Il nuovo aggiornamento della Revue Nationale Strategique (rivista nazionale strategica, Rns) è stato presentato dal Presidente della Repubblica Francese il 9 Novembre scorso durante una visita a Tolone. Si tratta di un documento programmatico, con orizzonte al 2030, che servirà a guidare le politiche della difesa francese e i relativi investimenti per gli anni a venire. È importante conoscerne il contenuto non solo per capire la visione che la Francia ha del mondo, specie a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, ma anche per comprendere meglio il posizionamento internazionale ed europeo di Parigi, i suoi investimenti in ambito di difesa e il modello di esercito che intende promuovere. Sebbene alcuni dei punti di questo documento siano secretati e non appaiono nelle versione disponibile al pubblico, la Rns rimane comunque fondamentale per sapere in che modo si declina l’interesse nazionale francese in un contesto che è radicalmente mutato nell’arco di soli pochi mesi. Se la congiuntura attuale veda infuriare la guerra alle porte dell’Europa, gli ultimi anni sono stati quantomeno complicati per Macron. Il crescente sentimento anti-francese nelle ex-colonie Africane ha portato ad una profonda ristrutturazione della presenza delle truppe francesi nel Sahel, decretando la fine dell’operazione Barkhane. In ambito Ue le ambizioni di Parigi di voler creare un “Europa geopolitica” sono state vanificate da alleati restii (in primis la Germania), come attestano i fallimenti di numerosi progetti congiunti quali l’Mgcs o lo Scaf. Le relazioni atlantiche dell’Esagono, messe a dura prova dall’affaire Aukus, sono gradualmente migliorate: rimane però il fatto che l’appiattimento dell’Europa sulle posizioni Nato (e quindi americane) determinate dalla guerra in Ucraina sembra remare contro le ambizioni francesi di un Europa più unita sul piano militare e politico. In un simile contesto l’Rns assume dunque un valore particolare, poiché offre uno spaccato di come la Francia intende agire nei prossimi anni.

L’ambiente strategico

Secondo l’Rns la Francia si muove in un contesto caratterizzato da una forte competizione strategica, che ha fragilizzato l’architettura della sicurezza collettiva. La spregiudicatezza mostrata da potenze globali e regionali nell’avanzare agende revisioniste e politiche militari dettate dall’opportunismo si coniuga infatti con una diffusa tendenza al ripiegamento isolazionistico o identitario. Gli effetti di strategie aggressive che coniugano mezzi militari e non militari, dell’intimidazione, della minaccia (perfino nucleare) e della manipolazione dell’informazione sono stati così palesati dalla guerra in Ucraina. In questo quadro emerge chiaramente la natura ibrida dello “scontro strategico” fra potenze globali. Se la Rns del 2017 parlava a tal proposito di una competizione strategica, la revisione del 2022 parla apertamente di uno scontro. Gli antagonismi preesistenti si sarebbero così cristallizzati in una dinamica che vede “l’Occidente collettivo” contrapporsi alla Russia, silenziosamente spalleggiata dalla Repubblica Popolare Cinese che trae vantaggio da questa polarizzazione. La democrazie liberali stentano invece a difendere un ordine internazionale le cui stesse fondamenta sono minacciate: il diritto nazionale ed internazionale è infatti utilizzato come un’arma da regimi autoritari ed illiberali che strumentalizzano il proprio diritto o che tentano di distorcere, sfruttare a proprio vantaggio o contornare norme consolidate, facendo leva sulle vulnerabilità del sistema giuridico e giudiziario europeo e nazionale. L’Rns introduce qui il concetto di lawfare (crasi inglese delle parole law, diritto, e warfare, guerra) che fa riferimento all’uso dei sistemi e delle istituzioni legali per danneggiare o delegittimare un oppositore o per scoraggiare l’uso dei diritti legali da parte di un individuo, inserendolo a pieno titolo fra le pratiche della “guerra ibrida”.

Le sfide che attendono la Francia

Visto il contesto nel quale opera la Francia, la prima sfida è per Parigi quella di mantenere la propria autonomia strategica, che è inevitabilmente legata alla credibilità della sua capacità di dissuasione nucleare. Se questo è un tema ricorrente nella dottrina francese, la volontà di “concretizzare la sovranità europea” costituisce un elementi di – relativa – novità. Non è infatti un mistero che l’Esagono punti allo sviluppo di una cultura della difesa comune in seno all’Unione, ma per la prima volta si legge in un documento ufficiale che l’Ue deve essere in grado di garantire la propria sicurezza a fronte di potenziali aggressioni. Per questo motivo Macron spinge per un’Europa che sia un vero e proprio “attore geopolitico”. La vera novità dell’Rns è però l’elevazione del concetto di influenza a funzione strategica. “l’influenza – si legge nel testo – in tutte le sue dimensioni (diplomatica, militare, economica, culturale, sportiva, linguistica, mediatica) è un teatro di scontro che impone risposte coordinate e per tanto assurge al ruolo di funzione strategica”. Per Parigi è essenziale promuovere e difendere i propri interessi e valori, veicolandoli attraverso tutti gli strumenti di cui dispone. L’influenza è quindi quello che si definirebbe soft power, ma calato in una dinamica di forte competizione internazionale. La sua elevazione a funzione strategica è fortemente simbolica, e il velato riferimento alle campagne di disinformazione condotte da attori quali la Russia e la Cina in Africa è evidente. Macron vorrebbe una Francia più proattiva e meno reattiva, capace di veicolare un’immagine di sé positiva nel resto del mondo. L’Rns del 2022 assurge in questo senso a presa di coscienza: finora Parigi ha sostanzialmente subito gli attacchi portati alla sua immagine, senza essere in grado di rispondervi con forza, né tantomeno di anticiparli. La sfida è allora quella di mantenere una capacità di analisi, di comprensione e di anticipazione autonoma che permetta alla Francia, in un contesto di cooperazione con i suoi partner, di agire in modo rapido ed efficace.

