La giornata di domani potrebbe essere un tassello fondamentale nel sostegno dell’Unione europea all’Ucraina. Il commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton, ha detto in conferenza stampa a Stoccolma che presenterà al Collegio dei commissari europei un testo “per garantire che saremo in grado di dare all’industria della difesa ciò di cui ha bisogno per rafforzare la produzione di munizioni”.

La questione è al centro del dibattito europeo da diversi mesi, da quando Bruxelles ha attivato il piano per fornire a Kiev un milioni di munizioni entro l’anno. Un progetto ambizioso, soprattutto per le difficoltà mostrate dal sistema industriale del Vecchio Continente nel garantire le commesse dei singoli Stati e allo stesso tempo permettere agli stessi si inviare munizioni alle truppe ucraine. “Sono fiducioso che nei prossimi 12 mesi avremo la capacità di aumentare produzione ad almeno un milione di munizioni su base annuale” ha dichiarato Breton, anticipando di avere “individuato 11 Paesi che hanno una forte industria della difesa” e “15 aziende” del settore.

Le fasi del piano Ue

Il piano europeo prevede almeno tre fasi. Come ha spiegato l’Alto Rappresentante dell’Unione, Josep Borrell, la prima, da un miliardo di euro, è “progettata per rispondere alle esigenze più immediate”, con la fornitura di missili e munizioni già prodotte. La seconda fase, che a sua volta prevede un altro miliardo di euro di investimenti, è quella che deve ancora essere definita nel dettaglio e che prevede gli acquisti congiunti delle munizioni “per fornirli all’Ucraina”. Infine la terza fase, che Borrell ha definito in una recente conferenza stampa, il terzo “pilastro”, “prevede di aggiornare e aumentare le capacità di produzione della nostra industria della difesa”.

La partita su questo punto è complessa e lo confermano anche le tensioni politiche interne all’Unione europea. Il primo problema riguarda la capacità dell’industria Ue nel soddisfare gli ordini. Non a caso Breton ha parlato di creazione di “alleanze e joint venture” e del fatto che il piano che presenterà domani “contiene anche incentivi economici“. Dall’inizio della guerra in Ucraina, si è posto il tema di come gli aiuti militari a Kiev fossero in equilibrio con le necessità degli arsenali europei, ma anche il nodo della capacità di produrre munizioni per un esercito che non fa parte dell’Ue e che ha bisogno costante di rifornimento. Il livello della produzione era infatti tarato, fino all’inizio del conflitto, su una logica di fabbisogno che non era quella di un conflitto su vasta scala e tradizionale. Da febbraio del 2022, invece, c’è un dispendio improvviso, costante ed estremamente rapido di munizioni: cosa che è ben lontana dai ritmi delle forze armate Ue. L’industria della difesa ha posto spesso il tema di non poter sostenere questo ritmo: inoltre, anche gli Stati maggiori dei singoli Paesi membri hanno sottolineato la necessità di non vedere sguarnite le proprie scorte.

La sfida Francia-Polonia sull’industria bellica

Il secondo tema, che è anche strettamente legato al precedente, riguarda poi l’indicazione dei produttori e dove deve essere indirizzato l’investimento europeo. Su questo, come detto su questa testata, si sono scontrate almeno due linee di pensiero. La prima, capeggiata dalla Francia (con il sostegno di Cipro e Grecia), chiedeva – a grandi linee- che i fondi destinati alle munizioni dall’Ue fossero spesi esclusivamente su suolo europeo e per industrie europee. La seconda linea di pensiero, invece, questa volta con la Polonia in testa, riteneva necessario ampliare il raggio d’azione anche alle aziende di Paesi alleati extra-Ue, giustificando il ragionamento sul fatto che l’industria europea non fosse in grado di garantire la produzione istantanea di munizioni per l’Ucraina.

Al momento non è dato sapere quali siano le aziende identificate da Breton. Tuttavia, dalle sue dichiarazioni e dal tour dello stesso commissario in Europa, è possibile già comprendere alcuni elementi. Come ricordato da Eunews, Breton nell’ultimo mese e mezzo è stato in Bulgaria, Francia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Romania e Italia. Lo stesso commissario ha parlato oggi da Stoccolma anticipando che la Svezia fa parte dei Paesi individuati nel pacchetto. Inoltre, Breton è stato di recente anche in Croazia e Slovenia. Infine, in una recente conferenza stampa, il membro della Commissione europea ha detto di essere “fiducioso che abbiamo una base molto forte e solida, sia a est, che a nord e a ovest dell’Europa, comprese ovviamente l’Italia, la Spagna e la Grecia”. Segnali che inducono a credere che questi Stati, o quantomeno la maggior parte di essi, siano coinvolti nel programma industriale europeo.

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