Il sostegno all’Ucraina da parte dell’industria militare Usa ha stressato eccessivamente le catene di fornitura Usa? Il ritardo nei programmi di consegna degli F-35 della Lockheed Martin all’United States Air Force (Usaf) e alle aeronautiche alleate è legato (anche) alla sovraestensione delle filiere militari legate alla fornitura di armi a Kiev per resistere all’invasione russa. Un dato di fatto inconfessabile che rischia di creare un trade-off tra le necessità di difesa degli Stati Uniti e le prospettive dell’Ucraina. Prossima a ricevere anche armi di frontiera come i missili Atacms per le sue forze armate.
I Javelin, i lanciamissili Himars e l’artiglieria sono diventati il focus della produzione militare del colosso industriale statunitense che è principale appaltatore del programma F-35, suscitando ritardi a cascata che hanno portato la Lockheed Martin a spostare all’aprile 2024, rispetto a fine 2023, la consegna dei primi esemplari di un lotto di F-35 Lighting II aggiornati alla versione Tech Refresh 3 (TR-3). I caccia che saranno consegnati nel 2023 saranno 97 contro una capacità inizialmente prevista di 120.
“Lo sviluppo dell’Integrated Core Processor (Icp)”, un chip sviluppato dall’appaltatore L3Harris, “ha causato la maggior parte dei ritardi dovuti a sfide impreviste associate allo sviluppo di hardware e software, ai test di integrazione di componenti e sistemi e ai test di qualificazione del sistema”, nota Breaking Defense sottolineando come di fatto la riconversione industriale per il sostegno all’Ucraina spinto dal governo di Joe Biden abbia contribuito alla riduzione del controllo di Lockheed sulla catena di subfornitura. War on the Rocks aveva già in tempi non sospetto sottolineato come lo “stress da Ucraina” avesse creato delle incertezze in un sistema ove “la maggior parte dell’attenzione sulla gestione della supply chain e sulla gestione del rischio è legata al problema della logistica” tra aziende appaltanti e prime contractor come Lockheed.
2,3 miliardi di dollari di appalti, espandibili secondo la ditta di Bethesda fino a 6, dei 26 miliardi di aiuti a Kiev deliberati con l’ultimo pacchetto dall’amministrazione Biden sono secondo Lockheed Martin attraibili nel giro d’affari del colosso del Maryland. Ma per molti analisti il rallentamento che conseguirà sui caccia F-35 non porta questo gioco a valere la candela. A maggior ragione considerato il fatto che dall’F-35 dipendono anche molti Paesi alleati degli Usa nella Nato il rafforzamento delle cui aeronautiche è ritenuto prioritario per aumentare la capacità di deterrenza dell’Alleanza Atlantica contro la Russia e espandere la proiezione “globale” della Nato in senso anti-Cina.
“Dal 2022”, nota Air and Space Forces, “diversi paesi europei – Finlandia, Danimarca, Svizzera, Germania e Repubblica Ceca – hanno annunciato l’intenzione di ordinare 159 F-35, per un totale di oltre un anno intero di produzione secondo il tasso di produzione annuale massimo previsto da Lockheed Martin di 156 esemplari entro il 2025”. Questa cifra, aggiunge il portale di informazione sul mondo della difesa aerea, “non include la Polonia, che ha ordinato 32 caccia nel 2020, o la Grecia, che ha segnalato di voler acquistare 20-24 F-35, ma la cui richiesta formale non è stata completata”. Israele, poi, ha annunciato di voler mettere in linea 25 nuovi F-35 oltre ai 50 già acquistati. Il totale fa tra i 226 e i 230 F-35, a cui bisogna aggiungere il piano del Pentagono di acquistare 83 caccia di quinta generazione all’anno: 48 per l’Aeronautica Militare, 19 per la Marina e 16 per il Corpo dei Marines. Insomma, di fronte a una produzione a pieno ritmo, gli Usa avrebbero la prospettiva di esportare 73 F-35 ogni anno. Con i ritmi attuali, fermo restando la necessità di soddisfare la domanda interna appieno, i caccia esportabili ogni anno sarebbero meno di 20, a patto di limare proprio sul fronte delle forniture all’Usaf.
Il dilemma è di quelli importanti e riprende un consolidato dibattito interno agli apparati americani: amplificare il sostegno all’Ucraina danneggia la deterrenza verso rivali come la Cina? “Washington potrebbe aver iniziato a intaccare la propria posizione di deterrenza consegnando più di 10mila missili anti-corazzati Javelin e missili anti-aerei Stinger all’Ucraina”, ha scritto Politico. Un lotto di Javelin inviato all’Ucraina può voler dire, semplificando, non solo un lotto Javelin sottratto a Taiwan ma anche un F-35 in meno per la Nato. Meno F-35 per la Nato vuol dire anche minor capacità di sostituzione per quei Paesi, come la Danimarca, che aspettano i Lighting II per inviare gli F-16 all’Ucraina. Lo spostamento della guerra dalla manovra all’attrito sta tenendo sotto pressione le catene di fornitura occidentali, americane in testa. Un dato da non sottovalutare in un conflitto in cui lo stallo e la difficoltà per entrambe le parti di conseguire una chiara vittoria militare sono ai minimi termini. E in cui anche l’industria militare occidentale rischia seri ammanchi.