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L’indiscrezione la riporta il portale Middle East Eye, secondo il quale la Turchia avrebbe manifestato interesse per tre fregate britanniche di classe Type 23. Per Ankara si tratta di una soluzione più o meno di emergenza in attesa che la cantieristica turca sia in grado di sfornare unità equivalenti interamente indigene. Tuttavia, quello che appare chiaro è che Recep Tayyip Erdogan non ha dimenticato il mare – tanto più il Mediterraneo orientale – e non ha soprattutto messo da parte i grandi interessi strategici che lo legano a Londra.

Questi due punti sono essenziali per comprendere come si sta costruendo la strategia turca. Dal punto di vista di immagine, va detto che la possibilità che Ankara acquisti fregate di seconda mano dal Regno Unito non è un traguardo di cui Erdogan andrà particolarmente orgoglioso. Per un presidente che punta alla rielezione nel 2023 sfruttando la politica estera e l’industria bellica come volano diplomatico e strategico, essere costretti a rivolgersi a un altro Paese per tre unità di superficie significa in qualche modo sfatare il mito della piena autonomia strategica di Ankara.

Un obiettivo primario – dal momento che la Turchia ha in cantiere altre tre fregate classe Istanbul proprio a questo scopo – che però deve fare i conti con fattori non secondari: la crisi finanziaria, in primis, ma anche una cantieristica che fatica a rispettare i tempi e che necessita anche di testare pienamente il primo modello della nuova classe indigena per procedere al completamento del programma. Oppure, terza ipotesi, non è da escludere che si preveda che almeno una di queste nuove navi turche sia pronta all’esportazione, dal momento che l’export bellico di Ankara è un’enorme riserva di denaro per le casse dello Stato estremamente debilitate.

In ogni caso, difficilmente tutto questo sarà realizzato entro il 2023, e per questo motivo, anche in funzione dell’entrata in servizio della nave d’assalto anfibio Anadolu, la Difesa di Ankara vorrebbe avere intanto un numero di fregate sufficienti per sostituire le ormai obsolete classe G. Fregate che comunque non sarebbero nemmeno disponibili da subito, dal momento che le stesse fonti turche sottolineano che per l’aggiornamento delle unità britanniche servirebbe almeno un anno e mezzo a partire dalla consegna.

Se questo acquisto sorprende gli osservatori, e in qualche modo rappresenta un passo falso nel programma Milgem (il programma completamente nazionale dell’industria navale turca), c’è da sottolineare anche l’eventualità di una conferma dell’accordo da parte di Londra. La cessione di unità militare, per quanto di seconda mano, rappresenta sempre un segnale di coordinamento forte tra due Paesi. E il fatto che Turchia e Regno Unito dialoghino sulla flotta conferma che i due Paesi, pur divisi su diversi punti, hanno in comune un certo numero di interessi strategici.

Dal punto di vista bellico, non va dimenticato che la Gran Bretagna ha rimosso tutti gli ostacoli legali alla vendita di armi e sistemi al Paese anatolico, mentre è partner di Ankara nel programma per il primo caccia di quinta generazione “indigeno” (o quasi), il TF-X, attraverso Bae Systems. A livello strategico, inoltre, il Regno Unito coopera con la Turchia sul grande nodo di Cipro, dove entrambe le potenze sono considerate “garanti” dello status dell’isola. E negli ultimi mesi, complice l’invasione dell’Ucraina, si è mostrato un rinnovato coordinamento tra le difese di Londra e Ankara – insieme a Kiev – sugli sviluppi del conflitto. Lo stesso ministro turco, Hulusi Akar, è stato in questi giorni in visita nel Regno Unito su invito dell’omologo britannico Ben Wallace. E secondo alcune fonti sempre di Middle East Eye, proprio in quell’occasione si sarebbe parlato non solo delle tre fregate classe Type 23, ma anche di motori per carri armati e – stando ad alcune fonti turche – addirittura si parla di interesse per Eurofighter britannici qualora non si sbloccasse la trattativa con gli Usa per gli F-16 e i kit di aggiornamento. Secondo il Daily Sabah, potrebbe essersi palesato anche l’interesse di Londra per i droni turchi, ritenuti da Wallace un “game-changer” globale. È possibile – in ogni caso – che questo sia uno strumento di pressione della Turchia per smuovere gli Stati Uniti a dare il via libera a un accordo sugli F-16 che per la Difesa di Ankara è di fondamentale importanza.

In tutto questo, rimane il grande tema dell’ok da parte di Erdogan all’ingesso di Finlandia e Svezia nella Nato: il Regno Unito è particolarmente interessato a che la trattativa si sblocchi. E un accordo con la Turchia potrebbe trovarsi anche attraverso negoziati su altri piani.