Nella giornata di oggi c’è stato un vertice straordinario tra i ministri delle Difesa dei Paesi membri della NATO, a cui hanno anche partecipato quelli di Finlandia, Svezia e Georgia, nonché il rappresentante dell’Unione Europea.

Il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, nella conferenza stampa che ne è seguita, ha chiarito ulteriormente la postura della NATO per quanto riguarda il conflitto in corso in Ucraina. L’Alleanza non ha piani per schierare sue truppe in Ucraina, ha detto il segretario, affermando anche che “abbiamo bisogno di pace in Ucraina, per questo Putin e la Russia devono fermare la guerra, ritirando le forze”. “Sosteniamo tutti gli sforzi per una soluzione negoziata, diplomatica, e accogliamo i dialoghi in corso tra Ucraina e Russia”, ha continuato Stoltenberg e “allo stesso tempo sosteniamo l’Ucraina perché sappiamo che quanto potrà ottenere nel tavolo negoziale è strettamente collegato alla situazione sul campo di battaglia”, ha specificato. Quindi, “sosteniamo gli sforzi per la pace, chiediamo alla Russia e al presidente Putin di ritirare le forze, ma non abbiamo piani di dispiegare truppe NATO in Ucraina”. Putin ha sottostimato la forza dell’Ucraina, della sua popolazione e anche dell’Alleanza, ha proseguito il segretario rispondendo ad alcune domande, ma noi “non dobbiamo sottostimare la capacità militare della Russia di continuare i suoli attacchi e la guerra”.

È stato anche ribadito che un attacco ad un Paese facente parte dell’Alleanza sarebbe un attacco all’intera NATO, e che “l’Ucraina ha il diritto fondamentale all’autodifesa e continueremo a fornire equipaggiamenti militari, assistenza umanitaria e finanziaria”. Stoltenberg ha evidenziato che ci sono 100mila truppe in Europa in questo momento, di cui 40mila sotto diretto comando NATO, e che gli Stati Uniti stanno attualmente impiegando batterie di missili Patriot in Polonia, mentre Germania e Paesi Bassi li hanno dispiegati in Slovacchia” inviando in questo modo un “messaggio inequivocabile” in funzione della capacità di deterrenza collettiva degli alleati. Il segretario ha anche avvisato che “dobbiamo ricalibrare la postura della NATO a questo nuovo scenario (di guerra n.d.r.)” ma in particolare ha affermato che l’Alleanza deve “fare di più” per garantire la sicurezza di quei partner che non sono membri della NATO e che si sentono minacciati dalla Russia.

Stoltenberg, rispondendo a una domanda di un giornalista, ha infatti detto che “dobbiamo sostenere quei Paesi che ora sono a rischio” e si è riferito esplicitamente alla Georgia quando ha affermato che “il messaggio è che dovremmo fare un passo avanti per fornire maggiore supporto, facendo capire che sosteniamo l’integrità territoriale e la sovranità della Georgia non solo a parole ma anche nei fatti e quindi facciamo appello agli alleati per fornirle sostegno”.

Il segretario ha anche ricordato durante il suo intervento che la possibilità di instaurare una no-fly zone sull’Ucraina non è stata presa in considerazione da parte dell’Alleanza, perché nonostante “vediamo morte, distruzione e sofferenza in Ucraina” questo “potrebbe trasformare” il conflitto “in una guerra a tutti gli effetti tra NATO e Russia”. La maggior parte del discorso del segretario Stoltenberg è qualcosa che abbiamo già ampiamente sentito nei giorni precedenti, in particolare l’enfasi data all’impossibilità che l’Alleanza possa applicare una no-fly zone sull’Ucraina, ma quanto affermato sulla Georgia rappresenta una novità in questo particolare momento così delicato.

La stessa presenza dei ministri della difesa di Tbilisi, Helsinki e Stoccolma, sebbene sia in rappresentanza di Paesi partner della NATO da lungo tempo, è comunque indicativa della volontà degli stessi di stringere ulteriormente i legami con l’Alleanza, trattandosi infatti di un vertice “di emergenza”.

La questione georgiana, ancora più della possibilità che Svezia e Finlandia entrino nella NATO, sarà quasi sicuramente il prossimo teatro di scontro con la Russia: dal conflitto del 2008, Mosca ha il controllo di alcune regioni “separatiste” ovvero l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud (entrambe diventate repubbliche autonome non riconosciute a livello internazionale se non da pochissimi Stati) che dal punto di vista strategico rappresentano un nuovo “Donbass” se pur senza lunghi anni di scontri armati.

L’ingresso effettivo della Georgia nell’Alleanza provocherebbe inevitabilmente la reazione russa, così come avvenuto per l’Ucraina, sebbene questo non sia stato l’unico motivo che ha fatto scaturire il conflitto che stiamo vivendo da quasi tre settimane a questa parte. Se da un lato i timori della Georgia sono giustificati, e quindi lo sono altrettanto le richieste di sostegno e protezione, dall’altro è meno giustificabile l’eventualità che Tbilisi entri nella NATO tout court: se uno dei requisiti per entrare richiesti a uno Stato è quello di rafforzare la sicurezza dei membri dell’Alleanza, quale potrebbe mai essere il contributo in sicurezza che porta la Georgia? Quale valore aggiunto, in termini di potenziale militare ma soprattutto di aumento della stabilità dell’area euroatlantica, darebbe Tbilisi? Ripetiamo: comprendiamo l’inquietudine della Georgia, soprattutto dopo il conflitto del 2008, ma occorre un po’ di sana realpolitik e magari cercare di trattare sulla questione direttamente con Mosca.

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