Israele sta cercando modalità per interrompere i collegamenti aerei tra Iran e Siria che vengono utilizzati da Teheran per rifornire Hezbollah in Libano (e si presuppone gli stessi pasdaran presenti in Siria) di sistemi d’arma.
Secondo fonti della Difesa di Tel Aviv riportate da Breaking Defense, verrà presa “ogni misura” per fermare i voli. Altre fonti hanno confermato questa volontà israeliana specificando che la problematica sarà affrontata in futuro sia con mezzi cinetici che quelli non cinetici.
Israele sta conducendo da anni una “guerra ombra” – solo perché non formalmente dichiarata, ma del resto dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale nessuno ha più consegnato dichiarazioni di guerra – per contrastare l’appoggio militare iraniano a Hezbollah in Libano e alle milizie filosciite in Siria, con incursioni aeree e altre attività terrestri.
A seguito di un aumento degli attacchi israeliani contro le spedizioni via terra, l’Iran ha iniziato a utilizzare i collegamenti aerei per far affluire i rifornimenti. Qualcosa che si è già visto in passato, attraverso compagnie aeree come la Fars Air Qeshm, gestita dai pasdaran, che facevano la spola tra Teheran e Damasco.
Secondo Tel Aviv la rinnovata amicizia dell’Iran con la Russia, dettata dalle esigenze belliche di Mosca, sembra aver rilanciato i voli da Teheran verso Damasco. Il Cremlino ha infatti sempre mal sopportato il palese sostegno iraniano alle milizie filosciite in Siria, in quanto ha innescato la reazione militare israeliana: quando c’è stato l’abbattimento dell’aereo spia russo Il-20M a settembre 2018, per opera di un errore della difesa aerea siriana allertata dall’ennesimo raid dell’aviazione di Tel Aviv, tra i due Paesi è stato concordato un meccanismo di de-escalation e soprattutto si è assistito a un rallentamento dei rifornimenti iraniani diretti in Siria.
Ora, grazie ai maggiori legami tra Teheran e Mosca, sembra che l’Iran senta di avere mano più libera nell’usare lo scalo di Damasco per inviare armamenti, accettando nel contempo il rischio di un’eventuale ulteriore reazione israeliana.
Fonti israeliane affermano che il numero di convogli di terra è diminuito negli ultimi mesi a seguito di una maggiore attenzione da parte di Israele nel colpirli, mentre sono aumentati i voli utilizzanti i soliti Boeing 747 usati dalla Fars Air Qeshm e dalla Mahan Air. La Fars Air è strettamente collegata alla Mahan Air, entrambe sotto embargo: risulta che dipendenti della Mahan occupino posizioni dirigenziali presso Fars Air e la stessa Mahan Air le fornisca supporto tecnico e operativo, facilitandone le operazioni illecite. Sappiamo che i piloti della Mahan non sono pubblicamente affiliati al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc nel loro acronimo anglosassone), ma è molto probabile che alcuni dei piloti appartengano formalmente alle Irgc e siano in “prestito” alla compagnia; inoltre è possibile che alcuni dei piloti non appartengano ai pasdaran ma che “chiudano un occhio” sulle spedizioni di armi e sulla gestione delle Irgc.
Israele quindi, proprio perché Mosca sta sdoganando Teheran grazie alle necessità imposte dalla guerra in Ucraina, sta elaborando piani per cercare di interrompere i rifornimenti via aerea diretti in Siria. L’approccio più diretto, quello di colpire gli aerei mentre sono a terra, sembra essere escluso in quanto, come riferiscono le fonti della Difesa israeliana, attaccare un aereo da carico civile in un aeroporto civile avrebbe gravi conseguenze per Israele. Invece si sta avanzando la possibilità di usare altre misure di attacco indiretto. Tra di esse ci potrebbe essere un raid sulla pista dell’aeroporto di Damasco, ma l’attacco non eliminerebbe il problema in quanto i danni verrebbero riparati dopo pochi giorni. Tuttavia ancora Breaking Defense riferisce che questo tipo di azione è stata progettata per essere un avvertimento.
Un ex alto ufficiale dell’aeronautica militare israeliana ha affermato che si potrebbe ricorrere a un attacco informatico, che potenzialmente interromperebbe i sistemi di navigazione e di controllo dell’aeroporto. Israele dispone di unità miste (militari/civili) in grado di effettuare attacchi cyber molto efficaci, come dimostrato da quello effettuato all’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, in Iran, avvenuto per la prima volta nel 2009.
Secondo Iran International, un sito web gestito da Londra dagli oppositori del regime iraniano, fonti dell’intelligence occidentale affermano che Caspian Air e Fars Air Qeshm hanno entrambe smesso di volare in Siria dopo gli ultimi attacchi israeliani su Damasco, lasciando Mahan Air come unica compagnia aerea iraniana a inviare rifornimenti, con un rateo di voli che è aumentato del 30% rispetto al solito.
Il problema di un attacco cinetico, come il bombardamento dell’aeroporto di Damasco, è duplice: dal punto di vista politico, la messa fuori uso di uno scalo civile dopo un pesante raid aereo darebbe sponda alla propaganda anti-israeliana, e condannerebbe Tel Aviv agli occhi del mondo, dal punto di vista strettamente militare non eliminerebbe i voli in quanto essi proseguirebbero su altri scali come quello di Aleppo.
Di abbattere gli aerei in volo non se ne parla, in quanto sarebbe un fatto ancora più grave rispetto al bombardamento di un aeroporto, pertanto l’attività nel campo non cinetico risulta l’unica realmente percorribile, sebbene un attacco cyber, per quanto pesante, avrebbe l’unico effetto di ritardare le consegne, non di cancellarle una volta per tutte.
A Tel Aviv, non potendo contare su altri sistemi non cinetici di eliminazione della minaccia, non resta quindi che proseguire con la campagna di interdizione dei rifornimenti a terra per avere la sicurezza che essi vengano effettivamente eliminati, e dati i nuovi rapporti tra Mosca e Teheran, che hanno portato al nocumento di quelli russo-israeliani, non è escluso che si inaugurerà presto una nuova più cruenta fase di quella “guerra ombra” che da anni oppone Israele all’Iran.