La Nato, con i suoi 31 Paesi membri, un personale militare che sfiora i 5,5 milioni di effettivi, oltre 14.500 carri armati, quasi 21mila forze aeree e più di 2mila navi militari, è l’alleanza militare più grande e radicata del mondo. Non esiste un vero e proprio corrispettivo dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, né in termini di conformazione né di obiettivi generali.

Al contrario, troviamo diversi gruppi, più o meno regionali, formati da molteplici governi che condividono la stessa posizione su temi strategici, relativi alla sfera militare e altri settori. È il caso, ad esempio, dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) – da molti erroneamente definita una sorta di “Nato asiatica” – o, in termini nettamente più ristretti, del Quadrilateral Security Dialogue (il Dialogo Quadrilaterale di Sicurezza, meglio noto come Quad), dai Five Eyes e, ancora, dal più recente Aukus.

Tutti questi acronimi coincidono con importanti organizzazioni multilaterali, utili alle cause perseguite dai rispettivi partecipanti, ma che distano anni luce dal funzionamento della Nato. Basta fare riferimento all’articolo 5 dell’Alleanza atlantica, coincidente con l’impegno della difesa collettiva che, secondo la Nato, “lega insieme i suoi membri, impegnandoli a proteggersi a vicenda e stabilendo uno spirito di solidarietà all’interno dell’Alleanza”. Detto altrimenti e in termini concreti, significa che un attacco contro un membro della Nato è considerato un attacco contro tutti gli altri. E che il Paese attaccato, dato il principio di autodifesa sancito dall’articolo 51 delle Nazioni Unite, può intraprendere le azioni che ritiene necessarie, compreso l’uso della forza armata, “per ripristinare e mantenere la sicurezza nell’area dell’Atlantico settentrionale”.

Nessun’altra alleanza, organizzazione o gruppo prevede una clausola del genere – o almeno, con effetti così importanti – né un impegno tale, come quello incarnato dal suddetto articolo 5, in grado di portare a livelli così estremi la credibilità di una strategia di deterrenza. Per la cronaca, l’articolo in questione è stato attivato in una sola occasione, dopo l’11 settembre 2001, in seguito agli attacchi subiti dagli Stati Uniti al World Trade Center e al Pentagono. In quel caso, la Nato utilizzò gli aerei Airborne Warning and Control System per aiutare a pattugliare i cieli sopra gli Usa, mentre i suoi membri iniziarono a monitorare le navi nel Mar Mediterraneo, oltre che a partecipare alla guerra in Afghanistan e all’addestramento dei soldati iracheni.

La falsa Nato asiatica

Probabilmente, se c’è qualcosa che molto vagamente si avvicina all’idea della Nato è la Shanghai Cooperation Organization, un organismo intergovernativo che favorisce la cooperazione economica, politica e militare tra gli Stati membri. La Sco risulta essere la più grande organizzazione regionale del mondo in termini di superficie territoriale coperta e di popolazione compresa al suo interno. Ne fanno parte Cina, India, Russia, Pakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Kazakistan e Iran, con quest’ultimo che si è aggiunto nel settembre 2022). Afghanistan, Bielorussia e Mongolia sono osservatori mentre Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Egitto, Kuwait, Maldive, Myanmar, Nepal, Qatar, Arabia Saudita, Sri Lanka, Turchia (già membro Nato), Emirati Arabi Uniti risultano essere partner di dialogo.

Detta della sua conformazione, vale la pena spiegare le differenze sostanziali tra la Sco e la Nato. L’Alleanza atlantica è stata infatti creata per garantire la sicurezza agli Stati membri attraverso mezzi politici e militari. Politicamente, ha il compito di promuovere i valori occidentali e soluzioni diplomatiche per conflitti e problemi situati nella sua area di competenza (coincidente con Europa e America settentrionale). È inoltre un’alleanza vincolante, mentre la Sco, che si basa sul principio del partenariato, è molto più fluida.

