Leonardo è stata negli ultimi mesi una delle compagnie italiane a partecipazione pubblica maggiormente coperta da attenzioni economiche, politiche e mediatiche a causa della continua espansione delle sue attività, delle polemiche (in larga parte pretestuose) riguardante le vicende giudiziarie dell’ad Alessandro Profumorecentemente confermato dal cda, e delle complesse dinamiche legate alla campagna di critica dell’ex Finmeccanica partita dagli Stati Uniti. Causa della frenata della quotazione a Wall Street della controllata di oltre Atlantico Drs, ma non di una frenata degli affari del gruppo di Piazzale Montegrappa. Pronta a riposizionarsi nel contesto mediorientale e ad espandere le sue attività europee.

L’ex Finmeccanica è infatti sempre più presente nel Vecchio Continente. A testimonianza del fatto che la linea italiana di non considerare autenticamente alternative le due “cordate”, quella atlantica e quella continentale, ma di ragionare anche industrialmente in termini di sistema di difesa occidentali ha pagato. Così come Fincantieri può legittimamente rivendicare di aver conquistato joint venture in Europa (Naviris) e notevoli commesse negli Usa, anche Leonardo si può focalizzare su importanti risultati su entrambi i fronti.

Nelle settimane in cui Leonardo si prepara ad essere tra i protagonisti del nuovo polo della cybersicurezza e del cloud nazionale italiano che vedrà un asse sempre più consolidato con i giganti del web statunitensi l’azienda ha sviluppato importanti ramificazioni anche nel Vecchio Continente. In una fase in cui la Germania ha incrementato il budget per la difesa militare del 7,2% su base annua portandolo a 50,3 miliardi e il parlamento federale ha approvato 27 nuovi programmi del valore complessivo di 20 miliardi Leonardo si è inserita nel mercato tedesco del settore con un’operazione di acquisizione del 25,1% di Hensoldt, azienda leader in Germania nel campo dei sensori per applicazioni in ambito difesa e sicurezza. Una mossa che pone Leonardo in maniera strategica a cavallo tra i due grandi programmi per i caccia di sesta generazione: da un lato, quello a guida britannica Tempest, in cui è uno dei prime contractor; dall’altro, il controverso progetto franco-tedesco Fcas, dal valore complessivo di 100 miliardi di euro, che dopo diverse esitazioni è stato rilanciato dal Parlamento tedesco con l’approvazione a fine giugno di uno stanziamento da 4,5 miliardi di euro per la prossima fase del programma di sostituzione dei vecchi Eurofighter e Rafale.

“I programmi Tempest e Fcas potrebbero eventualmente convergere; in questo caso Leonardo sarà ben posizionata per svolgere un ruolo significativo nel programma per quanto riguarda l’elettronica aviotrasportata”, commentano gli analisti di Banca Akros sentiti da Milano Finanza. Leonardo ha inoltre tentato di concorrere nel quadro del consorzio Eurofighter per la corsa alla fornitura del nuovo caccia all’aviazione svizzera, vinto dalla statunitense Lockheed Martin con l’F-35, ma è ben indirizzata per riscattarsi con un nuovo bando per 55 aerei da caccia messo in campo dal governo finlandese. In Italia la Marina Militare ha invece avviato la considerazione del Ruav Leonardo Awhero per la fornitura di un veicolo non pilotato Vtol (Vertical Take Off and Landing).

C’è poi da considerare la rilevanza che Leonardo attribuisce ai programmi dello spazio in una fase caratterizzata da un boom di investimenti a livello comunitario. Nel marzo scorso Thales Alenia Space Italia, joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%), ha concluso un accordo da 772 milioni di euro con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) per partecipare alla fornitura di 6 satelliti, parte del programma Galileo per la sfida europea al Gps americano, che è stato riconosciuto come programma di bandiera anche dal nuovo programma spaziale comunitario. Lo sviluppo su questo fronte, sul versante della costruzione della rete per la distribuzione dell’Internet via satellite e per la valorizzazione dual use dello spazio sul fronte militare e civile porterà a importanti dividendi industriali. Leonardo è ben posizionata per coglierli, unendo alla postura europea, sempre più accentuata, il consolidato interesse legato ai programmi statunitensi Artemis.

Le mosse di gruppi come Leonardo (e Fincantieri) in campo euroatlantico sono una manifestazione geoeconomica e industriale del nuovo posizionamento strategico dell’Italia, assunto senza ambiguità, proprio dell’era Draghi. Roma punta a porsi come “ponte” dell’Occidente, a giocare da protagonista in un settore in cui dietro al campione nazionale si muove un’importante massa di piccole e medie imprese altamente innovative e strategiche. E la scelta di non considerare alternativa la via atlantica e quella europea può essere premiante a livello di sistema.