Fincantieri rafforzerà con una futura fornitura di fregate Fremm al Marocco la sua collezione di vittorie in gare d’appalto dall’alto valore industriale e strategico? Quella che in Italia sarebbe vista come la chiusura di un cerchio, ovvero un’ulteriore attestazione del valore delle imbarcazioni militari realizzate dal gruppo triestino in Francia sarebbe considerata una vera e propria disfatta. Entrare come fornitore militare della marina di un Paese ritenuto da Parigi parte del suo pre-carré geopolitico e della sua sfera d’influenza culturale e storica segnalerebbe per Fincantieri e l’industria italiana un salto di qualità non indifferente. E aprirebbe un mercato giovane e rampante che offrirebbe spazi di manovra anche per la cantieristica civile.

Rabat ha già equipaggiato con una Fremm costruita dalla francese Naval Group la sua marina, ma ora sarebbe interessata a ampliare la sua dotazione con due unità di foggia italiana, ovvero in conformazione antisom. Ad attrarre il Marocco, senz’altro, la popolarità che il gruppo guidato da Giuseppe Bono sta riscontrando su scala globale dopo aver concluso, a maggio 2020, un affare con il Pentagono e vinto una commessa della U.S. Navy del valore di 5,57 miliardi di dollari. A cui, come ha ricordato Alessandro Scipione su questa testata, si stanno aggiungendo una serie di acquirenti e potenziali clienti interessati a rafforzare con navi Fincantieri le loro marine: Canada, Indonesia, Grecia, Egitto sono nella lista da tempo, oltre ovviamente alla nostra Marina Militare.

“Fincantieri, tra ordini e opzioni, ha portato sul mercato 30 navi per diverse Marine straniere oltre per quella nazionale”, dopo aver concluso con l’Indonesia un accordo per sei navi nello scorso giugno, nota StartMag; ma inserirsi in Marocco avrebbe un significato particolare. In primo luogo perché porterebbe l’azienda triestina a occupare un mercato storicamente presidiato da Naval Group, il colosso francese che è al tempo stesso partner e rivale strategico di Fincantieri. Partner, per la questione del consorzio Naviris, joint venture tra i due gruppi operativa da gennaio 2020 che sta lavorando nel quadro del progetto europeo di Difesa Permanent Structured Cooperation (Pesco) allo sviluppo della nave “comunitaria” European Patrol Corvette (Epc); rivale, perché i gruppi competono in larga parte delle gare internazionali per la fornitura di navi alle marine militari. 

Scalzare Naval Group in Marocco vorrebbe dire per Fincantieri conseguire un duplice successo: da un lato, un importante contratto con i chiari dividendi in termini di investimenti e occupazione; dall’altro, un successo morale e d’immagine nel quadro del consorzio Naviris, di cui diverrebbe di fatto il polo trainante riuscendo ad inserirsi con forza nel terreno di casa della Francia sfruttando una circostanza in cui le relazioni tra Rabat e Parigi sono tese per l’imbarazzo causato alla Francia dalle problematiche diplomatiche che il Marocco ha visto aprirsi con Spagna e Germania da maggio in avanti.

A gettare benzina sul fuoco sottolineando il rischio di una sconfitta per Parigi è stato il quotidiano La Tribune, secondo il quale “una nuova commessa al cantiere italiano, soprattutto in Marocco, non solo creerebbe scompiglio in Francia, ma sarebbe percepita come un vero e proprio schiaffo in faccia a Parigi davanti a Rabat, con cui, al momento, c’è un gelo nei rapporti”. La Tribune si fa interprete di un fastidio malcelato nella politica, nel mondo economico e nell’industria francese nei confronti del nostro Paese, percepito come un partner fondamentale e strategico ma da trattare inevitabilmente come un fratello minore. Terreno di conquista per i capitali francesi, non potenziale concorrente. Una narrazione che spesso in Italia abbiamo, acriticamente, accettato favorendo le scalate francesi ai nostri settori chiave. Salvo sorprenderci di fronte a risultati positivi come quello a cui è indirizzato Fincantieri. Che ha anche una valenza geopolitica non secondaria, aprendo all’Italia la possibilità di fare da ponte tra il Marocco e la vicina e rivale Algeria.

Anche Algeri è da tempo un’assidua acquirente dei materiali militari del gruppo triestino, oltre a rappresentare il primo contractor del nostro complesso industriale della Difesa, e nel 2011 ha acquistato da Fincantieri una portaelicotteri (la Kalaat Béni Abbès) per 420 milioni di euro. Trovarsi ad essere fornitore di due nazioni rivali, dotate di mezzi simili e dunque destinati ad annullarsi tra loro, contribuisce alla distensione aprendo ponti politici, economici, diplomatici che oggi Parigi non è più in grado di costruire. E che anche grazie alla sua industria a partecipazione pubblica oggi Roma può edificare. A patto di dare copertura politica a una vocazione economica e industriale che segue le rotte inevitabili del Mediterraneo.





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