L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stata costruita sulle ceneri dello Shanghai Five, un gruppo fondato nel 1996 che aveva la funzione di rafforzare la fiducia reciproca tra le nazioni partecipanti (Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan) per giungere ad una demilitarizzazione dei confini reciproci. L’adesione dell’Uzbekistan, nel 2001, comportò la nascita dell’organizzazione che conosciamo oggi ed una progressiva espansione delle sue funzioni. In una prima fase, questo soggetto si occupò di lottare contro il terrorismo, il separatismo e l’estremismo in Asia Centrale. Negli ultimi anni gli Stati membri hanno condotto esercitazioni militari congiunte in materia di sicurezza ed anti-terrorismo.

Dialogo, occhi e sottomarini

Detto della Sco, tre sono le altre alleanze militari extra europee degne di nota: il Quad, i Five Eyes e l’Aukus. Il Quad è un’alleanza strategica informale che vede la partecipazione di Australia, Giappone, India e Stati Uniti. La sua funzione primaria consiste nel contenere l’espansione della Cina nell’Indo-Pacifico attraverso la cooperazione interstatale, l’organizzazione di incontri periodici tra le parti e lo svolgimento di esercitazioni militari congiunte. Il tallone d’Achille di questo gruppo è l’assenza di un obiettivo dichiarato da parte dei membri, al punto che l’appartenenza al Quad rischia di essere più simbolica che concreta. Negli ultimi anni, tuttavia, l’obiettivo comune delle nazioni del Dialogo è diventato quello di tutelare l’apertura, la libertà e la prosperità della regione Indo-Pacifica.

Decisamente più concreti sono i Five Eyes, ovvero gli “occhi” di Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. Nata al termine della Seconda Guerra Mondiale con l’intento di monitorare le comunicazioni dell’Unione Sovietica e del blocco orientale, nel corso degli anni l’alleanza è stata declinata anche in chiave anti cinese. Emblematica, all’inizio del 2018, l’introduzione da parte dei Five Eyes di un framework di condivisione di informazioni ad hoc per contrastare la minaccia delle crescenti attività di Pechino e Mosca.

Aukus è invece l’ultima alleanza apparsa all’orizzonte (qui spiegata nel dettaglio). Comprende Australia, Regno Unito e Stati Uniti e abbraccia, in un certo senso, lo stesso obiettivo delle altre alleanze: contenere la Cina. Più nello specifico, Aukus è un patto tripartito volto alla condivisione della tecnologia militare e dell’intelligence tra i partecipanti. Uno degli obiettivi consiste nel dotare Canberra di sottomarini a propulsione nucleare grazie al trasferimento di tecnologia britannica e americana, tra cui le tecnologie di propulsione nucleare, il design dello scafo e varie armi, compresi i missili da crociera a lungo raggio.

Il jolly di Mosca

La Collective Security Treaty Organization (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, Csto) è stata creata nel 1992 ed è formata da alcuni Paesi membri della Comunità degli stati indipendenti (Cis). Si tratta di Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Federazione Russa, Tagikistan. Georgia e Azerbaigian sono uscite dal gruppo assieme all’Uzbekistan con la prospettiva di entrare nella Nato o di cooperare in altre alleanze regionali.

Il Trattato, voluto fortemente dalla Russia, sottolinea l’impegno dei partecipanti a rinunciare alla minaccia o all’uso della forza nella risoluzione delle controversie tra loro e introduce una clausola di solidarietà in base alla quale un atto di aggressione esterna nei confronti di uno dei Paesi sarebbe considerata un attacco a tutti, autorizzando contromisure comuni.

Ai firmatari è fatto divieto di partecipare ad altre alleanze militari (c’è chi fa parte della Sco, ma quell’Organizzazione, come detto, è percepita in altro modo). Dal 2002, inoltre, l’Organizzazione si è dotata di organi e di un’infrastruttura militare comune, con una forza di intervento cui tutti i Paesi membri si impegnano a contribuire. Fornisce inoltre addestramento, armi e tecnologie alle sue forze, e svolge ogni anno esercitazioni militari congiunte tra gli eserciti dei paesi membri. Se la Sco viene spesso considerata il veicolo principale di Pechino, la Csto è considerata essere una sorta di cavallo di battaglia locale di Mosca. In entrambi i casi, va da sé, con potenze di fuoco e spessore ben distanti da quelli incarnati dalla Nato.

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