La vicenda del missile caduto poco oltre il confine tra Polonia e Ucraina ha, nella sera del 15 novembre, messo in allarme studiosi e decisori, ma al contempo ricordato a tutti quanto Varsavia sia centrale per la Nato. E, di converso, in Europa: dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina non c’è più discussione sullo Stato di diritto o potenziale sanzione dell’Unione Europea che tenga, la Polonia è centrale per gli Stati Uniti in Europa, è la prima linea del contenimento di Mosca, è la nazione maggiormente attiva a sostenere la resistenza di Kiev e dalle sponde del Baltico si proietta come bastione atlantico nell’Europa orientale.
Il gendarme d’Europa
Nelle prime settimane del conflitto questo era apparso come evidente. Eccezion fatta per i nemici numero uno della Russia in Europa, le piccole repubbliche baltiche, nessuno ha usato una retorica di fuoco contro Mosca quanto il governo del partito catto-conservatore Diritto e Giustizia (PiS), alleato di Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr). Il premier Mateusz Morawiecki e il leader del PiS Jaroslaw Kaczynski hanno messo in campo politiche di aiuto militare, accoglienza umanitaria e sostegno diretto a Volodymyr Zelensky. Hanno sostenuto la strategia del Regno Unito di Boris Johnson di trasformare in una crociata contro Vladimir Putin la resistenza ucraina. Hanno, in ultima istanza, pressato spesso Joe Biden chiedendo nuovi invii di armi e graduali escalation nel sostegno a Kiev. A marzo chiedendo addirittura la no-fly zone, in seguito inviando componenti di caccia per coprire le perdite dell’aeronautica di Kiev e, infine, arrivando durante una visita di Kaczynski a Kiev a chiedere addirittura “una missione di pace” della Nato, “protetta da forze armate”, per aiutare l’Ucraina
Tutto questo non si inserisce solamente nell’atavica contrapposizione russo-polacca che la fine del comunismo e l’ascesa dei catto-conservatori al potere in Polonia hanno incentivato. Ha, sicuramente, a che fare con la percezione di Varsavia come “gendarme d’Europa” contro le minacce esterne: una narrazione, intrisa spesso di romanticismo e vittimismo, che ha a che fare con fatti storici reali come la presenza della Polonia quale antemurale di fronte alle invasioni mongole nel XIII secolo, quale “salvatrice” di Vienna dai Turchi nel 1683 con i suoi ussari alati e come prima nazione a combattere la Russia bolscevica tra il 1919 e il 1920. Ma soprattutto c’entrano gli obiettivi ambiziosi della Polonia atlantica.
Varsavia vuole la sconfitta di Putin, in primo luogo, senza sé e senza ma. Come abbiamo avuto modo di spiegare su queste colonne la russofobia è un vero e proprio motore della politica estera polacca e Varsavia teme l’avvicinamento della Russia ai suoi confini dopo che già tra il 1772 e il 1795 questo significò la spartizione del suo territorio tra lo Zar, la Prussia e l’Impero austriaco e che nel 1939 questo portò all’occupazione congiunta della Germania nazista e dell’Unione Sovietica. Col ritorno della storia in Europa Varsavia si ricorda che la guerra in Ucraina le consente di cogliere un triplice obiettivo strategico. In primo luogo: l’indebolimento della Russia. In secondo luogo: la rottura di ogni prospettiva di un asse tra Russia e Germania, alla base del ferreo atlantismo del PiS. Terzo: la conquista di crescenti gradienti di autonomia strategica sotto l’ombrello a stelle e strisce. Prospettiva che per una nazione spesso definita “martire” dell’Europa del Novecento appare decisamente allettante.
La Polonia sta vincendo la guerra d’Ucraina
La Polonia, ad oggi, è la grande vincitrice europea della guerra in Ucraina. Incassa la frattura russo-tedesca e, non senza probabili interventi per facilitarla, la distruzione del gasdotto Nord Stream come una vittoria per il suo contesto securitario. Ha, come anticipato, ottenuto a giugno una “grazia” in sede comunitaria e visto approvato il suo piano per Next Generation Eu: la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, del resto, è ferreamente atlantista e non sottovaluta il ruolo ancillare dell’Ue rispetto alla Nato in questa circostanza; inoltre, non dimentica che proprio i voti del PiS furono, assieme a quelli del Movimento Cinque Stelle italiano, decisivi tra i partiti fuori dalla maggioranza popolare e socialista per permetterle l’elezione all’attuale carica nel 2019. La fase attuale è ideale per ripagare il conto.
