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I dati forniti all’Ucraina dall’intelligence statunitense e della Nato sono stati e sono ancora fondamentali per la condotta del conflitto da parte di Kiev.

Se, ad esempio, l’esercito ucraino è stato in grado di neutralizzare il colpo di mano russo sull’aeroporto di Gostomel a inizio delle ostilità, che in caso di successo avrebbe permesso alle forze aviotrasportate di Mosca di puntare rapidamente sulla capitale nella speranza di assediare il palazzo governativo ed effettuare un rapido cambio di regime, lo si deve principalmente alle informazioni di intelligence fornite a Kiev dagli Stati Uniti.

Informazioni che hanno fonti diverse, tra cui anche quelle raccolte dai satelliti militari di sorveglianza. Washington e Londra hanno ammesso pubblicamente di fornire dati di intelligence all’Ucraina, e per la Russia questo passaggio di informazioni, che non possono direttamente troncare, rappresenta un problema fondamentale perché controbilancia i rapporti di forza nel conflitto.

A fianco di questa infrastruttura militare, è comparsa una civile rappresentata dalla costellazione satellitare Starlink di SpaceX, che il magnate Elon Musk ha messo gratuitamente a disposizione di Kiev. Gli Starlink, benché non siano assetti da intelligence, forniscono una piattaforma per le comunicazioni mobili e internet.

Oltre alle normali comunicazioni in fonia, sappiamo che Starlink, da maggio 2022, viene usata da un’app ucraina che fa parte di un nuovo sistema di coordinamento del fuoco dell’artiglieria particolarmente efficace per precisione e rapidità di ingaggio.

Pertanto, recentemente, il vicedirettore del Dipartimento Non Proliferazione e Controllo Armamenti del Ministero degli Esteri russo, Konstantin Vorontsov, durante una riunione del Primo Comitato dell’Onu, che si occupa di disarmo, ha affermato che Mosca potrebbe “ritenere bersagli legittimi i satelliti civili usati nel conflitto ucraino”. Per Vorontsov “l’uso dei satelliti per aiutare le attività belliche ucraine è provocatorio. I satelliti commerciali degli Stati Uniti e dei loro alleati potrebbero diventare obiettivi legittimi se coinvolti nella guerra”.

Il vicedirettore sembra rivolgersi, sibillinamente, proprio a Starlink ma esistono anche altri assetti spaziali civili per l’imaging che possono essere utili alla causa Ucraina: società come la statunitense Maxar, l’israeliana Isi o la stessa Airbus forniscono fotografie con una risoluzione inferiore rispetto a quelle riprese dai satelliti governativi, ma comunque di ottimo livello, e pertanto fungono da “occhi” in più nel cielo.

La reazione americana alle parole di Vronotsov non si è fatta attendere, e il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha avvertito che “qualsiasi attacco contro infrastrutture spaziali Usa avrà una risposta adeguata”.

Russia, Cina e Stati Uniti sono in grado di poter effettuare operazioni antisatellite (Asat), in particolare Mosca negli ultimi anni sta sviluppando assetti spaziali in grado di colpire i satelliti avversari, agganciarli oppure lanciare piccoli “satelliti killer” come nel test avvenuto in orbita il 15 luglio, quando dal satellite Cosmos 2543 è stato rilasciato un oggetto ritenuto essere una sorta di “rimorchiatore” spaziale. L’attività del satellite russo, monitorata dai radar, è stata di tipo non distruttivo, simile ad altre svolte nel recente passato: il 23 agosto 2017 il Cosmos 2519, un satellite che ufficialmente dovrebbe essere impiegato per la geodesia, ha rilasciato un subsatellite in una manovra molto simile a quella compiuta dal Cosmos 2543. La Russia ha anche dimostrato recentemente di aver dato impulso alle armi Asat basate a terra: il 15 aprile 2020 un missile Pl-19 Nudol si è alzato da un dispositivo mobile tipo Tel (Transporter Erector Launcher) andando a colpire il suo bersaglio nello spazio. Il Pl-19 ha effettuato il suo primo test coronato da successo nel novembre del 2015 dopo due tentativi non andati a buon fine. Anche la Cina sta sviluppando medesime capacità Asat, che utilizzano sia sistemi cinetici come i missili basati a terra, sia armi a energia diretta, come laser che servono per “abbagliare” i sensori dei satelliti militari, oppure dei velivoli da ricognizione.

Quanto accaduto dimostra che lo spazio, il quarto dominio degli scenari bellici dopo terra, mare, cielo e prima di quello cyber, è sempre più fondamentale per avere la supremazia sul campo di battaglia. Lo è così tanto che gli Stati Uniti nella recente National Defense Strategy hanno ribadito che potrebbero reagire con armi nucleari anche ad attacchi convenzionali che coinvolgono assetti ritenuti strategici, come potrebbe essere l’intera rete satellitare. Parimenti la Russia, nella revisione della sua dottrina di impiego degli armamenti atomici, ha affermato di riservarsi la possibilità di utilizzarli per rispondere a pesanti attacchi a infrastrutture strategiche nazionali, comprese le reti telematiche.

Se un attacco diretto verso un satellite governativo rappresenterebbe senza dubbio un atto di guerra, quindi implicherebbe una risposta militare di qualche tipo, non necessariamente nucleare come si paventa – gli Usa hanno un ampio ventaglio di risposte convenzionali date dalla grandezza e diversità del proprio arsenale convenzionale -, un attacco portato a una costellazione satellitare privata come quella di Starlink ricade in un ambito giuridico non definito. L’uso privato dello spazio, cominciato da pochi anni, non è ancora stato regolamentato, e pertanto la difesa degli assetti spaziali privati resta un campo aleatorio.

Sicuramente, però, il loro utilizzo per scopi militari ne fa un bersaglio pagante, ma non essendo strettamente assetti militari/governativi non ricadono automaticamente nei meccanismi di ritorsione che potrebbero valere per i sistemi satellitari di sorveglianza, comunicazione o di posizionamento globale messi in orbita da parte di uno Stato. La risposta di Kirby alle minacce russe, però, è indicativa di come Washington consideri gli assetti spaziali di enti privati statunitensi come rientranti nella sfera di sicurezza nazionale, pertanto equipara gli assetti governativi a quelli “civili”, determinando così un precedente legale di cui bisognerà tenere conto.

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