L’audizione del ministro Lorenzo Guerini alla Commissione esteri della Camera lancia un segnale molto chiaro nei confronti dell’Italia: il Mediterraneo è cambiato. Ed è un cambiamento che rischia di rovesciare completamente i parametri di riferimento di un paese che per troppo tempo ha dimenticato – o quantomeno sottostimato – i pericoli derivanti dal Mare Nostrum. Non c’è solo la Libia, su cui comunque la Difesa italiana non ha mai smesso di impegnarsi anche attraverso l’operazione Irini e la presenza dei nostri militari nei nostri avamposti sulla costa. Il focus italiano si è spostato anche al dì la Mediterraneo centrale, investendo aree in cui fino a questo momento il coinvolgimento di Roma è apparso meno forte sia sotto il profilo mediatico che sotto quello politico. Ma sono settori in cui l’impegno dell’Italia diventa ogni giorno più fondamentale soprattutto perché altri attori stanno prendendo lentamente il sopravvento. Rivoluzionando in questo modo gli equilibri di un mare piccolo ma sovraffollato.

I tre “problemi”

Per Guerini, che è da sempre considerato uno dei principale esponenti del “partito” euro-atlantico all’interno del Pd e dell’esecutivo italiano, i problemi principali in questo momento sono Cina, Russia e Turchia. Ed è chiaro che è su questa direttrice che si fondano le prossime missioni italiane, unite al forte richiamo all’Alleanza atlantica e al ruolo dell’Unione europea. “È sempre più evidente il rafforzamento della presenza e dell’influenza di Russia e Cina che, sebbene si sviluppi su filoni anche collaterali a quello militare – con particolare riferimento al modus operandi di Pechino –  ci interpellano quali fattori di lungo periodo per interpretare lo scenario e mettere in atto strategie efficaci per la tutela dei nostri interessi” ha spiegato Guerini. Un messaggio che non lascia spazio a dubbi sull’importanza che hanno questi attori nella strategia italiana e che servono anche a far comprendere le prossime mosse del Paese. Non solo per quanto riguarda la Libia, ma anche per quanto riguarda il Mediterraneo orientale, area sempre più importante nelle strategie delle superpotenze.

La questione Libano

Uno dei passaggi più interessanti sotto questo profilo è quello legato alla possibilità di aumentare l’impegno italiano in Libano con il coinvolgimento di un’unità navale nella missione Unifil “anche con lo scopo di rafforzare la nostra capacità di sorveglianza e di intervento nell’area del Mediterraneo orientale”. Una scelta che si basa su due ragioni: evitare che la Cina entri in Libano con la possibilità di un impegno sotto egida Onu, confermare la presenza italiana nel Paese dei cedri (partner fin troppo dimenticato dell’Italia) dando anche un messaggio di presenza in un’area in cui la Turchia ha mostrato un certo dinamismo che ha messo a repentaglio la stabilità regionale. Guerini non ha evitato di parlare espressamente proprio delle azioni di Ankara in riferimento alla “definizione unilaterale degli spazi marittimi su cui le Autorità turche reclamano una giurisdizione esclusiva, a scapito dei Paesi confinanti e quindi delle attività che coinvolgono anche le nostre imprese”. Una presenza navale nel Mediterraneo orientale serve quindi non solo a ribadire la presenza italiana in Libiano, ma anche a confermarla in tutta l’area East-Med, sostenendo una Grecia che ha da tempo chiesto a Roma un maggiore intervento nella regione.

La Russia nel Mediterraneo

L’occhio è sempre puntato sulla Russia. Mosca è considerata un obiettivo strategico prioritario della Nato anche nel Mediterraneo. E dopo l’avvento di Joe Biden alla Casa Bianca sembra sempre più evidente la netta virata strategica dell’Alleanza nei confronti del Cremlino in qualsiasi area del mondo. Non solo in Europa orientale, quindi al confine con la Russia, ma anche nel Mediterraneo. Quello che preoccupa Guerini, stando alle sue dichiarazioni in Commissione, è soprattutto la capacità di Mosca di riuscire a inserirsi nel contesto mediterraneo sia con accordi di natura strategica sia con un vero e proprio continuo passaggio di mezzi militari che, di fatto, ha reso la Russia un attor imprescindibile dello scacchiere mediterraneo. I sottomarini russi solcano le acque del Mare Nostrum come non avveniva dai tempi della Guerra fredda. La conferma della presenza militare in Siria ha reso possibile mantenere delle ancore di fondamentale importanza nel Levante costruendo un passaggio sicuro dal Bosforo a Latakia. La presenza della Wagner in Libia ha cementato l’interesse russo per la Cirenaica ponendosi al centro dell’intero bacino marittimo. E gli accordi con alcuni attori-chiave del Nord Africa, a partire dall’Algeria e dall’Egitto fino al Sudan, consentono al Cremlino di monitorare tutta l’area del cosiddetto “Mediterraneo allargato”. E in questo senso, il segnale inviato con l’arresto di Walter Biot e l’espulsione dei diplomatici russi dal nostro Paese conferma una certa presa di posizione dell’Italia sul fronte dei rapporti tra Occidente e Russia.

La questione Hormuz

Guerini ha parlato anche di Hormuz, choke point fondamentale per il commercio mondiale e soprattutto per il petrolio, ma anche uno dei luoghi più bollenti del mondo per le tensioni tra Iran, Israele e Stati Uniti. L’Italia, a detta del ministro, e previa autorizzazione parlamentare, potrebbe presto prendere parte alla missione europea Emasoh nell’area. La “Missione di sorveglianza marittima a guida europea nello Stretto di Hormuz” avrebbe anche il beneplacito del Consiglio di cooperazione del Golfo, ha spiegato il ministro della Difesa, che ha ribadito come la guerra in Yemen e la postura dell’Iran siano elementi che rendono instabile l’area. L’Italia, dice Guerini, può contribuire “in varie forme, dalla cooperazione bilaterale con i Paesi del Golfo alla salvaguardia del diritto internazionale marittimo, ed in questo senso intendiamo, qualora approvato dal parlamento, prendere parte all’iniziativa marittima europea Emasoh”. Un altro segnale dell’impegno in aree considerate prioritarie per gli interessi italiani – che da sempre ha un occhio di riguardo per il Golfo Persico e anche per l’Iran – ma che indica anche lo spostamento di Roma su posizioni molto più nette quanto al coinvolgimento nelle missioni internazionali a guida euro-atlantica.