Nobuo Kishi, attuale ministro della Difesa giapponese, durante il suo discorso alla sottocommissione per la difesa e la sicurezza del Parlamento Europeo, ha detto che Tokyo vorrebbe maggior presenza militare dell’Ue nella regione asiatica per contrastare la Cina.
Il 17 giugno, a Bruxelles, Kishi ha esposto quelle che sono le preoccupazioni giapponesi per quanto sta avvenendo nella regione dell’Estremo Oriente: stante il fatto che circa il 30% del commercio mondiale e il 40% delle esportazioni europee passano attraverso il Mar Cinese Meridionale, il ministro ha evidenziato come la militarizzazione in corso di quello specchio d’acqua da parte della Cina e i suoi tentativi di cambiare la status quo attraverso strumenti coercitivi, rappresentino una “preoccupazione crescente” sia per il Giappone che per l’Ue. La necessità di garantire la libertà di navigazione e di sorvolo oltre a quella di assicurare che le rotte marittima siano sicure, sta diventando urgente ed è compito della comunità internazionale.
Sulla base dell’accordo di partenariato strategico e della strategia dell’Ue per la cooperazione nell’Indopacifico, il Giappone intende sviluppare ulteriormente le sue relazioni con l’Unione vista ora come partner strategico per stabilire congiuntamente la pace, la sicurezza e la stabilità nell’area e anche oltre. Il ministro Kishi ha ricordato come questa cooperazione militare sia già una realtà portando ad esempio l’attività di antipirateria al largo della Somalia nel Golfo di Aden o le esercitazioni tenute con singoli paesi dell’Ue nella regione asiatica, come ad esempio quelle effettuate con la Francia e i Paesi Bassi.
Con una spesa militare annua di circa 50 miliardi di dollari, il Giappone investe in difesa quattro volte meno della Cina. Nel tentativo di contrastare la crescente presenza militare cinese e le continue violazioni dello stato di diritto nel Mar Cinese Meridionale ed in quello Orientale (e oltre), il ministro giapponese ha insistito sulla necessità dell’Ue e di altri partner che la pensano allo stesso modo di essere attivamente coinvolti nella regione indopacifica.
Non si tratta affatto di una richiesta peregrina né tanto meno inaspettata: quanto avvenuto fa seguito all’adozione da parte del Consiglio Europeo delle linee guida sulla strategia dell’Unione per la cooperazione nell’Indopacifico, approvate lo scorso aprile. Il documento riflette la crescente importanza per l’Ue di mantenere la stabilità e la sicurezza dell’intera regione, proprio per via degli interessi commerciali europei ivi presenti e per l’assertività della Cina, che sta dimostrando di voler nazionalizzare i mari (e i cieli) contigui alle sue acque territoriali, anche se posizionati a grande distanza come appunto il Mar Cinese Meridionale.
La cooperazione bilaterale in materia di sicurezza e difesa ha compiuto un importante passo avanti con l’adozione dell’accordo di partenariato strategico Giappone-Ue del 2019, che ha fornito a entrambi gli strumenti per diventare entità in grado di stabilizzare la regione e definire una strada comune in mezzo al contesto di sicurezza sempre più impegnativo della regione indopacifica.
Tokyo vuole quindi che l’Unione sia più presente e attiva, militarmente, in Estremo Oriente, in quanto si sente direttamente minacciata da Pechino anche per via dei contenziosi territoriali riguardanti le isole Senkaku e per il cambiamento della politica cinese, ora più aggressiva come testimonia l’approvazione del recente provvedimento di legge che permette alla Guardia Costiera di sparare su navi straniere nelle acque che ritiene essere sottoposte alla sua sovranità, come quelle dell’arcipelago conteso. Gli isolotti disabitati delle Senkaku (Diaoyu per la Cina) si trovano in acque ricche di risorse ittiche e si ritiene che vi siano anche vasti giacimenti di minerali e gas naturale. Sono in particolare le prime a fare gola a Pechino che sta agendo su diversi fronti per potersele assicurare, anche andando a toccare territori formalmente e sino ad ora incontaminati come l’Antartide.
Nell’ultimo anno, in particolare, si è visto un aumento dei pattugliamenti cinesi in quelle acque e l’approvazione della nuova legge ha alimentato la preoccupazione di Tokyo per un possibile incidente in mare: la Guardia Costiera cinese, infatti, ora potrà prendere “tutte le misure necessarie”, compreso l’uso delle armi, contro organizzazioni o individui stranieri che violano la sovranità o giurisdizione della Cina.
Tokyo, oltre al suo storico alleato americano, guarda anche all’Europa, intesa come entità politica, per cercare di aumentare la pressione sul suo rivale regionale. Non è un caso che tale appello arrivi in concomitanza con la missione in Estremo Oriente del Csg (Carrier Strike Group) della portaerei inglese Hms Queen Elizabeth, che è previsto toccherà anche i porti nipponici durante la sua prima e lunga crociera operativa.
Se però il Regno Unito, ormai al di fuori dell’Ue, sta conducendo questa missione in forza della sua rinnovata visione globale (Global Britain) e per allinearsi ulteriormente agli Stati Uniti, l’Ue ancora non ha una chiara e unica strategia in tal senso, e molto probabilmente mai l’avrà: gli interessi commerciali tra l’Unione e la Cina sono molto importanti, e il loro eventuale ridimensionamento da parte di Pechino pesa come una spada di Damocle sulla testa di Bruxelles.
Del resto, singolarmente, c’è già chi, proprio in Europa e nell’Ue, sta avviando una politica più attiva in Asia proprio per contenere la Cina e per mostrarsi come Paese di riferimento in politica estera per gli altri membri dell’Unione: la Francia. Abbiamo già avuto modo di spiegare, ampiamente, come l’Eliseo voglia – ora che Londra è fuori dai giochi continentali – prendere per sé la guida della Difesa e della postura estera dell’Ue essendosi assicurato l’appoggio, per le questioni interne ed economiche, di una potenza a vocazione continentale come la Germania. Parigi quindi potrebbe cogliere la palla al balzo e, una volta assicuratasi il voto favorevole di Berlino, dirigere l’Unione verso l’impegno militare in Estremo Oriente accogliendo le richieste di Tokyo. Come questo sarà fatto, se lo sarà, resta ancora tutto da stabilire.