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Le esercitazioni Nato sul Baltico riempiono le pagine di cronaca come se queste significassero un avvertimento nei confronti della Russia per quanto avviene in Ucraina. Una lettura che traspare tra le righe di molti articoli ma soprattutto dei titoli, in cui si ricalca sul tempismo delle azioni belliche di un Paese rispetto alle esercitazioni militari di altre alleanze o potenze.

L’interpretazione di “prova di forza” per rispondere alla guerra scatenata dalla Russia o comunque per “inviare un segnale” a Mosca deve però deve essere ridotta nella sua portata alla luce di un fatto inoppugnabile: le manovre militari, specialmente quelle di così ampia portata e che coinvolgono più potenze, sono sempre programmate da molto tempo. E questo vale di certo anche per l’esercitazione nel Baltico, Baltops 22, che vedrà 16 Paesi, 14 dell’Alleanza più Finlandia e Svezia, operare con 4mila uomini, e decine di navi e aerei di vario tipo. Da Stoccolma al largo della Lettonia, dai cieli del Baltico fino a Kiel, in Germania, la Nato si addestrerà in una delle principali esercitazioni che coinvolgo l’Europa settentrionale. Una serie di operazioni tattiche che serviranno a migliorare ma anche a mostrare la sinergia delle diverse forze armate in un contesto multinazionale.

Se le esercitazioni servono, indubbiamente, a far capire anche ai Paesi avversari di avere la piena capacità di operare a livello multinazionale all’interno dell’Alleanza Atlantica, quello che bisogna sottolineare è che la Nato ha predisposto un fitto calendario di manovre che è pubblicamente visibile anche all’interno dei siti internet istituzionali. Si parla di Wind Spring 22, esercitazione terrestre che sarà ospitata dalla Romania, Flotex 22 al largo dello coste spagnole, Platinum Lion in Bulgaria, Northern Coasts 22, sempre nel Baltico ma a settembre, e così via. Il 2022 è costellato di esercitazioni che sono le stesse che vengono realizzate a cadenza regolare in periodi più o meno identici nel corso degli anni e che rappresentano degli appuntamenti fissi per tutte le forze armate nazionali nell’ambito della Nato. Questo è valso anche per altre campagne addestrative effettuate in un periodo di tempo che è coinciso con la guerra in Ucraina: basti pensare a Hedgehog, che ha coinvolto le forze estoni oltre alle unità britanniche e di altre componenti Nato, così come la Arrow 22 o la Defender Europe fino alla nostra Mare Aperto. Esercitazioni che sono sempre avvenute ogni anno o, a seconda della manovra, ogni tot anni, e che dunque non devono essere considerate in modo diverso rispetto alle precedenti edizioni. Quantomeno per la scelta delle tempistiche.

Naturalmente si può porre l’accento sulle dichiarazioni che vengono fatte a margine delle esercitazioni, così come alla scelta di aumentare o diminuire il numero di forze di un determinato Paese o di tutta l’Alleanza. Non è sfuggita per esempio la scelta degli Stati Uniti di fare arrivare in Svezia la Uss Kearsarge, imponente nave d’assalto anfibio che, come riportato dal New York Times, è stata segnalata anche dal comandante supremo delle forze armate svedesi, Micael Byden, ricordandone l’enorme potenza di fuoco. Ma non va dimenticato nemmeno che nel frattempo sono presenti anche la Uss Gunston Hall e il il cacciatorpediniere Uss Gravely. Inoltre, vale la pena ricordare che la Uss Kearsarge e la 22nd Marine Expeditionary Unit erano già presenti al largo dell’Estonia per altre manovre. Se questo però è vero, lo è altrettanto il fatto che siamo di fronte ad attività programmate da lungo tempo.

Questo non significa che alla Russia faccia piacere che le navi e gli aerei dell’Alleanza Atlantica operino non lontano da Kaliningrad e San Pietroburgo. È chiaro che queste manovre sottolineano che la sinergia tra partner atlantici si rafforza, al pari di quella con Finlandia e Svezia, che comunque da anni operano insieme al blocco occidentale. Il messaggio semmai è anche interno, per fare capire a Helsinki e Stoccolma l’impegno che viene richiesto. Il problema, per Vladimir Putin, non è certo quello rappresentato dalle esercitazioni, quanto quello strategico: la possibilità che il Baltico si trasformi definitivamente in quello che molti osservatori considerano un “lago Nato”.

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