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A fine settembre 2022, il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, insieme all’allora ministro Lorenzo Guerini hanno stabilito con effetto immediato di aumentare le misure per la tutela delle infrastrutture strategiche sottomarine di rilevanza per l’interesse nazionale. La decisione è stata intrapresa a seguito dell’attentato ai gasdotti Nord Stream, che corrono lungo i fondali del Baltico e collegano la Russia alla Germania, che ha dimostrato la fragilità di queste reti.

La Marina Militare Italiana ha quindi raddoppiato il dispositivo di sicurezza atto a sorvegliare le condutture strategiche per il nostro Paese posate sul fondo del Mediterraneo, affidandosi a Rov (Remote Operated Vehicle), unità di superficie e sottomarine insieme a personale del Comsubin. Questo dispositivo è stato messo alla prova durante l’esercitazione Mare Aperto 2022 tenutasi a ottobre, che tra i suoi obiettivi aveva anche la difesa di gasdotti e cavi di comunicazione.

La fragilità delle reti sottomarine

Questa criticità non è nuova: da tempo la Marina Militare – così come altre – ha individuato la fragilità delle reti sottomarine, in particolare quelle rappresentate dai cavi che trasportano le comunicazioni telematiche che rappresentano “la nuova frontiera della sicurezza globale”.

Si calcola infatti che circa il 97% delle informazioni scorra attraverso una fitta rete di cavi che corrono per 1,3 milioni chilometri tra tutti i continenti. Ai satelliti è devoluto il compito – in condizioni normali – di trasmettere solo la restante percentuale. Ogni giorno questa rete trasporta circa 10mila miliardi di dollari di trasferimenti finanziari e grandi quantità di dati, inoltre, la Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (Swift), che permette a 11mila istituzioni finanziarie di effettuare una media di 15 milioni di transazioni al giorno, dipende interamente dai cavi sottomarini.

I cavi in fibra ottica sono fragili e possono essere danneggiati in vario modo per cause naturali, ambientali o accidentali; il danno che ne deriva può essere riparato in maniera relativamente facile se collocato vicino alla costa, mentre un intervento in pieno oceano sarebbe molto più complesso e costoso per via delle difficoltà date dalla profondità del mare.

L’importanza dei cavi come strumento di comunicazione ha un peso rilevante nel settore della Difesa e della sicurezza, in quanto i Paesi dipendono da essi per la sicurezza nazionale, per coordinare operazioni militari, condurre missioni diplomatiche e raccogliere informazioni, utilizzando la stessa rete di cavi sottomarini dei dati civili per le comunicazioni militari classificate. Pertanto questa rete diventa un bersaglio di alto valore, e se sino a qualche anno fa la possibilità di un attacco in mare aperto era remota, oggi con le nuove tecnologie di cui si dispone grazie ai progressi dell’industria navale, questa è diventata molto più certa.

Nord Stream e gli altri sabotaggi: le operazioni di spionaggio internazionale

Oltre all’attacco alle condutture Nord Stream, che date le profondità del Baltico in quel punto non rappresenta una sfida ingegneristica/militare importante, abbiamo avuto esempi recenti del troncamento di cavi sottomarini profondi imputabili ad attività umana: a gennaio 2022 uno dei due Svalbard Undersea Cable System che collegano la Norvegia alle isole Svalbard è stato misteriosamente troncato, e la commissione di inchiesta norvegese ha raccolto prove che indicano il coinvolgimento umano nell’interruzione del cavo.

Il taglio coordinato di più cavi potrebbe facilmente essere l’antefatto di un conflitto aperto (ma anche un’azione nello spettro della “zona grigia” dei conflitti) in quanto potrebbe bloccare un Paese o una regione.

Più difficile, ma comunque fattibile, è sfruttarli per lo spionaggio: si ritiene che ciò possa essere fatto inserendo backdoor durante il processo di produzione dei cavi, prendendo di mira le stazioni di collegamento a terra o collegandosi ai cavi in mare.

