La Nato non ha intenzione di mettere a punto piani militari per fronteggiare la Cina. Nella sua strategia, al contrario, l’Alleanza atlantica ha scelto di concentrarsi sulla Russia e sui gruppi terroristici. L’ammiraglio Rob Bauer, chiudendo il Comitato militare della Nato, nella sessione dei Capi di Stato Maggiore della Difesa, a Bruxelles, è stato chiarissimo: “La Nato non vede la Cina come minaccia ma come sfida e la differenza è che quando parliamo di piani militari la Nato non sta lavorando a piani militari contro la Cina. Stiamo lavorando a piani militari contro la Russia e contro gruppi terroristici, su questo si concentrano i piani”.
Bauer ha tuttavia specificato che questo non significa che gli alleati della Nato non stiano tenendo d’occhio Pechino. “Non c’è però un lavoro a livello comune. La Nato, d’altra parte, non definisce la Cina una minaccia ma una sfida“, ha ripetuto.
Eppure, da Pechino, che monitora con attenzione le mosse dell’Alleanza atlantica, sono arrivati messaggi emblematici. In occasione dell’anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese di Belgrado, il 7 maggio 1999 durante la guerra in Kosovo, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha detto che la Cina non dimenticherà mai questo episodio, che per la cronaca causò la morte di tre giornalisti cinesi e ferì più di 20 diplomatici cinesi.
“Non dimenticheremo mai il loro sangue e le loro vite sacrificate per preservare la verità e la giustizia”, ha detto Wang, esortando gli alleati della Nato a “riflettere sui loro atti criminali”, abbandonare la mentalità della Guerra Fredda e a smetterla di provocare scontri di blocco.
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La Nato nell’Indo-Pacifico
La Cina non sarà in cima alle priorità della Nato, ma l’Alleanza Atlantica ha comunque messo nel mirino l’Indo-Pacifico. Già, perché secondo quanto riportato da Asian Nikkei Review l’organizzazione starebbe progettando di aprire un ufficio di collegamento a Tokyo, in Giappone, il primo del suo genere in Asia. Da quanto fin qui emerso, la stazione consentirà all’alleanza militare di condurre consultazioni periodiche con il Giappone e altri partner chiave nella regione, come la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda.
Allo stesso tempo, la Nato e il Giappone rafforzeranno la loro cooperazione, con l’obiettivo di firmare un programma di partenariato su misura individuale (Itpp) prima del vertice Nato a Vilnius, in Lituania, l’11-12 luglio. Le due parti approfondiranno la collaborazione per affrontare le minacce informatiche, coordinare le posizioni sulle tecnologie emergenti e scambiare note sulla lotta alla disinformazione.
Da Pechino non sono affatto felici di una notizia del genere. Mao Ning, portavoce del ministro degli Esteri, ha detto che l’avanzata della Nato nell’Asia-Pacifico peggiorerà indubbiamente la stabilità nella regione. “La continua espansione verso est della Nato nella regione dell’Asia-Pacifico e l’interferenza dell’Alleanza negli affari regionali mineranno inevitabilmente la pace e la stabilità”, ha aggiunto rispondendo alla richiesta della Tass di commentare i piani della Nato di aprire un ufficio di collegamento a Tokyo.
Rischi e obiettivi
La Nato ha uffici di collegamento presso le Nazioni Unite a New York, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa a Vienna, nonché in Georgia, Ucraina, Bosnia-Erzegovina, Moldavia e Kuwait. Presto, alla lista, potrebbe aggiungersi anche il Giappone. I motivi appaiono evidenti: lanciare un segnale a Pechino e osservare da più vicino le manovre di Mosca, che ormai da diversi mesi ha iniziato ad operare nello scacchiere indo-pacifico, con esercitazioni e manovre militari.
Secondo quanto riportato da The Diplomat, sebbene i Paesi dell’Indo-Pacifico siano apparentemente favorevoli all’idea di appoggiare l’apertura di un ufficio Nato in Giappone, un maggiore coinvolgimento dell’Alleanza atlantica nella regione potrebbe arrecare più danni che benefici alla sicurezza e alla stabilità (come spiegato in maniera dettagliata da InsideOver).
Da un punto di vista militare, inoltre, le marine e le forze aeree europee non hanno le capacità per contribuire in modo significativo alla deterrenza nella regione, e solo due alleati europei, Francia e Regno Unito, mantengono una presenza marittima regolare in loco. Allo stesso modo, le forze aeree europee non hanno una capacità indipendente di proiettare potenza aerea su grandi distanze. Possiedono, poi, relativamente pochi velivoli di quinta generazione e capacità di attacco a lungo raggio, per non parlare di fattori abilitanti critici, come il rifornimento aereo, il trasporto e le capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione. In altre parole, la mossa della Nato potrebbe essere troppo rischiosa e ambiziosa. Tanto più in una fase storica delicata come quella attuale.