Il 15 maggio è cominciata, in Estonia, l’esercitazione Spring Storm. Si tratta di una serie di manovre che si tengono ogni anno e coinvolgono anche alcuni Paesi della Nato, sebbene riguardino principalmente le forze armate estoni.
L’esercitazione, infatti, prevede inizialmente la formazione di unitĂ della riserva che poi si sposteranno verso le aree di raccolta per iniziare l’addestramento operativo congiunto. Come si legge in un comunicato stampa, quest’anno viene valutata la prontezza al combattimento del Battaglione di fanteria Kalev della prima Brigata di fanteria delle forze di difesa estoni e del Battaglione di difesa regionale settentrionale della Lega di Difesa Estone, ovvero una formazione di volontari utilizzati a integrazione della riserva per le forze armate.
Che cos’è l’esercitazione Spring Storm
Le forze terrestri, aeree e navali nazionali, compreso il personale della prima e seconda Brigata di fanteria, il comando logistico, quello delle operazioni informatiche e altre unitĂ della forza di difesa estone e della Lega di Difesa partecipano all’esercitazione insieme a numerose unitĂ alleate tra cui truppe dell’enhanced forward presence battle group della Nato di stanza in Estonia, a cui si aggiunge personale dei Paesi alleati e partner che è arrivato appositamente per l’esercitazione che quindi raggiunge la consistenza di circa 14mila persone provenienti da 11 nazioni.
Durante l’esercitazione, che terminerĂ il 26 maggio, saranno valutate la sincronizzazione dei piani di battaglia, la cooperazione tra i diversi livelli di comando e la prontezza delle unitĂ per lo svolgimento dei compiti assegnati. Le attivitĂ delle manovre si svolgono principalmente nell’Estonia settentrionale e vedranno l’impiego anche di cacciabombardieri britannici e polacchi, insieme a una componente ad ala rotante fornita principalmente da Regno Unito e Stati Uniti, senza dimenticare la partecipazione della piccola aeronautica militare estone.

Spring Storm è la piĂą grande esercitazione militare annuale delle forze di difesa estoni, durante la quale viene praticata la pianificazione e l’attuazione delle operazioni militari e viene rafforzata la cooperazione tra le unitĂ estoni e alleate. L’esercitazione coinvolge personale in servizio attivo, coscritti, riservisti, membri della Lega della Difesa e truppe dei paesi alleati.
Spring Storm quindi ha come obiettivo principale quello di esercitare l’integrazione delle forze estoni, composte da un misto di volontari e coscritti, con i Paesi alleati, stante soprattutto la poca consistenza degli appartenenti alle stesse. L’Estonia, infatti, può contare solo su 6700 uomini che vanno a comporre due Brigate di fanteria, di cui circa 3200 provengono dalla leva, che si aggiungono ai 17mila volontari della giĂ citata Lega di Difesa, ovvero una forza di stampo paramilitare, suddivisa territorialmente in 4 distretti geografici (nord, nord-est, sud e ovest).
Il problema dei Baltici
La difesa dei Baltici rappresenta una sfida non indifferente per la Nato per diversi fattori. Innanzitutto Lettonia, Estonia e Lituania hanno un confine molto esteso con la Russia che non presenta barriere geografiche, secondariamente la stessa piccola estensione territoriale dei tre Paesi rende molto complicata una possibile difesa in profonditĂ . L’attivitĂ di rifornimento in caso di invasione, poi, potrebbe facilmente essere messa in pericolo dalla presenza dell’oblast di Kaliningrad, un’exclave russa situata strategicamente sul Mar Baltico tra Polonia e Lituania che ha assunto le caratteristiche di una vera e propria provincia militare.
Lì ha la sede della Flotta russa del Baltico e ha dispiegato sistemi missilistici e aeronavali che ne fanno una bolla di interdizione A2/AD (Anti Access/Area Denial) che potrebbe interrompere le linee di rifornimento provenienti dagli stretti di Danimarca. Anche l’ingresso della Finlandia nell’Alleanza Atlantica, avvenuto recentemente, potrebbe non essere sufficiente a cambiare questa situazione in quanto, nonostante il lunghissimo confine che condivide con la Russia che impone a Mosca un aumento della sua presenza militare in quell’ampia regione, i rifornimenti via area o navale si troverebbero comunque sotto il tiro delle forze russe presenti nella regione di San Pietroburgo. Pertanto alla Nato non resta che ottenere la supremazia sui cieli e sui mari per poter mantenere aperte queste linee di rifornimento, stante la possibilitĂ che, qualora la Russia riesca in futuro a riorganizzare le proprie forze terrestri messe in crisi dal conflitto in Ucraina, essa possa imbastire una campagna terrestre nei Baltici.
Quest’eventualitĂ , lo diciamo a chiare lettere, attualmente è scarsamente probabile, e lo sarĂ anche nel prossimo futuro, ma comunque nel mondo militare vanno considerate tutte le possibilitĂ , anche quelle meno realistiche.
La sicurezza dei tre Paesi Baltici ha sempre rappresentato una problematica per l’Alleanza, in quanto, come detto, ci sono condizioni – come anche la scarsa popolazione sotto le armi e quindi gli scarsi mezzi a disposizione – che permetterebbero alla Russia di essere in vantaggio qualora, in futuro, dovesse acquisire nuovamente le capacitĂ di poter effettuare operazioni offensive di tipo convenzionale su grande scala. Senza dimenticare la crescente presenza militare russa in Bielorussia, che in futuro potrebbe anche vedere lo schieramento di armi nucleari tattiche, che evidenzia la vulnerabilitĂ del corridoio di Suwalki, il sottile lembo di terra che collega gli Stati baltici con la Polonia.
GiĂ nel 2016, un “war games” di Rand, mostrava che per quanto riguarda la sua prontezza militare nei Baltici, la NATO fosse significativamente impreparata a contrastare un’offensiva russa nella regione. Una simulazione aveva infatti rilevato che, con quelli che erano a quei tempi i dispiegamenti militari dell’Alleanza e della Russia, le forze russe avrebbero potuto schiacciare la resistenza dell’Alleanza nei Paesi baltici e raggiungere le capitali dell’Estonia e della Lettonia entro 36-60 ore.
Questa rapida sconfitta, suggeriva lo studio, lascerebbe alla Nato solo cattive opzioni: lanciare un massiccio contrattacco che probabilmente porterebbe a enormi perdite, minacciare l’uso di armi nucleari come rappresaglia o concedere almeno una sconfitta temporanea. La presenza delle truppe dell’Alleanza nei Baltici serve quindi piĂą come deterrente, ovvero per ricordare al Cremlino che un possibile attacco coinvolgerebbe tutti gli alleati secondo il meccanismo dell’articolo 5.
Oggi i rapporti di forze, per via del conflitto in Ucraina e delle carenze strutturali delle forze armate russe emerse durante lo stesso, sono sicuramente cambiati, anche grazie alla maggior presenza delle truppe Nato nella regione del Baltico e dell’ingresso della Finlandia nell’Alleanza – eventi determinati proprio dall’invasione russa in Ucraina – che, come accennato, costringe la Russia a stornare forze da altrove per sparpagliarle a ridosso di un confine molto lungo, però bisogna considerare che quanto sin qui esaminato potrebbe riproporsi in futuro in quanto è difficile pensare che il Cremlino, con o senza Putin, abbandoni la politica di allargamento della sua influenza (che da Mosca è stata sempre vista come “politica di sicurezza” sin dai tempi antecedenti l’Urss) qualora dovesse riuscire a rimettere in sesto le sue forze armate.