All’inizio di maggio il governo cinese ha rivisto le sue leggi sulla coscrizione. Tra i vari emendamenti, approvati dal Consiglio di Stato e dalla Commissione militare centrale di Pechino, ne troviamo alcuni che consentono ai militari in pensione di potersi arruolare nuovamente, ed altri che mirano ad incrementare il reclutamento del personale incentrato sulle competenze nello spazio e nella guerra informatica. Le assunzioni dalle migliori università avranno la priorità “per aiutare l’Esercito popolare di liberazione (Pla) ad aumentare la qualità complessiva e costruire una forza professionalizzata”, ha scritto il Global Times. Appare sempre più evidente come Xi Jinping intenda investire tutte le risorse necessarie per consentire alla Cina di dominare il settore aerospaziale. Un settore caldissimo che, in un futuro non troppo lontano, diventerà sempre più strategico.
Il Center for Strategic & International Studies (Csis) ha pubblicato di recente lo Space Threat Assessment 2023, un paper che contiene una valutazione annuale della minaccia spaziale. Nel documento si legge che la Cina sta procedendo spedita sulla strada per diventare il leader mondiale nello spazio. Giusto per farsi un’idea dei progressi cinesi, il Dragone ha raddoppiato il numero dei suoi satelliti in orbita, passando dai 250 del 2019 ai 499 del 2021.
Le capacità spaziali del gigante asiatico sono seconde soltanto agli Stati Uniti e in continuo miglioramento. Pechino gestisce quattro spazioporti e un famiglia di veicoli di lancio spaziale Long March (Slv) in grado di fornire un’ampia gamma di satelliti a diverse altitudini orbitali, mentre nel 2022 ha condotto 64 lanci spaziali che le hanno consentito di posizionare oltre 150 satelliti in orbita.
In uno scenario del genere, gli Usa monitorano con attenzione quanto sta accadendo. Il Pentagono, in particolare, si sta preparando per un futuro conflitto nello spazio, visto che Cina e Russia stanno lavorando su missili e laser in grado di eliminare i satelliti nemici e interrompere le comunicazioni militari e civili.
A marzo, la Casa Bianca ha proposto un budget annuale di 30 miliardi di dollari per la Us Space Force, ovvero quasi 4 miliardi di dollari in più rispetto allo scorso anno, nonché un aumento maggiore rispetto a quanto preventivato per Air Force e Marina. Ricordiamo che la Space Force è stata creata nel 2019 come sesto braccio dell’esercito statunitense, con l’obiettivo di pianificare e difendere gli interessi Usa nello spazio e focalizzare l’attenzione sulle minacce emergenti.

I laser della Cina
Le minacce spaziali cinesi, hanno spiegato i funzionari del Pentagono, vanno da missili e laser lanciati da terra – che potrebbero distruggere o disabilitare i satelliti statunitensi – a interferenze informatiche di vario tipo, per non parlare di possibili attacchi nello spazio. La Cina ha investito molto nel suo programma spaziale, realizzando una stazione orbitante con equipaggio, sviluppando missili e laser terrestri e rafforzando le sue modalità di sorveglianza.
Pechino sta “testando sistemi satellitari in orbita che potrebbero essere armati. Hanno già dimostrato la capacità di controllare fisicamente e spostare altri satelliti”, ha dichiarato il generale Chance Saltzman, capo delle operazioni spaziali per la Us Space Force, in una recente audizione al Congresso. Le prove raccolte dagli Usa suggeriscono che la Cina sia effettivamente entrata in una corsa agli armamenti per il potenziale controllo dello spazio, da perseguire, in particolare, puntando sulle armi laser anti satellite.
L’interesse del Dragone per i sistemi d’arma laser è nato intorno agli anni Sessanta, come parte del Progetto 640, il primo programma di sviluppo Abm della Cina. Lo Shanghai Institute of Optics and Fine Mechanics ha supervisionato il sottoprogramma laser Progetto 640-3, con il fine ultimo di produrre un laser ad alta energia con il quale intercettare missili balistici. Il Progetto 640 fu cancellato nei primi anni Ottanta, anche se il governo cinese decise comunque di continuare a studiare le armi laser, ambito di ricerca che confluì nel Programma 863 riguardante lo “sviluppo dell’alta tecnologia”.
