È trascorso quasi un decennio da quando il presidente Xi Jinping incaricò i vertici dell’Esercito Popolare di Liberazione (Pla) di elaborare una “dottrina militare” che potesse farsi forte di nuovi sistemi, equipaggiamenti, strategie e tattiche per “condurre” nuovi tipo di conflitti, come la “guerra dell’informazione”. Una branca della guerra – se così la si può chiamare – che negli ultimi anni si è resa nuova vecchia arma come dai tempi della Guerra fredda aveva cessato di essere, nella conduzione dei conflitti ibridi, o come strumento di propaganda utile a preparare il campo in un settore designato per nuove operazioni o con particolari obiettivi di interesse strategico da perseguire.
Tale sforzo si è concretizzato negli anni con l’istituzione della cosiddetta Forza di supporto strategico del Pla. Una particolare branca dell’esercito cinese che al pari degli omologhi occidentali avrebbe dovuto supervisionare i nuovi campi di battaglia del futuro qual spazio, cyberspazio, comunicazioni e la guerra psicologica di cui non si sentiva parlare da tempo, almeno in Occidente.
A distanza di quasi un decennio questa nuova entità viene percepita con una certa preoccupazione dal Pentagono e dagli organi di Difesa (pensiamo agli altri metri dei Five Eyes, ndr) che sono impegnati nell’arginare o più diplomaticamente monitorare l’espansione commerciale e militare della Repubblica Popolare Cinese al di fuori dei confini che l’Alleanza Atlantica e i suoi partner avevano sempre previsto e concesso.
Dalla difesa territoriale agli orizzonti “espansi”
Le riforme che hanno apportato cambiamenti sostanziali sono maturate proprio nel momento in cui Pechino ha cambiato pagina, cercando di passare dalla semplice difesa territoriale, e al controllo interno ai suoi confini storici, per estendere la propria proiezione di potenza e proteggere i propri interessi nel quadro delle nuove ambizioni e di quelle “frontiere strategiche” che sono appunto considerate lo spazio, il cyberspazio dell’informazione, di mari e le rotte commerciali che li attraversano.
Per comprendere i nuovi ruoli strategici della Forza di supporto strategico, che viene approvata con l’acronimo di Ssf e si dirama in sezioni del programma spaziale cinese, ad esempio nella gestione dei segnali di telemetria dei vettori spaziali, a quelle destinate a condurre la guerra informatica, elettronica, e succitata guerra psicologica, tutti compiti di norma assegnati alle divisioni di intelligence ai servizi di spionaggio, nel caso cinese al misterioso Guoanbu.
Da quanto è “riconosciuto”, attualmente la Ssf manterrebbe una presenza in quattro avamposti noti: Argentina, Pakistan, Kenya e Namibia. Tutti hub avanzati che gestiscono stazioni di tracciamento e telemetria per il programma spaziale militare cinese. A questi i funzionari delle intelligence occidentali, associano anche una “stazione di intercettazione” localizzata sull’isola di Cuba. Le immagini satellitari “suggeriscono” in oltre la presenza di un’infrastruttura di “intelligence” per la ricezioni invio dei comunicazioni sulle famose isole artificiali militarizzate stabilite sulle barriere coralline nel Mar Cinese Meridionale. Se un tempo la proiezione di potenza di una Nazione avveniva solo per mezzo di vettori da battaglia come sottomarini e portaerei – che comunque Pechino sta cercando di varare in quantità sufficiente da accorciare le distanza con gli Stati Uniti – adesso passa soprattuto per la capacità di inviare/inibire, o per usare una parola semplice “padroneggiare” i dati nel cyberspazio.
Importante ricordare come alle Forza di supporto strategico siano affidate “capacità di ricognizione tecnica a supporto delle operazioni” ma non capacità di intelligence a supporto del processo decisionale strategico che invece spetta ai vertici convenzionali.
Cosa dovremmo aspettarci dai cyber-soldati di Pechino?
È difficile, come si può presupporre, immaginare i veri obiettivi primari dei cyber-soldati di Pechino, che agiscono all’interno di un campo di battaglia ancora poco conosciuto, dove tutti gli eserciti delle maggiori Potenze globali stanno muovendo i primi passi, il cyberspazio.
Ciò che risultata già evidente, è quanto la Cina sia determinata a diventare una potenza leader su tutti i livelli, e quanto sia stata operosa nel cercare di conseguire questo traguardo percorrendo due vie: la vecchia via, che si fonda sugli asset convenzionali di proiezione di potenza come i vettori navali che hanno fatto dei sottomarini e delle portaerei un’arma fondamentale e le basi avanzate che sono necessarie al loro dispiegamento e approvvigionamento; e la appunto nuova via che punta all’ottenimento della padronanza nella gestione dei dati concedendole la capacità di interferire attraverso di essi.
Chi può impedire il flusso di dati nei conflitti del futuro possiede di fatto una risorsa strategica inimmaginabile in una guerra combattuta nell’era in le principali vulnerabilità di un apparato di difese/offesa all’avanguardia potrebbero dipendere proprio dalla violazione di un sistemi informatici che “tira giù le linee” rendendo impossibile la cooperazione o anche la semplice comunicazione tra le parti.
Questa capacità, affidata in larga parte alle Forze di Supporto Strategico cinese, tenderà a specializzare le divisioni di cyber-soldati nel “paralizzare il sistema di sistemi operativi del nemico” e all’occorrenza “sabotare il sistema di sistemi di comando di guerra del nemico” nelle fasi iniziali del conflitto.
Una tattica fondamentale nella dottrina che studia a tavolino gli scenari dei nuovi conflitti ipotetici. E che ha dato il suo riscontro, anche se in piccola parte, giù sul campi di battaglia ucraini. La padronanza del campo di battaglia cibernetico secondo il leader Xi Jingping deve necessariamente passare attraverso lo sviluppo di piattaforme e sistemi incentrati sull’Intelligenza Artificiale. In questo campo la Cina sembra decisamente orientata a fare affidamento su tutte le nuove tecnologie all’avanguardia che possono servire ad accorciare le distanza tra la superiorità stabilita dagli Stati Uniti nella regione dell’Indo-Pacifico, e quella desiderata dal Dragone in ascesa.
Per tali ragioni, e già da diversi anni, il Pentagono suggerisce a tutti i principali partner strategici degli Stati Uniti – si tratti di enti governativi o di semplici istituti di ricerca che hanno accesso a dati particolarmente “sensibili” – di applicare la massima cautela nel collaborare con ricercatori cinesi nei settori che riguardano le comunicazioni, e in quelli che sviluppano l’Intelligenza artificiale; e perché l’Ai può avere applicazione nel settore militare, e perché potrebbero verificarsi casi di spionaggio industriale e potrebbe un giorno essere “sfruttato” nella guerra che si combatte nel cosiddetto “quinto dominio“: il nuovo campo di battaglia cibernetico che si aggiunge a terra, mare, cielo e spazio.