A captare i segnali dell’implosione del piccolo sottomarino Titan sono stati dei sensori della Us Navy. Si tratta di strumentazioni piazzate molti anni fa, apparecchiature ideate nel periodo di massima tensione legato alla Guerra fredda. Una guerra evidentemente mai conclusa del tutto. Perché ancora oggi la marina Usa utilizza le strumentazioni adagiate nell’Atlantico. Nel corso degli anni i sensori sono stati aggiornati e adeguati, ma l’obiettivo è lo stesso di più di trent’anni fa: monitorare eventuali movimenti russi, i quali a loro volta spiano le mosse della Us Navy tra le fredde acque dell’oceano.

I sensori che hanno individuato l’implosione

A rivelare dettagli sulle operazioni di ricerca del Titan è stato nelle scorse ore il Washington Post. Poco dopo la scomparsa di ogni comunicazione con il piccolo batiscafo destinato all’osservazione del relitto del Titanic, i sensori della Us Navy posizionati in fondo all’Atlantico si sono attivati. La zona è quella dove nel 1985 per la prima volta sono stati individuati i resti del transatlantico, a 486 miglia a est dell’isola canadese di Terranova.

Qui le acque dell’oceano hanno un grande valore strategico. Le coste statunitensi non sono così vicine, ma nemmeno così lontane. Sorvegliare quest’area, durante la Guerra fredda, era quindi vitale. E lo è anche a più di 30 anni dalla caduta del muro di Berlino. I sensori posizionati dalla marina Usa fanno parte di un progetto varato durante l’era di maggior confronto con i sovietici. Il nome dato a quel programma è Sosus, che sta per Sound Surveillance System.

Grazie alla rete di strumenti piazzata tra i fondali, è possibile rilevare ogni anomalia. E quindi anche ogni movimento considerato sospetto. I sensori nel corso degli anni hanno rilevato più volte movimenti anomali, in gran parte determinati dall’avvicinarsi di mezzi spia russi. Del resto le strumentazioni non coprono soltanto l’area dove si trova adagiato il Titanic, ma un vasto quadrante che dal nord Europa arriva fino alle coste canadesi e statunitensi. Un tempo erano i sommergibili nucleari sovietici a mettere maggior timore. Oggi la guardia è molto alta anche nei confronti di mezzi più convenzionali e anche più piccoli.

La guerra di spie sui fondali tra statunitensi e russi non è mai terminata. Mosca si è adeguata ai mezzi usati dagli Usa per monitorare le acque dell’Atlantico e, a sua volta, Washington negli anni ha speso molte risorse per adeguare ulteriormente i propri sensori. Passa anche da qui la percezione secondo cui, tra la Casa Bianca e il Cremlino, la guerra fredda non è mai del tutto cessata e la guerra in Ucraina l’ha soltanto fatta emergere in tutta la sua consistenza.

Il precedente legato al sottomarino San Juan

I segnali di un’anomalia a ridosso del relitto del Titanic non potevano che indicare l’avvenuta tragedia del sottomarino Titan. Il mezzo di osservazione dei resti del transatlantico era scomparso nelle ore in cui i sensori Sosus avevano captato qualcosa di grave, probabilmente un’implosione. I dati, si legge sul Wp, sono stati subito girati alla Guardia Costiera. I comandi da Boston hanno deciso di proseguire poi le ricerche. I resti del piccolo sottomarino di OceanGate Expeditions sono stati trovati in un’area non lontana dal relitto del Titanic.

Non è comunque la prima volta che i sensori Sosus rilevano una tragedia in corso sui fondali. Nel 2017, le strumentazioni della Us Navy avevano captato anomalie poco dopo la scomparsa del sottomarino argentino San Juan. In quel caso, come stabilito da indagini successive del governo di Buenos Aires, si era trattato di un’esplosione che non ha lasciato scampo ai 44 marinai a bordo.

Forse non è un caso se dagli Usa hanno voluto sottolineare il ruolo delle strumentazioni adagiate nell’Atlantico. Il caso del San Juan sei anni fa e quello del Titan oggi, servono a far sapere ai russi che le apparecchiature nell’oceano sono ancora ben funzionanti e possono intercettare mezzi non desiderati.

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