L’Australia si blinda e conferma come quanto sta accadendo nell’Indo-Pacifico non riguarda affatto “solo” Taiwan, ma tutta la regione. Per l’anno fiscale 2023, il governo di Canberra ha proposto di aumentare il bilancio della Difesa a circa 30 miliardi di dollari americani. Una cifra che, come ricordato da agenzia Nova, equivale al 6,3% dell’intero budget per la spesa pubblica.

Per l’esecutivo australiano si tratta di un aumento della spesa militare rispetto a quello previsto nell’ottobre dell’anno scorso. Attualmente, il budget per la difesa equivale al 2,04% del prodotto interno lordo. E, come è probabile, difficilmente questa tendenza all’aumento subirà una contrizione, visto che la regione del Pacifico, a causa delle frizioni con la Cina e l’impegno degli Stati Uniti, è destinata a essere al centro di continue tensioni. Una fase in cui l’Australia sta assumendo un ruolo sempre più importante anche alla luce dell’interesse di Washington a essere sostenuta nel confronto con Pechino proprio dai maggiori alleati nell’area.

La conferma di questa evoluzione strategica dell’Australia, d’altronde, si era già avuta con l’avvio del programma per l’acquisizione di sottomarini nucleari. L’accordo siglato da Australia, Regno Unito e Stati Uniti e passato alle cronache con l’acronimo Aukus, ha un costo di quasi 250 miliardi di dollari. Non a caso, come riporta Nikkei Asia, l’ultimo budget per la Difesa prevede 4,5 miliardi di dollari australiani nei prossimi 10 anni che serviranno soltanto ad avviare i primi passi nell’acquisizione di questa nuova capacità militare. Tra i vari capitoli dell’accordo presentato nella base di Point Loma dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro australiano Anthony Albanese e il premier britannico Rishi Sunak, è prevista la creazione di una nuova classe di sottomarini per il 2040 e l’acquisto di cinque sottomarini classe Virginia da parte di Canberra.

Oltre all’affaire Aukus, fondamentale per la spesa militare complessiva dell’Australia, il Paese vuole però fare un passo in avanti anche su altri segmenti del proprio arsenale. Canberra vuole aumentare le capacità missilistiche – solo di un mese fa la notizia dell’acquisto di 220 missili Tomahawk -, vuole completare la sua flotta di caccia F-35A, di cui ne ha ordinati 72 esemplari, si parla di un maggiore numero di carri armati Abrams in dotazione al suo esercito, e il governo punta sul dispiegamento dei bombardieri strategici Usa nella parte settentrionale del continente. Se questi sono gli obiettivi, il portale Breaking Defense sottolinea però un grosso deficit della Difesa di Canberra: i numeri del personale. Le forze armate australiane stanno facendo il possibile per rafforzare il reclutamento ed evitare la dispersione degli uomini, ma i numeri degli ultimi anni confermano una riduzione di migliaia di unità.

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