Martedì 5 luglio 20220, una giornata destinata a entrare nella storia. In questa data, infatti, sono stati sottoscritti i protocolli di adesione per l’ingresso della Finlandia e della Svezia nella NATO presso la sede dell’Alleanza Atlantica, alla presenza del ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto e del ministro degli Esteri svedese Ann Linde. “Questo è davvero un momento storico. Per la Finlandia, per la Svezia, per la NATO e per la nostra sicurezza condivisa” ha commentato il Segretario generale Jens Stoltenberg. In occasione del vertice di Madrid, i leader occidentali hanno deciso di invitare ufficialmente i due Paesi ad aderire alla NATO a seguito dell’accordo raggiunto con la Turchia.

Il Segretario Generale ha affermato che la porta dell’Alleanza rimane aperta alle democrazie europee che sono pronte e disposte a contribuire alla sicurezza condivisa: “Con 32 nazioni attorno al tavolo, saremo ancora più forti e il nostro popolo sarà ancora più al sicuro, mentre affrontiamo le più grandi crisi di sicurezza da decenni”. Addio dunque alla storica neutralità, i due Paesi scandinavi, a seguito della guerra in Ucraina, hanno deciso dunque di fare una precisa scelta di campo, forti anche di un’opinione pubblica interna che spinge per l’adesione all’Alleanza Atlantica. 

La visione di Putin

Si è paragonato il processo di adesione di Finlandia e Svezia alla NATO a quello dell’Ucraina, interrotto dall’invasione russa del 24 febbraio. Soprattutto, di come Finlandia e Ucraina confinino ambedue con la Federazione russa. Tuttavia, dal punto di vista geostrategico, parliamo di due Paesi completamente diversi. A chiarire la visione russa su questo tema ci ha pensato lo stesso leader del Cremlino, Vladimir Putin, alla fine di giugno. Innanzitutto, il presidente russo ha sottolineato che Mosca vede l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO in modo diverso da quella dell’Ucraina perché non “ha controversie territoriali” con i due Paesi scandinavi. Tuttavia, se Helsinki e Stoccolma consentiranno il dispiegamento di contingenti e armamenti dell’alleanza militare nei rispettivi Paesi, “la situazione si deteriorerà”, costringendo Mosca a “prendere le contromisure appropriate,” ha avvertito Putin durante una conferenza stampa nella capitale del Turkmenistan, Ashgabat.

“Non abbiamo problemi del genere con Svezia e Finlandia, che, sfortunatamente, abbiamo con l’Ucraina. Non abbiamo problemi territoriali, niente controversie, non abbiamo nulla che possa infastidirci dal punto di vista dell’appartenenza della Finlandia o della Svezia alla NATO”. Sono loro, ha spiegato Putin, che “dovrebbero capire che prima non c’erano minacce, e ora, se i contingenti militari e le infrastrutture sono schierati lì, dovremo rispondere in modo speculare e creare le stesse minacce ai territori da cui provengono nei nostri confronti”, ha sottolineato. In risposta alla dichiarazione del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg secondo cui la Russia ora ha “più NATO” al suo confine, Putin ha affermato che l’adesione di Finlandia e Svezia è significativamente diversa da quella dell’Ucraina. “Queste sono cose completamente diverse. Lo capiscono perfettamente e lanciano questa tesi nell’opinione pubblica per dimostrare che la Russia non ha ottenuto i risultati desiderati”, ha affermato.

Perché l’Ucraina è più importante

Come ha spiegato il professor John J. Mearsheimer durante un intervento del 6 giugno scorso al Robert Schuman Centre for Advanced Studies di Firenze, Putin e i suoi generali credono che “l’adesione dell’Ucraina all’Occidente sia una minaccia esistenziale” per la Russia che “deve essere eliminata”. In termini pratici, “ciò significa che la Russia deve vincere la sua guerra in Ucraina. La sconfitta è inaccettabile”.

L’importanza dell’Ucraina per la Russia è spiegata in maniera più che efficace da Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter dal 1977 al 1981: l’Ucraina, osservava in uno dei suoi saggi più importanti, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives  (1997), è uno spazio nuovo e importante sulla scacchiera eurasiatica, è “un perno geopolitico perché la sua stessa esistenza come paese indipendente aiuta a trasformare la Russia. Perché senza l’Ucraina, “la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. La Russia senza l’Ucraina può ancora lottare per lo status imperiale, ma poi diventerebbe uno stato imperiale prevalentemente asiatico”.

“L’economia, le risorse e la popolazione dell’Ucraina sono fondamentali per il successo di qualsiasi Unione eurasiatica guidata dalla Russia” nota Nikolas K. Gvosdev, professore di affari di sicurezza nazionale presso l’US Naval War College, e la manifestazione della capacità della Russia “di creare quel polo di potere eurasiatico indipendente che controbilancia una sfera asiatica guidata dalla Cina con il mondo euro-atlantico”. Accanto a queste considerazioni di carattere geostrategico e geopolitico, c’è poi poi una storia, secolare, che lega Russia e Ucraina, perché come ha detto l’ex ambasciatore Sergio Romano, l’Ucraina rappresenta la terra in cui sono depositate le radici culturali e religiose comuni (la Rus‘ di Kiev). 

