All’apparenza è un boccone prelibato, disposto su un piatto d’argento e pronto per essere inghiottito dall’affamato Dragone cinese. In realtà, Taiwan è una fortezza che studia per diventare inespugnabile, un porcospino che sogna di trasformare le sue spine in aculei d’acciaio.
Non c’è soltanto la capacità di deterrenza accumulata nel corso dell’ultimo decennio grazie all’ombrello statunitense a rendere quest’isola una piccola roccaforte. Troviamo anche altri fattori, molti dei quali di origine naturale e geografica, aspetti troppo spesso ignorati, ma che i saggi cinesi hanno sempre preso in massima considerazione.
Sun Tzu, nel suo celebre L’arte della guerra, suddivide i territori in nove tipi ben distinti: dispersivo, di frontiera, conteso, comunicante, focale, grave, difficile, circondato e mortale. Ognuno di questi possiede vantaggi da sfruttare e svantaggi da limitare. Nel caso taiwanese, il territorio che la Cina ambisce a riunificare con la Mainland sembrerebbe rientrare nella categoria dei “territori circondati”, in quelli “dove l’accesso è difficile, l’uscita tortuosa, e anche una piccola forza nemica può batterne una molto più grande”. Ebbene, in scenari del genere lo stratega Sun Tzu consiglia di “inventare stratagemmi” e di bloccare “tutte le entrate e uscite possibili”.
L’ammonimento dell’autore è che il generale esperto deve analizzare con molta cura le variazioni tattiche da applicare nei nove tipi di territorio, i vantaggi che possono derivare dagli spiegamenti a schiere chiuse o distanziate, e le considerazioni legate alla natura del terreno. Non è un caso che Xi Jinping stia cercando il modo più indolore e silenzioso per piantare la bandiera di Pechino a Taipei e riportare la “provincia ribelle” all’ombra della Città Proibita.
Le sempre più numerose esercitazioni militari attorno all’isola servono, di fatto, ad aumentare la pressione sul governo guidato da Tsai Ing Wen e, al contempo, ad inscenare blocchi aerei e navali attorno al territorio. Per bloccare, appunto, “le entrate e le uscite”.
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L’alleato chiave di Taiwan: la geografia
Le alte sfere dell’esercito cinese si scervellano per cercare di capire come colpire Taiwan nel modo più efficace, rapido e indolore (per tutti). Tra i fattori presi in esame, accanto alle armi a disposizione di Taipei, alle qualità delle sue forze armate e al fatto che gli Stati Uniti e i loro partner riescano ad intervenire in tempo in caso di conflitto, non può che esserci la fantomatica variabile geografica.
Il “boccone” taiwanese è un’isola, distante circa 150 chilometri dalle coste cinesi e tecnicamente lontana da Paesi che potrebbero subentrare in suo soccorso, fatta eccezione per l’isoletta giapponese di Okinawa, a poco meno di 800 chilometri, dove sorgono importanti basi americane pronte a mobilitarsi a fronte di ipotetiche invasioni cinesi. Taiwan è fortemente urbanizzata e conta 23,6 milioni di abitanti.
È inoltre formata da un centinaio di isole minori, la maggior parte delle quali invisibili osservando una qualsiasi cartina. Attenzione però, perché molte di questi minuscoli avamposti esterni sono colmi di missili, razzi e cannoni di artiglieria, mentre le loro colline sono costellate di tunnel e sofisticati sistemi di bunker.
L’isola principale, e cioè quella che prendiamo in esame quando parliamo di Taiwan, è lunga 349 chilometri e larga 144; ha 258 vette oltre i 3mila metri di altitudine. La più alta, Yushan, o “Montagna di Giada”, conta poco meno di 4mila metri. Taipei ha inoltre solo 14 spiagge soggette ad un possibile sbarco nemico: sono le cosiddette “spiagge rosse”, i luoghi più vulnerabili da difendere con le unghie e con i denti. La maggior parte delle coste taiwanesi presenta invece scogliere a picco alte tra i 300 e i 600 metri. Detto altrimenti, Pechino potrebbe tentare un’invasione anfibia soltanto da pochi siti.
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Spiagge e coste
Come ha scritto The Diplomat, la spiaggia di Linkou, non distante dalla capitale Taipei, è un chiaro esempio di quanto appena scritto. Sopra di essa domina il monte Guanyin (615 metri) mentre sui suoi fianchi destri e sinistri ecco rispettivamente l’altopiano di Linkou (250 metri) e il monte Yangming (1.094 metri). Le valli circostanti sono invece ricoperte di strutture in cemento armato, dal momento che Taiwan è solitamente colpita da tifoni e terremoti, e ogni infrastruttura è progettata per resistere a condizioni del genere. A completare il quadro, è importante sottolineare come la spiaggia sia presidiata da uomini armati.
Lo Us Naval Institute ha paragonato la geografia taiwanese a quella dello Yemen. La costa occidentale dell’isola è formata quasi del tutto da grandi nodi urbani, come Taipei, Kaoshiung, Taichung e Tainan (e in tutto ciò il 78% della popolazione taiwanese che vive nelle città, impossibili da demolire in vista di qualsiasi futura convivenza).
Oltre a questo ci sono gli altopiani centrali montuosi, mentre la costa orientale è meno urbanizzata e offre meno approdi. Quelli che esistono si trovano in aree relativamente urbanizzate, con meno strade e una geografia molto più restrittiva rispetto alla costa occidentale, limitando la manovra di una forza d’invasione. Inoltre, i pianificatori cinesi hanno più volte evidenziato la necessità di impossessarsi e di mettere in sicurezza le strutture portuali di Taiwan per sostenere il peso di un’invasione. Qualsiasi invasione anfibia cinese passerebbe quindi inevitabilmente al combattimento urbano.
Reti radar
In ogni caso, un punto sensibile coincide con la spiaggia sabbiosa di Taoyuan, non distante dall’ufficio presidenziale e dal Taiwan Taoyuan International airport, il più grande aeroporto commerciale dell’isola, utilizzato da 100.000 persone al giorno.
Nel frattempo, per scongiurare sorprese l’esercito taiwanese ha installato reti radar intensive dalla parte settentrionale di Taipei, vicino all’ufficio presidenziale, fino alla parte centrale. Secondo quanto riportato da Asian Nikkei Review, non distante dalla cima del Leshan, una montagna di 2.620 metri situata a 70 km a sud-ovest della capitale, Taiwan dispone di una struttura radar chiave che ha acquistato dagli Stati Uniti e che ha iniziato a funzionare nel 2012.
L’impianto consente al governo di osservare località dell’entroterra per 3mila chilometri verso la Cina continentale. Occhi e antenne vigili per prevenire invasioni e minacce. Affidandosi alla tecnologia, ma anche alla geografia.