Gli obiettivi da perseguire

Fra i 10 obiettivi delineati dall’Rns, quello di un’economia che concorra allo “spirito della difesa” è sicuramente fra i più significativi. “L’industria francese deve poter sostenere uno sforzo bellico sul lungo termine” si legge nel documento programmatico. Lo stato deve riservarsi in questo senso un potere decisionale esclusivo che gli permetta di imporre delle priorità nel mercato interno. Non solo: deve costituire degli stock strategici, rilocalizzare le catene produttive più sensibili e diversificare i suoi fornitori. Si deve cioè preparare per un economia di guerra che permetta di ridurre i tempi di produzione, anche se a scapito del potenziale tecnologico dell’armamento. Questo punto nasce dall’osservazione della guerra in Ucraina, dove un blindato dura in media non più di due settimane. La ratio è quindi quella di essere in grado di aumentare rapidamente la produzione di armamenti, anche se ciò significa ridurre il livello tecnologico di questi. In un’ottica di una guerra ad alta intensità (cioè una guerra frontale inter-statale) se la tecnologia può fare la differenza, bisogna anche tenere in conto il “numero”. Quest’ottica industriale è radicalmente diversa da quella adottata dalla Francia negli anni passati. L’operazione Barkhane, ad esempio, riposava proprio sul principio della forza soverchiante in cui la tecnologia bellica aveva un ruolo di prim’ordine. In contesti in cui gli avversari non dispongono di elevate capacità tecnologiche (si pensi al Sahel), pochi mezzi molto performanti possono fare la differenza sul campo. In uno scontro frontale fra stati, la tecnologia mantiene la sua importanza, ma solo se è spalleggiata dal numero.

Un altro obiettivo prioritario pe la Francia è quello di sviluppare una resilienza in ambito cyber fra le migliori d’Europa. Riconosciuta la crescente ibridità dei conflitti, la dimensione cyber assume un ruolo fondamentale nella sicurezza della Francia e pertanto si impegna a migliorarne le capacità. Si tratta però in questo caso di un “wishful thinking”, giacché Parigi non può reggere, almeno per il momento, il confronto con avversari quali la Cina che hanno un vantaggio comparativo abissale in questo campo. Appare invece più realistico l’obiettivo di porsi come motore dell’autonomia strategica dell’Europa. Forte del suo ruolo di potenza nucleare, di membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di paese con una cultura della difesa ben radicata, in un contesto come quello attuale potrebbe in effetti federare i diversi stati membri dell’Ue, partendo dal presupposto che gli eserciti europei sono “complementari”, come affermato dallo stesso Macron.

L’obiettivo più ambizioso per il 2030, declinato in due punti nell’Rns, è però quello di avere un esercito che sia in grado di agire sia in ambito ibrido sia in contesti di scontro ad alta intensità. Raggiungere tale scopo significa infatti ristrutturare radicalmente il modello delle forze armate francesi, passando da un esercito “di spedizione” ad uno in grado di sostenere uno sforzo frontale prolungato nel tempo. Il modello “expéditionnaire” francese puntava infatti sulla capacità di dispiegare rapidamente un numero ridotto di soldati professionisti in teatri esteri. Questa capacità non verrà abbandonata, ma dovrà essere integrata in seno ad un modello più complesso e strutturato che permetta alle forze armate francesi di reggere un confitto inter-statale. Significa quindi rafforzare ed efficientare il sistema della riserva militare, aumentare il numero di soldati professionisti, investire in risorse umane e tecnologiche. In Francia si parlava già da tempo di una ristrutturazione del modello di esercito, ma la Rns, inserendolo fra gli obiettivi per il 2030, compie un passo in avanti significativo. Al momento non ci sono ancora indicazioni precise sulle comande di materiali o sugli investimenti futuri in ambito della difesa: bisognerà infatti attendere la “legge di programmazione militare 2024-2030”, che andrà a sostituirsi a quella del 2019-2025. Visti però i cambiamenti epocali che preannuncia l’implementazione di questo obiettivo, è lecito aspettarsi un congruo aumento della spesa francese, trainato proprio dalla difesa.

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