Finlandia e Svezia, minaccia minore per la Russia

La diversa percezione della minaccia per la Russia della concretizzazione dell’ingresso di Helsinki e Stoccolma nella Nato rispetto all’analoga (e remota) prospettiva dell’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica è legata, di conseguenza, a motivi simbolici, strategici e di operatività concreta.

Il fronte simbolico, e politico, che nelle relazioni internazionali ha un suo remoto ma non indifferente ruolo, è legato a un dato chiaro: Svezia e Finlandia sono “altro da sé” rispetto alla Russia, non sono considerate parti ombelicari del Ruskij Mir, sono aggregate da Mosca al gruppo di Paesi identificabili con l’Occidente.

Il dato strategico è legato al fatto che, pragmaticamente, il fronte Nord della Nato è, per la Russia, estremamente proiettato sulla direttrice che dal Mar Baltico arriva all’Artico. In un contesto che vedeva di fatto Svezia e Finlandia incardinate, pur senza formalizzazione, nel sistema della difesa atlantica come partner della Nato in ambiti come l’intelligence e la cybersicurezza e membri della Joint Expeditionary Force a guida britannica, la Russia è conscia che le regole del gioco non cambieranno in caso di ingresso definitivo dei due Paesi: postura difensiva e di deterrenza nel Baltico, con l’enclave di Kaliningrad a fare da assicurazione sulla vita alla piazzaforte di San Pietroburgo, mani libere nell’Artico russo per interdirne l’accesso a forze ostili.

A ciò si lega strettamente il dato operativo. Molti hanno rievocato, nelle scorse settimane, l’atavica paura dei russi per le invasioni e richiamato il ruolo finlandese nel supportare la Germania nell’assedio di Leningrado (attuale San Pietroburgo) tra il 1941 e il 1944 o addirittura le invasioni svedesi dei secoli scorsi come giustificazione di un presunto bluff di Putin laddove il presidente dichiara di non vedere una minaccia incombente nell’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Ebbene, la realtà sul campo ci dice che nei giorni in cui Finlandia e Svezia si avvicinavano con decisione all’Alleanza la Russia, contrariamente a ogni narrazione, riduceva il dispositivo militare schierato al confine con la prima delle due nazioni, con cui condivide ampie e complesse frontiere terrestri.

Le garanzie securitarie sono possibili?

L’analista geopolitico Marko Eklund, in particolare, ha dichiarato alla testata finlandese Yle di ritenere significativamente importante il depotenziamento dello schieramento russo nella base di Alakurtti, vicina al confine finlandese. Una quantità di armamenti quantificata da Eklund come in grado di rifornire “almeno 800 uomini” o “un battaglione intero” è stata trasportata dalla base sopra il Circolo Polare Artico, “presumibilmente in Ucraina”.

“C’è coerenza tra questo fatto e le parole di Putin, di cui guardando al dato sul campo è difficile dubitare”, commenta con Inside Over l’analista geopolitico Amedeo Maddaluno, esperto di dinamiche militari del centro studi Osservatorio Globalizzazione. “Concentriamoci”, nota  Maddaluno, “sulla Finlandia, che è il Paese destinato a condividere il più lungo confine diretto con  Mosca. Ebbene”, sottolinea l’analista, “la Finlandia ha un ottimo strumento militare” che però è “concepito per la difesa territoriale e non per la proiezione”. L’unico strumento proiettivo che, nei prossimi tempi, Helsinki schiererà sarà “la flotta di F-35” ma, sostanzialmente, l’esercito di Helsinki “non è in grado e non ha in programma nella sua pianificazione di infastidire in alcun modo la Russia, dati i numeri piccoli e la difficoltà territoriale”. Per la Finlandia, ancor più che per la Svezia, la crisi ucraina è il gancio per unirsi all’Alleanza Atlantica e ottenere i più importanti dividendi strategici a cui i Paesi puntano: in primo luogo, l’integrazione delle fiorenti aziende tecnologiche e, nel caso svedese, militari, nella catena del valore atlantica in una fase di rinnovato interesse per le spese militari in tutto l’Occidente.

Per Maddaluno il dato di fatto dell’ingresso svedese e finnico nella Nato “scontenta apertamente sia la narrazione dei filorussi più accaniti sia quella degli atlantisti più integralisti”: non necessariamente “vale l’equazione secondo cui un Paese membro della Nato sia un coltello puntato alla gola di Mosca“, ma dall’altro lato “si dimostra anche come la pace in Europa sia sostanzialmente possibile lavorando su reciproche rassicurazioni militari e securitarie”. La Russia non vuole ma, soprattutto non può, “trovandosi in un momento di difficoltà”, fare “fuoco e fiamme contro l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato” ma, oggettivamente, ci si può domandare sul reale valore di gesti come il dispiegamento dello scudo spaziale in Romania negli anni scorsi che “hanno aumentato la diffidenza della Russia verso la Nato in quanto tale” che nei primi anni di Putin al potere non era dominante nelle considerazioni strategiche del Cremlino. Maddaluno ritiene, infine, che “un’architettura di sicurezza in Europa possa essere possibile” e, aggiungiamo noi, se l’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato aprirà a uno scenario che vedrà un diretto contatto tra Alleanza Atlantica e Russia senza che questo si trasformi in un’invalicabile nuova Cortina di Ferro forse il processo attualmente in atto potrebbe, controintuitivamente rispetto a molte aspettative, dimostrarne la fattibilità.

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