Sophie Pornschlegel, analista politica senior presso l’European Policy Center di Bruxelles, ha affermato già a marzo al New York Times che “il governo polacco sta usando la crisi a proprio vantaggio. Nonostante la Polonia non abbia apportato cambiamenti reali alle politiche che la mettono in rotta di collisione con Bruxelles”, ha detto, la Commissione europea sarà probabilmente “piuttosto indulgente a causa della posizione della Polonia che accoglie così tanti rifugiati e contrasta la Russia”. Predizione centrata, col senno di poi.
Terzo punto, la Polonia ha incassato anche la costruzione del Baltic Pipe, il gasdotto che porterà l’oro blu della Norvegia direttamente sul suolo nazionale via Danimarca e che è entrato in funzione a fine settembre proprio mentre si consumava l’affare Nord Stream. Ha, quarto punto, sanato definitivamente la minaccia del Suwlaki Gap, il varco che si estende per circa cento chilometri lungo il confine lituano-polacco e si trova stretto tra la Bielorussia e l’enclave russa di Kaliningrad, a lungo considerato un punto vulnerabile nelle difese della Nato qualora scoppiasse un conflitto con la Russia. La militarizzazione dell’Est aiuta a rendere meno palese questa minaccia.

Le ambizioni militari della Polonia
Infine, con la guerra in Ucraina Varsavia può finalmente prendere fino in fondo la strada del riarmo militare e coltivare col sostegno Usa le sue ambizioni strategiche. A fine luglio il ministro della Difesa Mariusz Błaszczak ha dichiarato che la Polonia avrà “le forze terrestri più potenti d’Europa” grazie ai continui investimenti del governo, che ha recentemente aumentato il bilancio della difesa al 3% del PIL – uno dei livelli più alti della NATO – e mira ad aumentarlo ulteriormente al 5%.
Dall’invasione russa dell’Ucraina, Varsavia si è imbarcata in un crescendo di spese militari. In estate ha confermato un maxi-accordo con la Corea del Sud che vedrà la Polonia acquisire quasi mille carri armati e oltre 600 obici. Varsavia, inoltre, ha concordato l’acquisto di 250 carri armati Abrams nuovi e116 usati (potenzialmente inviabili in Ucraina) dagli Stati Uniti. Giusto per fare un paragone l’esercito tedesco ha, secondo Global Firepower, 266 carri in servizio attivo e quello francese 406.
“La spesa militare di quest’anno ammonta a 57,7 miliardi di zloty, pari a 12,5 miliardi di euro, che consumeranno il 12% del bilancio del paese”,. nota Balkan Insight. In confronto, il sistema sanitario pubblico della Polonia “riceve circa il doppio, lasciando molti a chiedersi quanto costerebbe un esercito due volte più grande ai contribuenti e come potrebbe essere finanziato”: l’obiettivo della Polonia di raddoppiare gli effettivi a 250mila uomini, di sostituire con i nuovi carri armati i sistemi di combattimento vecchi di circa quarant’anni che costituiscono gran parte del suo equipaggiamento (principalmente T-72 e varianti) e di rimpiazzare gradualmente i MiG-29 e Su-22 della sua aeronautica con moderni F-35 comporterà uno sforzo importante sul piano economico.
Secondo il ministero della Difesa, “il piano di modernizzazione militare fino al 2035 ha un prezzo di 524 miliardi di zloty (115 miliardi di euro), ma i dettagli non sono stati resi pubblici. L’aumento della spesa inoltre non richiede l’approvazione parlamentare, per non parlare di un referendum, anche per le voci più grandi degli appalti”. Basterà l’assenso del Ministero della Difesa, ad oggi ferreamente controllato dai fedelissimi di Kaczynski.
Perno della Nato sul Mar Baltico con Danzica, centrale nel cosiddetto istmo d’Europa che collega il Baltico al Mar Nero e alla Romania, altro strategico partner Nato, via infrastrutture ferroviarie, come spiegato su queste colonne da Mirko Mussetti, sede della base missilistica di Rezikowo, della base di Lask utilizzata dalla United States Air Force e di migliaia di truppe Usa, Varsavia vuole aumentare anche la propria ambizione.

Il 2022 è stato l’anno della consacrazione della centralità polacca nell’Europa tornata precipitosamente allo scontro di potenza. A cui Varsavia era, in un certo senso, politicamente pronta. E nel caos di un ordine europeo risvegliato dal ritorno della Storia nel Vecchio Continente Paesi come la Polonia prosperano. Mirando a rendere sempre più atlantiche e sempre meno europeiste le linee guida dell’ordine continentale. Usando la sua posizione come bastione per gli Usa ma anche e soprattutto per l’espansione della sua grande strategia, che mira all’espulsione della Russia dalle dinamiche europee e al tempo stesso al consolidamento dell’egemonia sull’Europa centrale.