Un esempio di questo tipo di operazioni nota come “Ivy Bells”, fu condotta dagli Stati Uniti nel periodo 1971-1981 posizionando dispositivi d’ascolto sui cavi che collegavano la base navale russa di Petropavlovsk a Vladivostok. In tempi più recenti, a ottobre 2015 nell’Oceano Atlantico al largo della costa orientale degli Stati Uniti una nave spia russa, la Yantar, è stata scoperta dalla catena Sosus (Sound Surveillance System) a mettere in mare piccoli Uuv (Unmanned Underwater Vehicle) dove sono posati i cavi sottomarini che collegano il continente nordamericano ai Caraibi e al Sudamerica. Alcuni Uuv sono in grado di tagliare o posare strumenti di ascolto sui cablaggi.

Questa attività, come la possibile distruzione di gasdotti sottomarini, è facilitata anche perché le mappe delle condutture sottomarine sono di pubblico dominio. Alcuni analisti sostengono però, che un possibile sabotaggio ai cavi sortirebbe effetti limitati in quanto la rete può fare affidamento su una certa capacità di ridondanza data dal numero sempre crescente di collegamenti sottomarini. Questo è vero ma solo in parte: un attacco limitato, o condotto su vasta scala ma su un lungo arco di tempo, permetterebbe al “sistema” di assorbire il colpo proprio per questo motivo, ma un attacco coordinato ed esteso metterebbe in ginocchio la rete di un Paese e potrebbe addirittura escluderlo dalla possibilità di contattare tempestivamente i suoi comandi più periferici o quelli dislocati in altri continenti.

Nelle profondità marine, è bene non dimenticarlo, si combatte anche un’altra guerra silenziosa tra unità subacquee: i sottomarini rappresentano uno strumento fondamentale per le marine militari in quanto, grazie alla loro furtività, sono perfetti per attacchi di sorpresa al traffico navale, per attacchi terrestri con missili da crociera, per il lancio di missili balistici intercontinentali, ma anche per la raccolta di dati di intelligence o per le operazioni di forze speciali.

L’Asw (Anti Submarine Warfare) si combatte anche sotto i mari, e avere battelli hunter/killer particolarmente silenziosi e dalla lunga autonomia è quindi fondamentale non solo per il contrasto all’attività navale di superficie avversaria.

La Seabed Warfare

Il sorgere della possibilità di colpire infrastrutture posate sui fondali marini – a tal proposito bisogna ricordare che un assetto altrettanto fragile è dato dalle teste di pozzo delle piattaforme di estrazione offshore da mare profondo – ha portato con sé la necessità di difenderle, e quindi lo sviluppo di dottrine e strumenti per la Seabed Warfare.

Al momento manca ancora una definizione univocamente accettata di Seabed Warfare: per guerra sui fondali marini s’intendono, come ha definito lo Us Naval Post Graduate School nel 2018, quelle operazioni che coinvolgono reti e sistemi sottomarini in grado di operare sul fondo del mare, interagire con i sistemi del fondale marino e intraprendere azioni contro altri sistemi. Ciononostante e proprio per le dinamiche determinatesi a cui si aggiungono anche sfide tecnologiche a cui l’industria deve far fronte, si può definire un nuovo dominio che va ad aggiungersi ai cinque attualmente considerati dal mondo militare (Sea, Air, Land, Space e Cyber), ovvero quello sottomarino (o Underwater).

Bisogna però considerare che per controllare e agire in un dominio, una forza militare deve avere una completa consapevolezza situazionale (situational awareness) dello stesso e possedere la capacità di agire tempestivamente al suo interno. La capacità di una forza marittima di agire da e nelle profondità di un oceano è attualmente estremamente limitata se non addirittura inesistente per alcune marine militari, ma l’apertura di questo nuovo fronte sta dando impulso a ricerche che coinvolgono la Difesa, l’accademia e l’industria attraverso un processo sinergico.

Ci preme sottolineare che l’approccio nazionale verso la conduzione di operazioni nel dominio sottomarino – alla base della definizione teorico/strategica per la Marina Militare del futuro – è sempre joint a livello interforza e internazionale in quanto esso non è avulso dai restanti cinque classici e abbisogna della collaborazione con alleati e partner per mettere a sistema assetti e capacità diverse.

Foto in copertina: Andrey Luzik/mil.ru/WikiCommons.

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