Né in Cambogia, né negli Emirati Arabi, dove sarebbero in corso lavori sospetti rispettivamente nei pressi della Ream Naval Base e non distante dal porto di Abu Dhabi. Tanto meno a Cuba, con la quale esisterebbe un accordo, sì, ma riguardante la costruzione di una struttura di intercettazione elettronica. La Cina potrebbe costruire la sua seconda base militare all’estero nello Sri Lanka, nazione in cima alla lista dei Paesi che potrebbero ospitare un sito navale di Pechino da qui ai prossimi anni.
Lo sostiene una valutazione del progetto di ricerca AidData della William & Mary University della Virginia, che parla nello specifico del porto di Hambantota come punto caldissimo, dati i 2,19 miliardi di dollari che il Dragone ha investito in loco, tra lavori di ammodernamento e varie ristrutturazioni. Altri siti in Guinea Equatoriale, Pakistan e Camerun sono invece considerati come mete plausibili, ma soltanto nell’arco di un range temporale compreso tra i due e i cinque anni.
“Il più grande investimento portuale della Cina si trova ad Hambantota. Pechino esercita il controllo diretto sulla struttura”, ha sottolineato AidData. Tra i fattori che rendono l’ipotesi concreta troviamo la posizione strategica del porto, la popolarità della stessa Cina tra le élite e la popolazione locale, nonché il generale allineamento dello Sri Lanka con la Repubblica Popolare Cinese, anche nel voto all’Assemblea delle Nazioni Unite.
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Il porto di Hambantota
I leader di Colombo hanno detto che non permetteranno che il porto di Hambantota possa ospitare forze armate straniere. La realtà dice però che Pechino sta continuando a rafforzare la sua presa in Sri lanka, dopo aver ottenuto un accordo per costruire, gestire e trasferire un centro di stoccaggio all’interno dello stesso.
La China Merchants Port Holding Company (Cmph) avrà una partecipazione dell’85% nel suddetto magazzino e lo gestirà per 50 anni. Cmph detiene già una partecipazione dell’85% nel Colombo International Container Terminal e pure il richiamato porto di Hambantota, con un contratto di locazione di 99 anni e una partecipazione, anche qui, pari all’85%.
“Hambantota è il nostro miglior candidato per una futura base”, si legge in ogni caso nel report AidData, che nella sua ricerca ha poi aggiunto altri particolari interessanti. Come il fatto che la Cina potrebbe puntare a piazzare una base a Gwadar, in Pakistan, visti gli stretti legami delle due nazioni, o a Bata, nella Guinea Equatoriale. Quest’ultimo luogo, tra l’altro, è considerato il secondo posto più probabile per ospitare la prossima base navale cinese, anche grazie ai 659 milioni di dollari che Pechino ha investito in loco).
Non solo Sri Lanka
Nonostante le frequenti speculazioni sulle basi cinesi in cantiere, Pechino ha fin qui realizzato soltanto una base militare all’estero, nella nazione dell’Africa orientale di Gibuti, per la quale il Dragone avrebbe investito circa 466 milioni di dollari dal 2000 al 2021.
Eppure il Pentagono ha sollevato la preoccupazione che il governo cinese starebbe prendendo in considerazione di inaugurare più strutture logistico-militari all’estero, in località quali Thailandia, Indonesia e Pakistan. Gli Stati Uniti hanno anche identificato una struttura militare in Cambogia che per Washington potrebbe essere la prima base d’oltremare della Cina nella regione indo-pacifica, eventualità che il governo di Phnom Penh ha tuttavia ripetutamente negato.
Qualche mese fa, dai famigerati Pentagon Leaks era tuttavia emerso un documento secondo cui la Cina starebbe perseguendo un’ambiziosa strategia militare globale che prevedrebbe, da qui al 2030, la creazione di almeno cinque basi all’estero e dieci siti di supporto logistico. Il file presentava anche una mappa che delineava altre strutture pianificate in diverse regioni, tra cui Medio Oriente, Sud-est asiatico e Africa.