In Ucraina nelle ultime ore si è tornato a parlare insistentemente della possibilità che il ministro della Difesa Olekseij Reznikov possa essere sostituito. Tra gennaio e febbraio, quando le ondate di inchieste sulla continua corruzione interna agli apparati ucraini intenti alla gestione della guerra contro la Russia avevano lambito il ministero guidato dal 57enne ex avvocato e funzionario pubblico, che dal febbraio 2022 mostra al mondo le ragioni dell’Ucraina ed è diventato “l’uomo delle armi”, in quanto latore, in diversi casi, delle richieste all’Occidente da parte di Volodymyr Zelensky per munizioni e approvvigionamenti. Allora il leader di Servitore del Popolo, il partito di Zelensky, Davyd Arakhamia, aveva annunciato la sostituzione di Reznikov con l’ex capo dell’intelligence Kyrilo Budanov, che poi non si era concretizzata.
In questi giorni, invece, l’Ukrainska Pravda ha raccolto voci di governo a Kiev che parlano di un’accelerazione della volontà di Zelensky di procedere a questo avvicendamento. La testata segnala anche i nomi che potrebbero essere chiamati a sostituirlo: sono in ballo, secondo la Pravda, Oleksandr Kubrakov, il ministro delle Infrastrutture, e Oleksandr Kamyshin, il ministro per le industrie strategiche che ha lavorato fino alla primavera scorsa a stretto contatto con Kubrakov come amministratore delegato di Ukrainian Railways, la compagnia ferroviaria nazionale.
Secondo la testata, Reznikov non sarebbe però messo alla porta ma per lui si potrebbe aprire lo spostamento al ruolo di Ministro della Giustizia o a quello, ancora vacante, di ambasciatore nel Regno Unito. Casella, quest’ultima, liberata da Zelensky il 21 luglio scorso con il licenziamento di Vadym Prystaiko, titolare della carica, per una mancata difesa delle parole critiche del presidente in risposta a chi, nel governo di Rishi Sunak, invitava l’Ucraina a essere grata per il sostegno ricevuto, come il ministro della Difesa Ben Wallace. Tuttavia le fonti politiche di Kiev sembrano ritenere questa ipotesi remota, anche perché la sostituzione di Reznikov aprirebbe sicuramente a un controllo strutturale completo di Zelensky sulle politiche per le forze armate.
Reznikov si è costruito in un anno e mezzo una decisa credibilità internazionale. Ha incontrato le controparti di vari Paesi, Usa e Regno Unito in testa ma anche i principali Paesi europei della Nato, ai summit di Ramstein della coalizione internazionale di sostegno all’Ucraina e in diversi bilaterali. Ha mediato tra desiderio e realtà nella richiesta di assistenza all’Occidente, provando sempre a mantenere tatto e diplomazia nei rapporti con le controparti. Ha, soprattutto, mantenuto un cauto realismo sulla possibile fine delle ostilità, non unendo ai suoi sforzi politici per potenziare l’afflusso di armi a Kiev una spinta a seguire la retorica guerresca dei “falchi” di Kiev sulla necessità di combattere a oltranza, a prescindere da perdite e sacrifici, gli invasori russi.
Sulla recente controffensiva Reznikov è parso decisamente in secondo piano, con la scena occupata dal comandante in capo Valery Zaluzhny. Nelle settimane di attacco, fino ad ora non decisivo, contro le consolidate postazioni russe è emersa la voce del generale protagonista della controffensiva dello scorso anno, quella del ministro degli Esteri Dmitro Kuleba e, ovviamente, di Zelensky. Reznikov è parso eccessivamente silenzioso. Quasi messo ai margini dall’assenza di una vera postura operativa nel suo ruolo. Una postura che avrebbero, invece, i papabili successori: entrambi hanno messo in piedi lo sforzo titanico di mantenere attive e operative le infrastrutture ferroviarie ucraine attraverso il Paese nei primi mesi dell’invasione, facilitando i movimenti di truppe e mezzi e l’afflusso di armi; Kubrakov ha poi contribuito a gestire le reti portuali che hanno propiziato le esportazioni di grano e Kamyshin ha da alcuni mesi la delega alla gestione delle produzioni strategiche a fini bellici.
Zelensky vuole, in ogni caso, evitare cedimenti nelle forze armate e garantire un controllo maggiore su tutte le strutture attive e operanti su scala nazionale. Un tema che potrebbe essere sfavorevole per Reznikov, in tal senso, potrebbero essere i limiti nell’arginare la marea montante della corruzione, segnalata nella giornata odierna nella sua gravità dalla scelta di Zelensky di imporre il licenziamento di tutti i funzionari regionali incaricati del reclutamento militare.”Arricchimento illegale, legalizzazione di fondi ottenuti illegalmente, profitti illeciti, trasporto illegale attraverso la frontiera di coscritti. La nostra soluzione: licenziamo tutti i commissari militari”, ha scritto il presidente su Telegram.
La svolta che Zelensky potrebbe chiedere punterebbe, dunque, verso la nomina di figure politicamente fedeli, non capaci potenzialmente di fargli ombra sul piano della visibilità internazionale, allineate alla sua linea di combattimento a oltranza e più spiccatamente operative rispetto al burocratico e diplomatico Reznikov. In questo contesto si potrebbe dunque capire perché si parla di un avvicendamento. Ma se cambio della guardia sarà, Zelensky dovrà evitare che sia traumatico o non ben ponderato: con l’offensiva a Est ancora in corso e altamente impantanata, potrebbe essere una mossa letta all’estero come un’ammissione di fragilità. Quanto di più indesiderato per l’immagine che Kiev vuole trasmettere di sé all’estero.