Il Paese ha sempre mantenuto l’interesse per una “classe più ampia di armi”, ovvero le xin gainian wuqi, le “nuove armi concettuali”, dove rientrano anche le suddette armi laser. Ed è proprio quest’ultima la fonte di maggiore preoccupazione per gli Usa. Ricordiamo che, nell’agosto e nel settembre del 2006, il governo degli Stati Uniti riconobbe che i sistemi laser di Pechino erano stati puntati sui propri satelliti mentre questi transitavano sul territorio cinese. Alcuni analisti suggerirono che si trattasse di dimostrazioni a bassa potenza dei sistemi d’arma anti satellite (Asat) cinesi, mentre altri ipotizzarono che fossero in azione semplicemente di telemetri laser utilizzati per tracciare orbite satellitari precise. La verità potrebbe essere a metà strada. Ma oggi sono passati quasi 20 anni dagli episodi sopra descritti. E la Cina, da allora, ha fatto passi da gigante.
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Le strutture chiave
Già nel 2019, l’analista Sean O’Connor aveva identificato tre strutture dislocate sul territorio cinese in grado di supportare lo sviluppo e l’implementazione di un sistema operativo basato su laser a elettroni liberi (Fel).
Il primo sito individuato coincide con l’Anhui Institute of Optics and Fine Mechanics (Aiofm), un complesso di ricerca incastonato nella provincia dello Hefei, lungo le rive del lago Dongpu, in quella che l’istituto ha ridefinito l'”isola della scienza”. Dai rapporti open source si evince che l’istituto contiene una struttura unica, presumibilmente progettata per supportare una sorta di sistema da puntare verso l’alto. Si tratta di un grande edificio rettangolare con un tetto scorrevole, che potrebbe ospitare uno o più oggetti pensati per essere puntati contro il cielo o lo spazio.
Un secondo centro di ricerca sospetto è stato rilevato nel Sichuan, precisamente nella città di Mianyang. Qui sorge l’Accademia Cinese di Ingegneria Fisica (Caep), che ospita una grande quantità di programmi di ricerca e sviluppo (laser ma pure progettazione di armi nucleari). Anche l’Accademia ospita un grande edificio rettangolare dotato di tetto scorrevole. Non è da escludere che un laser a elettroni liberi progettato dalla Caep sia stato accoppiato con le capacità ottiche di Aiofm, il tutto per affinare armi anti satellite.
Certo è che c’è una terza struttura da menzionare, appena salita alla ribalta delle cronache internazionali per la vicenda di un presunto dirigibile spia avvistato al suo interno. Stiamo parlando del Korla East Test Site, un complesso vicino alla catena montuosa del Tian Shan e in gran parte simile alle strutture di Hefei e Mianyang. A Korla, la Cina potrebbe implementare i suoi sistemi laser Asat.
Come ha sottolineato Asia Times, Pechino ha costruito il sito in questione nel 2003. Gran parte della sua attività dal 2005 rimane non documentata, anche se si suppone realizzi ricerche su laser e ottica. La struttura è gestita dall’Unità 63655 dell’esercito – Forza di Supporto Strategico (Pla-Ssf), che si occupa, non a caso, proprio della ricerca su laser e ottica, dirigibili stratosferici e microonde ad alta potenza.
Ma a cosa servono tecnologie del genere? Per finalità scientifiche e di ricerca, certo. Ma la Cina potrebbe impiegarle tecnicamente per nascondere i suoi satelliti militari dagli occhi indiscreti dei satelliti spia stranieri. Oppure per rendere invisibili silos di missili nucleari e altre strutture. In teoria, grazie ai laser il Dragone potrebbe anche non far rilevare potenziali preparativi per un’offensiva su Taiwan. O perfino interferire con i satelliti nemici, in particolare quelli relativi alla difesa missilistica. Una simile mossa potrebbe tuttavia essere interpretata come un preludio per un attacco nucleare. Con conseguente escalation involontaria e potenziale disastro globale.