Lo hanno ribattezzato “drago volante” perché, proprio come la bestia mitologica, è in grado di volare e, allo stesso tempo, di incutere timore ai nemici. Il Guizhou WZ-7 non sputa però “fuoco”, né proiettili né ovviamente il fuoco in senso figurato. Si tratta di un drone cinese di tipo HALE (High-Altitude Long Endurance) da ricognizione ad alta quota a lunga durata, progettato dalla Chengdu Aircraft Industry Group e costruito dalla Guizhou Aircraft Industry Corporation.

Ebbene, il WZ-7 Soaring Dragon è stato richiamato dal Lhasa Gonggar Airport e schierato dall’Esercito Popolare di Liberazione cinese presso l’aeroporto di Shigatse, in Tibet, non distante dal confine contesto con l’India.

Dopo i recenti scontri tra le forze armate cinesi e indiane avvenute nel settore di Twang, all’ombra dell’Himalaya, Pechino ha spostato il suo “drago volante” vicino all’epicentro dell’azione, mentre Delhi, in tutta risposta, ha mosso gli aerei da guerra Su-30 e Rafale.

Più nello specifico, il WZ-7 cinese avrebbe fatto vari tentativi per avvicinarsi alla LAC (Line of Actual Control), e cioè alla linea che de facto segna il confine tra Cina e India. L’Indian Air Force ha subito fatto decollare i suoi jet per impedire agli UAV nemici di entrare in aree sensibili, in quanto capaci di trasportare comunicazioni di combattimento avanzate e utilizzare dispositivi di disturbo elettronico.



Il “drago volante” cinese

Alla fine, almeno in alta quota, non ci sono stati scontri di alcun tipo. La mossa cinese offre tuttavia diversi spunti interessanti. Intanto, il WZ-7 è uno dei più grandi droni da ricognizione al mondo, funzionalmente ed esteticamente paragonabile allo statunitense Northrop Grumman RQ-4 Global Hawk.

È inoltre in grado di volare a 59mila piedi come un jet da combattimento, ha un raggio operativo di 7mila chilometri nonché un’autonomia di una decina di ore, e può coprire vaste distanze in tutta rapidità grazie all’uso del motore a turbogetto.

La sua funzione principale è la ricognizione aerea ma può anche essere impiegato per fornire dati di mira per missili da crociera e missili balistici anti nave.

La mossa della Cina

Secondo quanto riportato da vari esperti, i droni cinesi presenti nelle basi aeree limitrofe al confine sino-indiano migliorerebbero in maniera evidente le capacità ISR, ovvero Intelligence, surveillance e reconnaissance, di guerra elettronica e le capacità d’attacco dell’esercito di Pechino.

In ogni caso, la Cina utilizza droni da molto tempo e il loro impiego non può affatto essere considerato una novità. La loro comparsa in una base aerea militare chiave, tanto più in seguito agli scontri corpo a corpo tra i militari indiani e cinesi, indica tuttavia che la Cina si aspettava probabilmente un’escalation con la controparte indiana,

L’immagine diffusa da Planet Labs, evidenziata da Eurasiantimes, mostra dieci jet, apparentemente caccia J-16, un Airborne Early Warning (AEW), un drone, presumibilmente il CH-7, e un altro UAV, il WZ-7 appunto, dispiegati in una base cinese.

Se gli analisti ritengono che gli UAV in questione non possano aumentare la portata o la potenza di fuoco dell’aeronautica cinese, è ancora nebbia fitta sulle modalità del loro possibile impiego da parte della Cina. Data l’attenzione cinese nella guerra nello spettro elettromagnetico, è lecito supporre che i droni ad alta quota possano essere stati schierati, in attesa di un loro impiego per impattare le comunicazioni militari e onde radio indiane. Per l’India, capire il possibile, futuro, ruolo dei “dragoni volanti” cinesi è di fondamentale importanza.

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