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Dalla Russia al riarmo del Mediterraneo, dai traffici illegali allo sfruttamento delle zone economiche esclusive fino ai nuovi rischi per l’Italia e le necessità della flotta. Il Capo di Stato maggiore della Marina militare, Enrico Credendino, traccia il quadro della situazione per la sua Forza Armata (e per l’Italia) in audizione alla Commissione Difesa della Camera.

La condizione del Mare Nostrum, stando alle parole dell’ammiraglio, è quella di un mare che vive una fase turbolenta ed estremamente complessa, dove si assiste da un lato a un aumento dell’attività militare legata a fattori contingenti (in particolare per quanto accade in Ucraina), dall’altro a un’evoluzione anche a lungo termine che sembra indicare possibili nuovi scontri tra Paesi rivieraschi e nuove fasi di tensioni.

Le navi russe nel mediterraneo

Sul primo punto, quello legato alla Russia, Credendino ha riportato un dato che la Marina afferma già da diversi mesi, se non anni: l’attività della flotta di Mosca nel Mediterraneo è aumentata sensibilmente. Una situazione che sembra anche peggiore di quella della Guerra Fredda, e sicuramente non paragonabile a quella a cui eravamo abituati nel primo decennio del Duemila.

“C’è un atteggiamento aggressivo dei russi che prima non si vedeva nel Mediterraneo. Abbiamo avuto l’occasione, per esempio, in cui una nave russa ha lanciato dei droni verso l’autorità americana che stava facendo attività in volo e una nostra nave si è interposta tra le due per essere pronta a tutelare gli aerei americani”, ha affermato il capo di Stato maggiore della Marina. “Dal 2015 a oggi il numero di navi nel Mediterraneo è aumentato, fino a qualche settimana fa avevamo 18 navi russe, 15 navi e tre sommergibili compreso uno balistico, dopo un anno di attività alcune di queste navi sono dovute rientrare in Russia ce ne sono una decina attualmente. Nel Mar Nero invece le navi sono 25″. Su questo punto, vanno ricordati due dati. Il primo è la presenza della base navale di Tartus, in Siria: architrave della strategia marittima russa nel Mediterraneo e diventata sempre più importante dopo l’intervento di Vladimir Putin a sostegno del governo di Bashar al Assad. Il secondo dato è l’impossibilità per Mosca di far entrare le proprie navi nel Mar Nero in quanto la Turchia, a poche settimane dall’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina, ha applicato le clausole della convenzione di Montreux che le consentono di bloccare il transito del Bosforo alle navi di Paesi rivieraschi non appartenenti a basi del Mar Nero.

Sulla presenza della flotta di Mosca nel Mediterraneo, l’ammiraglio ribadisce quanto già espresso in occasione di movimenti sospetti di alcune imbarcazioni al largo delle coste italiane: non rappresenta “una minaccia diretta al territorio nazionale”. La precisazione è d’obbligo per evitare ipotesi allarmistiche su quanto accade intorno alla penisola italiana, ma va messa in ogni caso in parallelo con quanto ribadito dal nuovo concetto strategico della Nato, e cioè che la Russia, pur non essendo considerata una minaccia diretta al singolo Paese membro, è osservata speciale in quanto avversario dell’Alleanza Atlantica. Sul punto, Credendino è apparso molto netto: “Il rischio di incidente è possibile e quando c’è un incidente di questa natura non si sa mai dove si può andare a finire”.

La militarizzazione del Mediterraneo

La situazione del Mediterraneo consente poi di fare un punto anche al di là della questione russa. Il fronte meridionale e quello orientale, specialmente in questi anni, stanno attraversando una fase di forte aumento della spesa militare e dei numeri delle flotte di molti Paesi. Algeria, Egitto e Turchia sono apparse le più attente a sostenere un generale riarmo della flotta sia di superficie che subacquea. Ma non vanno dimenticate nemmeno la Grecia, specie in contrapposizione alle logiche turche, e Israele, interessata a proteggere il gas del Levante e anche le rotte commerciali da cui in larga parte dipende.

L’ascesa della dimensione marittima di questi Paesi va di pari passi a una vera e propria territorializzazione del mare con un aumento di delimitazioni di zone economiche esclusive e diritti di sfruttamento e controllo di grandi porzioni di Mediterraneo. Un tema che diventa sempre più rischioso specialmente quando una delle controparti non riconosce i diritti altrui, paventando l’uso della forza come elemento per dirimere le possibili dispute. Il mare libero diminuisce sensibilmente di anno in anno, e questo rende sempre più lampante la possibilità di scontri in assenza di regole e delimitazioni condivise da tutti. In questo senso, quanto accade da anni tra Egeo e Mediterraneo orientale, soprattutto tra Grecia, Cipro e Turchia, è qualcosa di molto esemplificativo.

Questa tensione costante che attraversa il Mediterraneo sottopone anche l’Italia a una pressione di non poco conto. Dovendo contemporaneamente assecondare gli interessi della Nato, dell’Unione europea e quelli nazionali, l’Italia – in particolare in questo caso la Marina – rischia di dovere continuamente bilanciare le proprie forze per cercare di non venire meno ai proprio obblighi, col rischio però di un enorme sovraccarico. Credendino, in Commissione Difesa, ha confermato le perplessità di molti analisti, parlando anche di cosa serve alla sua forza armata: “Gli stanziamenti in bilancio 2023 non favoriscono il rinnovamento della marina. Le assegnazioni sono più basse rispetto alle esigenze sul quindicennio e sul quinquennio. Servono maggiori disponibilità finanziarie per sostenere i programmi della Marina, ci sono ritardi nei pagamenti con il rischio di penali e interruzioni di programmi. Servono misure che diano al processo di ammodernamento della difesa, certezza di investimenti”.

Queste le parole molto nette del capo di Stato Maggiore della Marina che, a conferma di queste necessità, ha stilato anche un elenco di cosa servirebbe alla flotta italiana in questo momento. “In ordine di priorità avremmo bisogno da tre a sei fregate anti-sommergibile in più, due navi antiaerei in più, una seconda portaerei per garantire di avere per tutto l’anno una portaerei disponibile, una nave logistica e due sommergibili. Tale ritardo capacitivo potrebbe ritrovare coerente attuazione ove si concretizzasse l’impegno politico di raggiungere il 2% del Pil per le spese della Difesa”, ha detto Credendino in audizione.

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