Nella dottrina russa l’informazione è un terreno di scontro fra interessi e posizioni diverse, la Russia deve dotarsi degli strumenti adeguati per condurre questa guerra informazionale contro l’Occidente. Viene così messo in piedi quello che il Global Engagement Center (Gec) del Dipartimento di Stato americano definisce “ecosistema informazionale”. Si basa su cinque pilastri: comunicazione ufficiali della Federazione Russa, messaggi destinati ad un pubblico globale diffusi da organizzazioni finanziate dalla Russia, informazioni pubblicate da proxy locali che mirano ad una platea più ristretta, comunicazione sui social media e vere e proprie campagne di disinformazione che ricorrono a mezzi illeciti, come contraffazioni e pirataggio informatico. Questi strumenti si pongono in un continuum dove l’affiliazione alla Russia è di volta in volta meno visibile, fino a scomparire nel caso delle campagne di disinformazione di cui le “fattorie di troll” assurgono ad emblema. Il punto di forza di questo ecosistema è la sua versatilità, poiché si adatta molto rapidamente a contesti diversi e non richiede che i cinque strumenti delineati sopra siano coerenti fra loro nelle informazioni che diffondono. Ciascuno di questi strumenti dell’informazione ha una propria velocità e un proprio obiettivo, ma se considerati nel loro insieme contribuiscono tutti a moltiplicare la forza con cui un’informazione o un sentimento vengono veicolati al pubblico, agendo da cassa di risonanza.

I media russi in Africa

I due principali canali d’informazione, controllati da Mosca e rivolti ad un pubblico non russofono sono Russia Today e Sputnik. Il primo è stato creato nel 2005 e conta su un budget di più di 300 milioni di euro l’anno. Il secondo è stato invece creato nel 2014, in piena crisi ucraina, e ha a disposizione un budget di c.ca 100 milioni di euro annui. Entrambi i media trasmettono in diverse lingue, fra cui in francese, inglese e arabo. Sputnik Francia nasce nel 2014 seguito a stretto giro da RT Francia l’anno successivo. Se inizialmente l’Africa non è il destinatario d’eccellenza delle versioni francesi di RT e Sputnik, a partire dal 2019 entrambi i gruppi stringono numerosi accordi di cooperazione con media locali africani (fra cui l’Agenzia Ivoriana di Stampa, Aip, o la radio televisione nazionale congolese) al fine di condividere contenuti e produrre dei programmi congiunti. Sempre a partire del 2019 RT e Sputnik Francia danno anche il via a programmi di formazioni dei giovani giornalisti africani in Kenya, Zimbabwe, Congo e Costa d’Avorio. Un rapporto pubblicato dall’Istituto di Ricerche strategiche della Scuola Militare francese (Irsem) nota come a partire dal 2018, in numerosi paesi del Sahel e dell’Africa francofona (fra cui il Mali) Sputnik sia diventato il terzo media più consultato, subito dopo Radio France Internationale e France24. Sebbene sia Sputnik sia RT tendano a dipingere se stessi più come media alternativi che come organi di stampa del Cremlino, entrambi si collocano attorno al secondo pilastro dell’ecosistema informazionale russo, sono cioè media finanziati direttamente dalla Federazione Russa e rivolti ad un pubblico globale: è pertanto normale aspettarsi che i contenuti prodotti adottino un tono il più sovente neutro e non direttamente critico dell’occidente se non attraverso la voce degli esperti intervistati. Il rapporto pubblicato dall’Irsem nota altresì che i contenuti prodotti dai due giganti dell’informazione russa vengono ritrasmessi e ripresi da più di 662 “antenne” locali, cioè siti di informazioni e testate non direttamente ricollegabili al Cremlino. Più ci allontaniamo da Mosca e dai suoi organi stampa ufficiali, più i contenuti si fanno apertamente ostili nei confronti dell’occidente.

