La crescente presenza globale dell’esercito cinese, l’aggiornamento sulle attività e capacità delle forze armate della Repubblica Popolare, un focus sulla modernizzazione tecnologica perseguita dal Paese, la valutazione dei futuri obiettivi di Pechino, l’espansione della diplomazia militare e l’analisi dell’irrisolto rebus Taiwan. Queste sono soltanto alcune delle sezioni che compongono l’ultimo China Military Power Report (CMPR) pubblicato dal Pentagono.

Il documento del Dipartimento della Difesa Usa, 196 pagine, meglio noto come Military and Security Developments Involving the People’s Republic of China (la versione integrale può essere consultata qui), passa in rassegna i principali sviluppi militari e di sicurezza riguardanti la Cina.

Più nello specifico, il rapporto, su mandato del Congresso, valuta l’entità della minaccia rappresentata da Pechino agli occhi di Washington e ne analizza la road map militare. Ricordiamo che gli Stati Uniti hanno identificato nell’ascesa del Dragone la sfida più significativa e sistemica per la loro sicurezza nazionale, nonché per l’esistenza di un sistema internazionale libero e aperto. Rispetto al rapporto del 2021 emergono alcuni punti interessanti e degni di nota.

Taiwan e capacità anfibie

Innanzitutto, quest’anno, e per la prima volta, il CMPR richiama esplicitamente l’attenzione sull’uso da parte della Cina di navi civili roll-on/roll-off (RORO), e cioè di mezzi progettati per trasportare veicoli gommati, con modalità d’imbarco e sbarco autonomo e senza l’ausilio di supporti meccanici esterni. Ebbene, queste navi sono considerate una possibile fonte di trasporto marittimo all’interno di un’area adibita ad un’ipotetica invasione di Taiwan.

L’uso crescente di navi civili RORO da parte dell’esercito cinese è menzionato più volte e descritto come “l’aspetto più significativo” dell’addestramento anfibio della Marina cinese. Per quanto riguarda, poi, lo sviluppo delle capacità militari cinesi nello Stretto di Taiwan, il rapporto parla di esercitazioni che impiegano le suddette navi civili per portare forze anfibie direttamente su una spiaggia. A proposito della valutazione della capacità anfibia dell’EPL, si fa presente che l’investimento di Pechino su navi del genere è un chiaro tentativo di colmare le lacune del trasporto marittimo, ben evidenziate nel rapporto del 2021.

Il Dipartimento della Difesa Usa ha fatto presente che il budget per la difesa di Taiwan è aumentato ma che quello della Cina rimane 17 volte più grande e concentrerebbe gran parte delle risorse nella presa dell’isola.

In generale, Bradley Bowman, un veterano e direttore senior del Center on Military and Political Power presso la Foundation for Defense of Democracies, ha affermato che “la quantità e la qualità” dei missili cinesi è “particolarmente preoccupante”. “Se si guarda alla capacità e alla capacità dell’arsenale missilistico cinese, è mozzafiato”, ha spiegato l’esperto, aggiungendo che la modernizzazione militare della Cina ha “metodicamente e deliberatamente perseguito capacità specificamente progettate per sconfiggere gli Stati Uniti”.

La struttura della Marina cinese

La questione taiwanese è senza ombra di dubbio una tematica chiave che influenza la strategia militare di Pechino. Ma, oltre alla “provincia ribelle”, la Cina intende estendere la propria ombra nell’Indo-Pacifico, iniziando dal Mar Cinese Meridionale e Orientale. Per farlo, il gigante asiatico sa benissimo di dover puntare su una Marina diversa da quella attuale.

La struttura delle forze marittime cinesi è scesa a 340 navi, (-15 dall’ultima rilevazione), ma non perché queste imbarcazioni siano sparite nel nulla. Allo stesso tempo, infatti, 22 corvette classe Jiangdao sono state trasferite alla Guardia costiera cinese, la più grande al mondo per estensione.

Inoltre, ci si chiedeva se la Cina stesse effettuando pattugliamenti deterrenti con i suoi SSBN Type 094. Il rapporto ha confermato che sono in corso “pattuglie continue di deterrenza in mare” e che lo 094 è in grado di trasportare il JL-3 a lungo raggio.

Lontano dalla Cina, il Pentagono ha confermato che la Marina cinese ha attraccato la sua prima nave presso la base navale di Gibuti, utilizzando il nuovo molo di 450 metri che sembra abbastanza grande per accogliere le portaerei cinesi.

Missili e nucleare

Il Pentagono ha avvertito che la Cina possiede adesso più di 400 testate nucleari, e che Pechino è riuscita quasi a raddoppiare il suo arsenale nucleare in soli due anni. Secondo il rapporto, il ritmo dell’accelerazione dell’espansione nucleare del Dragone potrebbe consentire al gigante asiatico di mettere in campo una scorta di circa 1.500 testate entro il 2035 . Numeri importanti, certo, ma l’attuale arsenale nucleare degli Stati Uniti, con circa 3.800 testate all’attivo, farebbe ancora impallidire quello cinese.

Si registrano rilevanti progressi cinesi anche sul fronte missilistico. La People’s Liberation Army Rocket Force (PLARF) in tutto il 2021 ha lanciato circa 135 missili balistici per test e addestramento. Calcolatrice alla mano, “più del resto del mondo messo insieme, escludendo l’impiego di missili balistici nelle zone di conflitto”.

La Cina ha inoltre continuato a costruire tre campi di recipienti per contenere missili balistici intercontinentali ICBM, che ospiteranno almeno 300 nuovi silos per ICBM (range stimato di oltre 5.500 chilometri).

Sul tema dell’attacco convenzionale a lungo raggio – lo scorso anno il Pentagono affermava che le basi statunitensi in Giappone erano nel raggio di un numero crescente di missili balistici e da crociera cinesi -, il rapporto del 2022 ha acceso i riflettori su Guam, come anticipato da InsideOver. A fornire il targeting per i richiamati sistemi cinesi di attacco a lungo raggio sarebbe la crescente flotta satellitare ISR della Cina, ora stimata in 260 sistemi (+60 rispetto al 2021).

Le stime, infine, sottolineano come Pechino disponga di: 250 lanciatori IRBM (+50) con oltre 250 munizioni, un calo nei lanciatori SRBM (-50), quantificati in 200 con oltre 600 munizioni, un centinaio di GLCM (più di 300 munizioni), 250 MRBM (oltre 500 missili) e, come detto, 300 missili balistici intercontinentali (+200).

Il documento menziona anche il test del bombardamento orbitale frazionario (FOB) della Cina, e afferma che il suo HGV “non ha colpito il suo obiettivo, ma si è avvicinato”. Nel CMPR, in una nuova sezione, si sottolinea infine un forte aumento di comportamenti non sicuri e non professionali tenuti dall’esercito cinese. Detto altrimenti, la Cina avrebbe aumentato il numero di incontri “non sicuri e non professionali” con le forze armate statunitensi e i suoi alleati, inclusa l’Australia, nella regione indo-pacifica.

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