Un sottomarino per realizzare missioni subacquee segrete ed effettuare eventuali attacchi preventivi di precisione. Un altro sommergibile, invece, con tutte le capacità aggiornate e necessarie per intraprendere operazioni di guerra sui fondali marini.

Le acque dell’Indo-Pacifico si arricchiranno di due nuovi giganti dei mari. Il primo si chiama ROKS Ahn Mu, è un colosso da 3.000 tonnellate ed è appena stato sviluppato dall’industria di Seoul per consentire alla Corea del Sud di avere un jolly in più da giocare contro la minaccia nordcoreana. Il secondo, invece,  è un Mod VA SSW (Modified Virginia, Subsea and Seabed Warfare) della classe Virginia, che gli Stati Uniti hanno intenzione di costruire per sostituire il sottomarino spia USS Jimmy Carter in vista di un possibile testa a testa con la Cina.

Ma non è finita qui, perché, sempre parlando di sottomarini, gli Stati Uniti hanno inviato in Corea del Sud un sottomarino lanciamissili balistici a propulsione nucleare classe Ohio, in seguito ad un’intesa raggiunta dai capi di Stato dei due Paesi, Joe Biden e Yoon Suk Yeol.

Il ministero della Difesa sudcoreano ha sottolineato che questo gesto non viola la dichiarazione inter-coreana sulla denuclearizzazione risalente al 1991, in quanto quell’intesa si limita ad impegnare Seoul a non collaudare, produrre, ricevere, possedere, stoccare, schierare o utilizzare alcuna arma nucleare. “Dopo una revisione legale, siamo giunti alla conclusione che (la visita del sottomarino a propulsione nucleare) non pone alcun problema”, si legge in una nota del ministero sudcoreano. Un portavoce del Pentagono ha confermato che un sottomarino classe Ohio – il più grande sottomarino lanciamissili balistici in dotazione alla Marina militare degli Stati Uniti – si recherà in visita alla Corea del Sud nell’ambito degli accresciuti impegni di Washington a garantire la difesa strategica dell’alleato asiatico. 

In tutto questo, Taiwan ha fatto sapere che, il prossimo settembre, Taipei potrebbe varare il primo sottomarino interamente assemblato sull’isola. Il prototipo ha una lunghezza di 70 metri per 8 metri di larghezza, con un dislocamento compreso tra le 2.500 e le 3.000 tonnellate, sarà armato con 18 siluri MK 48 Mod 6 e una serie di missili Harpoon.



Un sottomarino contro Kim

Era lecito attendersi un ulteriore rafforzamento militare da parte dei principali attori della regione indopacifica anche sul fronte dei sottomarini.

Per quanto riguarda la Corea del Sud, Seoul ha fatto sapere che ROKS Ahn Mu è una risorsa “fondamentale” per il sistema Kill Chain, un sistema pensato appositamente per prevenire gli attacchi missilistici della Corea del Nord. La Defense Acquisition Program Administration (DAPA) ha affermato che il governo sudcoreano e le società di difesa hanno sviluppato il mezzo, armato di missili balistici lanciati da sottomarini (SLBM) per attacchi di precisione, in maniera indipendente. “Le sue prestazioni in combattimento, la sostenibilità operativa, la segretezza e la capacità di sopravvivenza sono state notevolmente migliorate rispetto ai sottomarini attualmente in funzione”, si legge in un comunicato della DAPA.

Come ha sottolineato NkNews, l’annuncio della Corea del Sud sul ROKS Ahn Mu è arrivato dopo che Pyongyang, negli ultimi mesi, ha rivelato diversi droni capaci di effettuare “attacchi nucleari sottomarini” e testato un nuovo missile balistico intercontinentale a combustibile solido. Minacce sempre più temibili, insomma, che richiedevano una risposta adeguata da parte di Seoul.

Il sottomarino citato, tra l’altro, può sparare SLBM da tubi di lancio verticali per attacchi di precisione su bersagli a terra ma è anche armato con missili guidati, siluri e mine che possono essere lanciati orizzontalmente.

Rispetto ai precedenti sottomarini di classe Changbogo-I e -II, il nuovo arrivato può operare in modo più nascosto, nonostante la stazza, utilizzando la tecnologia per ridurre il rumore ed è dotato di avanzati sistemi di combattimento e sonar. Infine, il sottomarino made in Korea può condurre missioni a lunga distanza in alto mare grazie al suo “sistema di propulsione airless”, e questo lo rende fondamentale per il richiamato sistema Kill Chain, al fine di prevenire i lanci di missili nordcoreani, nonché un trampolino di lancio economico per lo sviluppo di modelli analoghi da esportare.

La cerimonia di consegna del sottomarino si è svolta presso il cantiere navale Okpo di Daewoo Shipbuilding and Marine Engineering, nella città di Geoje, ma il mezzo dovrebbe essere implementato all’inizio del prossimo anno, dopo otto mesi di test operativi. 

Le mosse degli Usa

Se ROKS Ahn Mu è già pronto, il Mod VA SSW degli Usa è ancora work in progress. Asia Times ha scritto che gli Stati Uniti hanno intenzione di costruire un degno successore del loro unico sottomarino spia USS Jimmy Carter.

