuttavia riuscire a strappare un accordo ai funzionari cinesi sul ripristino dei canali comunicativi militari. Gli stessi sospesi dalla Cina un’estate fa per protestare contro la visita dell’allora speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, a Taiwan.  

Pare che, durante la sua visita a Washington la scorsa settimana, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, abbia dichiarato che la Cina sarebbe disposta a riaprire le linee di comunicazione. “I cinesi stanno segnalando di voler riprendere le comunicazioni militari, il che è significativo. (Questa) è una priorità fondamentale per il Pentagono”, ha detto Bonnie Glaser, direttore generale del Programma Indo-Pacifico presso il German Marshall Fund of the United States

In ogni caso, al netto della ripresa delle comunicazioni militari, resta da vedere se Pechino sarà disposto ad intraprendere passi significativi per ridurre il rischio di incidenti o discutere modi per preservare la stabilità strategica nelle regioni più instabili. Non dimentichiamoci, infine, che l’esercito cinese è nel mezzo di uno sconvolgimento politico: il ministro della difesa, il generale Li Shangfu, è stato licenziato il mese scorso nell’ultima epurazione degna di nota tra i ranghi della sicurezza nazionale di Pechino.

I canali Usa-Cina

La sensazione è che tra Stati Uniti e Cina esistano almeno tre canali comunicativi. Il primo coincide con il mondo della politica. Da questo punto di vista, sia i Democratici che i Repubblicani Usa sono compatti nel considerare il Dragone un rivale strategico, e dunque poco si può fare al momento per sbloccare lo stallo. Anche perché al di là della Muraglia sembrano prevalere i falchi, ossia i funzionari desiderosi di attuare il pugno duro sui dossier più scottanti e di non scendere a compromessi con Washington.

Il secondo canale chiama in causa l’economia. Da un lato, i ceo delle grandi aziende statunitensi vorrebbero continuare a fare affari oltre la Muraglia ma dall’altro sono costretti a scontrarsi con enormi ostacoli geopolitici. Non solo perché l’amministrazione Biden non intende che i gioielli americani si leghino al destino cinese, ma anche per via dell’inasprimento di alcune leggi cinesi (pensiamo alla legge sullo spionaggio) che rischiano di limitare il raggio d’azione di alcune società.

Arriviamo così al terzo canale comunicativo: quello militare. I canali di comunicazione militare cancellati da Pechino comprendono i colloqui sul coordinamento della politica di difesa e l’accordo sulle comunicazioni militari marittime, che Stati Uniti e Cina avevano firmato nel 1998 per consentire agli operatori navali e aerei di entrambe le parti di comunicare regolarmente. Il messaggio è chiaro: i militari cinesi e americani vogliono tornare a parlarsi. 

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