Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian del 2020 ha dimostrato la crescente importanza dei droni nella guerra moderna. Tali strumentazioni precedentemente costituite in larga parte da Uva e Ucav impiegati per compiti Isr (Intelligence surveillance and reconnaissance), o per eseguire bombardamenti di precisione, si stanno ora evolvendo attraverso l’introduzione di nuove categorie quali le munizioni circuitanti (i cosiddetti droni suicidi) e l’assunzione di nuovi compiti non più limitate al solo dominio aereo, ma anche su quello terrestre e marittimo.
Gli Usv (Unmanned surface vehicle) sono navi di superficie che possono operare senza equipaggio. Tali sistemi sono stati impiegati con compiti di monitoraggio ambientale e operazioni relative all’oceanografia, ma presentano numerose applicazioni anche in ambito militare, in particolar modo nella negazione del dominio marittimo alle forze nemiche. La Us Navy ha avviato lo sviluppo di un Usv con applicazioni militari già nel 2016, attraverso lo sviluppo del drone Sea Hunter. Tale strumento verrà impiegato in futuro per lo svolgimento di operazioni anti sommergibile e anti mine, con un costo giornaliero significativamente inferiore rispetto ad un cacciatorpediniere. Il drone è inoltre potenzialmente in grado di svolgere funzioni di supporto alle Littoral Combat Ships e di essere dotato di sistemi d’arma che lo rendano in attaccare altre imbarcazioni.
Cos’ha in cantiere l’Us Navy
La Marina militare statunitense presenta attualmente un inventario di otto droni navali in fase di sviluppo, di cui quattro Usv e quattro Uuv (Unmanned underwater vehicle), meglio noti come droni sottomarini. L’enorme importanza dei droni nell’ottica della marina statunitense è stata dimostrata dalla pubblicazione del documento Unmanned Campaign Framework nel 2021.
Tale documento introduce una quadro all’interno del quale massimizzare le capacità di impiego di droni da parte della marina. Questa campagna consentirà di portare avanti le priorità stabilite dalla National Defense Strategy, in particolare i droni consentiranno di eseguire operazioni ripetitive risparmiando personale per operazioni più complesse, garantiranno una riduzione delle perdite e miglioreranno la situational awareness. L’incremento delle capacità di impiego di droni da parte della Us Navy risulta altamente funzionale a massimizzare le proprie capacità di operare in un dominio marittimo contestato, quale lo stretto di Taiwan nel caso di un’invasione cinese dell’isola.

Che cos’è il programma Aums
Nel 2022 il dipartimento della Marina ha pubblicato una request for information per il programma Attritable UxV Mother Ship (Aums), meglio noto come “madre dei droni”. Nell’ottica della Us Navy la Aums rappresenta una soluzione a costi contenuti per dispiegare un elevato numero di droni in un ambiente contestato. La Aums dovrà essere in grado di operare per almeno cinque giorni entro un raggio di 2000 miglia nautiche ad una velocità compresa tra i 12 e i 20 nodi. Il sistema deve essere altresì in grado di trasportare un container da sei metri contenente droni marittimi di vario tipo, operare in sea state 5 verrà alimentato con carburante Nato F-76. L’equipaggiamento comprenderà una copertura video a 360 gradi, sistemi volti a prevenire cyber attacchi e capacità di autoaffondamento con attivazione a distanza.
Il sistema Aums consentirà agli Stati Uniti di dislocare un ampio numero di droni in un ambiente contestato. Tramite il trasporto di droni di differente tipologia la marina statunitense sarà in grado di ottenere un’elevata situational awareness e mantenere elevate capacità di attacco anche in ambienti altamente problematici, quali aree marittime rientranti nelle bolle A2/AD cinesi.
La Us Navy prevede di avviare la costruzione dell’Aums entro il 2026, tale data ha un’importanza enorme in virtù delle informazioni dell’intelligence statunitense secondo cui il Segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping avrebbe dato ordine di raggiungere il grado di prontezza militare per invadere Taiwan entro il 2027. La National Security Strategy del 2017 e la successiva abrogazione della Quadriennal Defense Review in favore della National defense Strategy hanno determinato la rimodulazione della politica estera e della postura militare statunitense nell’ottica del ritorno alla competizione tra grandi potenze, la quale sta ora influenzando anche il procurement delle forze armate statunitensi.
