Il Giappone ha annunciato il suo più grande rafforzamento militare dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Tokyo ha alzato il sipario su una nuova strategia di sicurezza dal valore di 320 miliardi di dollari, volta a delineare piani aggiornati per le sue forze di autodifesa e incrementare le capacità di contrattacco nazionali in risposta alle minacce rappresentante da Cina, Russia e Corea del Nord.

Ebbene, proprio la Corea del Nord ha reagito stizzita agli annuncio del premier nipponico Fumio Kishida. Pyongyang ha condannato il potenziamento militare pianificato dal Giappone e ha promesso di reagire contro quella che ha descritto come una “scelta sbagliata e pericolosa”.

La road map quinquennale abbozzata dal governo giapponese trasformerà il Paese nel terzo più grande investitore militare al mondo alle spalle di Stati Uniti e la Cina. Una simile prospettiva non piace affatto a Kim Jong Un. E non è un caso che un portavoce del Ministero degli Esteri nordcoreano abbia definito la strategia nipponica una “nuova politica di aggressione” che potrebbe cambiare radicalmente il contesto di sicurezza dell’Asia orientale.

Le preoccupazioni della Corea del Nord

“Il Giappone sta causando una grave crisi di sicurezza nella Penisola coreana e nell’Asia orientale, adottando una nuova strategia di sicurezza che ammette a tutti gli effetti l’attacco preventivo contro Paesi terzi” si legge in una nota del Ministero degli Esteri della Corea del Nord, diffusa dalla Korean Central News Agency. La parte più preoccupante è tuttavia racchiusa nel finale, dove Pyongyang minaccia non meglio specificate azioni in risposta al riarmo giapponese per difendere i propri interessi.

“Chiariamo ancora una volta che abbiamo il diritto di assumere azioni militari ardite e decisive per proteggere i nostri diritti fondamentali”, fanno sapere dal Nord, e che “il Giappone comprenderà molto presto di aver compiuto con leggerezza una scelta chiaramente sbagliata e molto pericolosa”. Ma la Corea ha accusato anche gli Stati Uniti, nello specifico di “esaltare e istigare il piano di riarmo e reinvasione del Giappone”.

In attesa di capire se queste parole saranno seguite da fatti concreti, c’è il rischio che Kim possa fare leva sul rafforzamento militare di Tokyo – ai suoi occhi una vera e propria minaccia – per incentivare, o accelerare, il numero di test missilistici. Ricordiamo, infatti, che gli sforzi della Corea del Nord per migliorare le proprie capacità militari hanno incluso, nel corso del 2022, un numero record di lanci di missili balistici. Inclusi missili in grado di trasportare carichi nucleari che potrebbero, almeno sulla carta, raggiungere la terraferma degli Stati Uniti, nonché gli alleati statunitensi Corea del Sud e Giappone.

La scelta del Giappone

Come accade anche in altri Paesi asiatici, i sentimenti anti giapponesi sono ancora profondi nella Corea del Nord. E questo a causa delle atrocità commesse dal Giappone in tempo di guerra. La penisola coreana è stata sotto il dominio coloniale giapponese dal 1910 al 1945, prima di essere divisa in una Corea del Sud capitalista, sostenuta dagli Stati Uniti, e in una Corea del Nord socialista, sostenuta da sovietici e cinesi.

I media statali nordcoreani criticano regolarmente il passato coloniale giapponese. In un recente comunicato, Pyongyang ha definito il Giappone “uno stato criminale di guerra che ha inflitto indicibili disgrazie e sofferenze al popolo coreano”.

Dal canto suo, il Giappone, fedele alleato statunitense in Asia, prosegue dritto sulla sua strada lasciando perdere il passato (con il quale ritiene di aver già fatto i conti). Tokyo considera la Cina una minaccia sistemica, con la quale tuttavia dover fare i conti in ambito economico. Ma dietro a Pechino ecco spuntare l’ombra dei missili di Kim e, dallo scoppio della guerra in Ucraina, pure la Russia di Putin. Kishida si trova in una situazione delicatissima. Sa che non agire sarebbe rischioso quanto agire con troppa durezza.

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