Naval News ha riferito che la marina statunitense si sarebbe procurata una variante spia del sottomarino d’attacco nucleare di classe Virginia, denominato, appunto, Mod VA SSW. Da quanto emerso, i lavori preliminari del cantiere navale Electric Boat di Groton, nel Connecticut, sono iniziati con un Mod VA SSW da acquistare e da inserire nel budget 2024 della US Navy, per un costo stimato di 5,1 miliardi di dollari.

Non conosciamo la maggior parte dei dettagli, ma è lecito supporre che il sottomarino possa trasportare veicoli subacquei senza equipaggio specializzati (UUV), veicoli telecomandati e sottomarini per operazioni speciali. Tra queste risorse c’è chi ipotizza la possibile inclusione dell’Orca Extra Large Unmanned Undersea Vehicle (XLUUV) e l’MK11 SEAL Delivery Vehicle (SDV).

L’Orca XLUUV è un veicolo subacqueo che può essere schierato per operazioni di sorveglianza e di guerra offensiva sul fondo marino come posamine, antisommergibile e operazioni speciali, mentre l’MK 11 SDV è in grado, tra le altre cose, di trasportare furtivamente squadre SEAL per distruggere le installazioni militari cinesi nelle remote isole del Mar Cinese Meridionale, infiltrarsi nelle basi navali nemiche e affondare navi da guerra ostili nei porti.

Come con la USS Jimmy Carter, il Mod VA SSW potrebbe essere capace di tagliare e intercettare i cavi di comunicazione in fibra ottica sottomarini. Già nel 2015, il Center for Strategic and Budgetary Assessments faceva presente che l’espansione delle infrastrutture sottomarine, inclusi i gasdotti energetici, i cavi di comunicazione sottomarini e i sensori idroacustici civili, avrebbe spinto i player globali a tenere conto di nuove forme di invasione, quando e se avrebbero dovuto pianificare una guerra sottomarina.



La Cina e la guerra dei fondali

Un’ipotetica guerra dei fondali presenterebbe sfide operative uniche. Non a caso, il sito Naval Technology ha affermato che nessun Paese è attualmente ben attrezzato o preparato per prendere parte ad un conflitto simile nella sua accezione moderna.

Un attacco contro i cavi Internet sottomarini, ad esempio, può avere conseguenze devastanti. Nel 2016 il Bulletin of Atomic Scientists evidenziava come la perdita di comunicazioni causata da cavi Internet sottomarini tagliati avrebbe comportato effetti letali per le comunicazioni diplomatiche o militari sensibili al fattore tempo, causato enormi perdite finanziarie – in quanto i trasferimenti di denaro sarebbero interrotti – e paralizzato altri cruciali sistemi, mentre i dati sarebbero stati reindirizzati verso nuovi cavi. Ed è qui che si materializza la figura della Cina. Il governo cinese potrebbe infatti recidere più cavi per isolare un eventuale esercito rivale dalla sua leadership nazionale, dall’intelligence e dalle informazioni dei sensori. 

È quanto capitato accidentalmente alle Isole Matsu, isolette taiwanesi situate a pochi chilometri dalle coste cinesi. Gli abitanti del posto sono rimasti letteralmente isolati dal mondo dopo che alcune navi cinesi hanno – in teoria casualmente – danneggiato i due cavi Internet sottomarini che collegano le piccole isole a Taiwan. All’improvviso, i cittadini non riuscivano più ad inviare messaggi, caricare video online, effettuare bonifici bancari o utilizzare carte di credito. L’effetto blackout, derivante dal danneggiamento di alcuni cavi, ha insomma evidenziato una vulnerabilità critica della sicurezza di Taipei, la quale non è attualmente in grado di salvaguardare le proprie comunicazioni in caso di guerra con la Cina.

Attacchi del genere, inoltre, possono essere altamente destabilizzanti a livello nucleare strategico, impedendo potenzialmente a un avversario dotato di armi nucleari di controllare e monitorare le sue armi nucleari e i suoi sistemi di allerta precoce, costringendolo a mantenere il suo arsenale nucleare in stato di massima allerta e aumentando le possibilità di un attacco rivale preventivo.

Per controllare i movimenti dei sottomarini cinesi – ma anche per monitorarli nel caso in cui tentassero di irrompere nel Pacifico e mettere la terraferma statunitense nel raggio dei loro SLBM – gli Stati Uniti fanno affidamento su una rete di idrofoni e sensori situati nel nord della Cina, nei pressi di Taiwan, vicino alle Filippine e all’Indonesia. Qualora Pechino dovesse sferrare un’offensiva sottomarina contro questa rete, Washington interpreterebbe tale mossa come una sorta di preludio ad un attacco nucleare.

Dal canto suo, tuttavia, anche il Dragone sembrerebbe essere preoccupato per la vulnerabilità dei suoi cavi di comunicazione sottomarini. Il South China Morning Post ha scritto che la Cina ha costruito due basi per salvaguardare i suoi cavi dislocati nei mari della Cina orientale e meridionale.

Pechino deve inoltre fare i conti con il patto di sicurezza stipulato tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti (AUKUS). Con Canberra che acquisterà almeno tre, o forse cinque, sottomarini a propulsione nucleare di classe Virginia dagli Usa e alla fine – insieme alla Gran Bretagna – schiererà una nuova classe di sottomarini a propulsione nucleare sviluppati congiuntamente dalle tre nazioni.

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