I proxy informazionali del Cremlino

Siamo ora al terzo pilastro dell’ecosistema informazionale russo: i proxy locali. Esistono fondamentalmente due tipi di media “proxy” del Cremlino. Da un lato ci sono i media rivolti ad un pubblico prevalentemente europeo che assumono la forma di siti specializzati o alternativi e che convogliano la propaganda di Mosca attraverso analisi faziose e distorte. Dall’altro ci sono invece veri o presunti media “locali” che si rivolgono ad una platea di lettori o spettatori provenienti da una precisa area geografica. Nel primo gruppo troviamo siti d’informazioni quali The Strategic Culture Foundation, Global Research, New Eastern Outlook, News Front, SouthFront, Katehon o Geopolitica.ru. Khateon, ad esempio, si configura come una sorta di think-tank e pubblica informazioni in cinque lingue diverse. Sul sito prolifera una virulenta propaganda anti-occidentale diffusa da individui che hanno un chiaro legame con Mosca e con le sue agenzie di sicurezza. Global Research è invece un sito canadese che ospita numerosi autori occidentali dalle posizioni “estremiste” o cospirazioniste. Molti di questi autori pubblicano anche su siti direttamente russi o cinesi. È invece più difficile individuare le connessioni con Mosca dei media locali del secondo gruppo. Prendiamo il caso di Afrique Media TV. Il gruppo, fondato in Camerun da Justin B. Tagouh, nasce attorno al 2010 come media alternativo nel panorama africano poiché dichiaratamente panafricanista. Inizialmente il gruppo è finanziato da Guinea e Ciad come strumento di pressione nei confronti della Francia. Con la crisi del prezzo del petrolio (e un rafforzamento dell’asse N’Djamena-Parigi nel Sahel) i finanziamenti al gruppo vengono però meno nel 2014.  Tagouh, grazie all’intermediazione del belga Luc Michel (noto e controverso conduttore di Afrique Media) si sarebbe allora rivolto a Mosca ottenendo i finanziamenti necessari per il suo gruppo. Ospite ricorrente di Afrique media è per altro l’attivista Kemi Seba e si dice che lo stesso Tagouh sia andato diverse volte a Mosca e Sotchi per incontrare la leadership russa. I legami di Afrique Media con il Cremlino sono quindi evidenti, e non solo sulla base dei contenuti diffusi dal gruppo; tuttavia, nessun russo figura nella sua redazione. Il fatto che gli ideali panafricanisti si coniughino in modo piuttosto efficace con il sistema informazionale russo è testimoniato dalla vicinanza con Mosca di un’altra emittente panafricanista: Radio Révolution Panafricaine. I temi che ricorrono frequentemente nei contenuti diffusi da quest’emittente sono in linea con i temi della propaganda russa in Africa: multipolarismo, panafricanismo, critica della Francia e delle sue mire coloniali.  Ancora più eclatante è il caso della centrafricana Radio Lenga Songo. Secondo l’Institut National de l’Audiovisuel (Ina), un’attenta analisi dei suoi contenuti mostra che gli articoli diffusi da questa radio che trasmette da Bangui sono fondamentalmente imparziali fino all’inizio del 2021. A partire da questa data la natura del contenuto cambia radicalmente: si tratta ora di articoli più lunghi, tutti curati editorialmente, che denotano negativamente l’operato francese e positivamente quello russo. 59% degli articoli diffusi contiene riferimenti positivi alla Russia, ma non si fa mai menzione della parola mercenari che pure sono presenti nel paese dal 2018. Se fino al 2020 i soli russi citati nei contenuti di Radio Lenga Songo sono quelli del Presidente della Federazione e dei suoi ministri (cioè i grandi nomi della politica russa), a partire dal 2021 sono frequenti le interviste e i riferimenti a V. Zhakarov, consigliere per la sicurezza di Touadera, e ad altri nomi di russi coinvolti nella politica centrafricana. Secondo la BBC la radio è infatti finanziata con più di 10 mila dollari l’anno dalla compagnia di estrazione mineraria Russa Lobaye Invest, e non è dunque un caso che articoli di Lenga Songo siano frequentemente ripresi dai gruppi media controllati da Prigožin Ria Fan e Patriot Media, cosa assai particolare per una piccola radio locale.

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