Gli Stati Uniti sarebbero disposti a discutere di nucleare con Russia e Cina “senza precondizioni”: è quanto ha affermato il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, mostrandosi comunque ancora dubbioso sulla volontà cinese di discutere il delicato dossier.

Jake Sullivan e l’annuncio della mano tesa

La notizia della mano tesa di Washington di certo non sorprende e si inserisce all’interno di una strana politica estera che lo stesso Sullivan ha contribuito a sviluppare negli ultimi mesi. La notizia però diventa clamorosa se accompagnata dalle rivelazioni del Financial Times che riporta della missione del capo della Cia Bill Burns in Cina durante lo scorso mese, per incontrare gli alti vertici dell’intelligence cinese.

Secondo quanto sostenuto da Sullivan, Washington sarebbe pronta a rispettare il limite del numero di testate nucleari fissate dal New Start, “a patto che la Russia faccia lo stesso”. Questo dettaglio dell’annuncio arriva in un momento affatto casuale: negli scorsi giorni, l’incursione ucraina a Belgorod ha infatti portato il conflitto ad un altro livello. Gli attacchi sul suolo russo, unitamente alle rivendicazioni della guerriglia anti-Putin venuta allo scoperto e al presunto utilizzo di mezzi americani trascina gli Stati Uniti nella possibilità di uno scontro diretto con Mosca. Una responsabilità che Washington rifugge con ogni mezzo cercando, come fa dall’inizio del conflitto, di essere patron di Kiev senza però diventarne cobelligerante.

L’addio alla politica di reset

Il Trattato New Start, firmato a Praga nel 2010, fissava il limite delle 1550 testate operative ed era stato rinnovato nel 2016 e nel 2021. Tredici anni fa, l’accordo sembrava suggellare un nuovo corso nei rapporti tra Russia e Stati Uniti, condensatesi nell’intesa cordiale tra Barack Obama e Dmitri Medvedev, consacrata a suon di hamburger e patatine. All’epoca, l’ex presidente degli Stati Uniti e il suo omologo russo sembravano aver avviato concretamente una politica di reset che, tuttavia, è andata estinguendosi negli anni successivi. Non solo la Casa Bianca ha vissuto sorti alterne tra le bordate di Donald Trump e gli scivoloni di Joe Biden, ma lo stesso Medvedev ha completamente mutato la propria linea e il tenore della sua comunicazione. Al termine del suo lungo discorso alla nazione, nel febbraio scorso, il presidente Vladimir Putin aveva annunciato il ritiro dal Trattato, segnando la fine dello scambio di informazioni e delle ispezioni reciproche fra le due superpotenze: Putin aveva giustificato lo sfilamento con “l’aggressione dell’Occidente alla Russia”. Ma nelle stesse ore di quella decisione era poi stato lo stesso presidente russo a chiarire che si trattasse di una mera sospensione che non escludeva un ritorno, e che Mosca avrebbe comunque mantenuto fede ai limiti imposti dal New Start senza riprendere i test nucleari, a meno che gli Usa non avessero fatto diversamente.

La sospensione russa, la decisione americana

Sta di fatto che, come contromisura, dal 1 giugno 2023 gli Stati Uniti hanno annunciato di non fornire più informazioni al tal proposito alla Russia a causa delle violazioni di Mosca, incluse le posizioni dei missili e delle basi di lancio. Una scelta che Washington difende e che rispetterebbe il diritto internazionale, legata alle “violazioni in corso” da parte russa. Per tutta risposta, la Russia ha invitato l’amministrazione Usa ad abbandonare l’atteggiamento “ostile” sul trattato New Start annunciando che non cambierà la sua posizione dopo l’annuncio da parte del Dipartimento di Stato che smetterà di rispettare parte del trattato. A comunicarlo, l’ambasciata russa a Washington, sul suo canale Telegram. “Abbiamo preso atto delle contromisure annunciate dagli Stati Uniti nel contesto del nuovo trattato Start. Tuttavia, non influenzeranno in alcun modo la posizione russa. C’è solo un modo per rinnovare il trattato, ed è ben noto ai colleghi americani: Washington deve abbandonare il corso ostile e la volontà di infliggere una “sconfitta strategica alla Russia”.

Cosa prevedeva il New Start

Il New Start sarebbe entrato in vigore entro sette anni dalle ratifiche da parte di entrambi i Paesi. Occupandosi di armi strategiche, aveva imposto il limite alle testate montate su missili balistici intercontinentali (Icbm), su quelle lanciate da sottomarini (Slbm) nonché posto limiti al numero di bombardieri disponibili con una testata ciascuno. Vi era stata poi un’ulteriore intesa sul numero di vettori: fissati a 700 (intesa come somma di Icbm, Slbm e bombardieri) e portati poi ad 800, contando anche le armi non puntate. Più complessa da affrontare era stata la questione degli scudi missilistici: Washington ha sempre sostenuto che il Trattato non estendesse le sue limitazioni anche ai sistemi di difesa anti-missile, interpretazione giuridica che Mosca si è sempre rifiutata di accogliere.

Secondo il Nuclear Weapons Ban Monitor, dall’inizio del 2023, 9 potenze nucleari e non sono giunte detenere 9576 testate nucleari: Russia e Cina sono in testa alla classifica. Lo scorso anno è stata la Russia ad aggiungere 136 testate pronte all’uso allo stock mondiale, raggiungendo una quota di 5889 testate operative. Una tendenza, quella della nuova corsa agli armamenti, che sta disegnando un crescendo dal 2017.

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