La contrapposizione di Nato e Russia nell’Artico scalda il ghiaccio sino a renderlo bollente. L’attuale calma geopolitica, attraverso policy ambientali e di cooperazione, non è capace di nascondere le tensioni degli attori interessati. Al momento le preoccupazioni principali, di entrambi i blocchi, sembrano enfatizzate anche dal rafforzamento di tutte quelle politiche sulla sicurezza, giustificate, però, dalla necessità di mantenere stabilità nell’area. Washington e Mosca, infatti, professano la volontà di risoluzione pacifica di tutti contraddittori attraverso la diplomazia ed il diritto internazionale. Ma nonostante questo il trasporto nell’Artico di missili balistici intercontinentali, equipaggiati con testate nucleari e scortati da unità subacquee armate lascia pochi dubbi sul motivo di una così cospicua concentrazione di armamenti nella zona artica.
Ecco perché Mosca corre ai ripari nell’Artico
Un interessante punto di vista russo sui timori e sulla necessità di proteggere gli interessi nazionali è riportato in un dossier pubblicato su Russian-Council.ru ed intitolato “Strategie degli Stati Stranieri nell’Artico”. Secondo questo lavoro, Mosca giustificherebbe le sue ragioni, in quanto percepisce, nelle politiche degli altri attori antagonisti, una seria minaccia agli interessi economici e alla sicurezza nazionale. Nell’analisi, la Russia, infatti, sembrerebbe focalizzarsi proprio sulla questione, inquadrando in quattro punti fondamentali le reali minacce dell’area artica, che di fatto ha definito “cerchi di rivalità”.
Il rapporto si concentra soprattutto sulle cinque le potenze ufficiali che si contendono a pieno diritto lo sfruttamento delle risorse dell’estremo Nord: Usa, Danimarca, Norvegia, Canada e la Russia stessa. Inoltre, menziona anche altri stati subartici interessati alla corsa, che non hanno, però, accesso diretto all’Oceano Artico, bensì proiezioni verso il Circolo Polare, come Svezia e Finlandia.
In realtà, è proprio su questo punto che molte diffidenze darebbero forma alle preoccupazioni del Cremlino, in quanto, per la necessità di dover soddisfare anche gli interessi di altre nazioni su tale area, sono state costituite organizzazioni sub-regionali come il Consiglio Artico ed Il Consiglio euro-artico di Barents oltre a quelli Nato e dell’Unione europea che Mosca, non solo classifica come terzo cerchio di rivalità ma percepirebbe soprattutto come eventuale problematica in relazione alla questione della “militarizzazione artica”. Infine, l’ultimo e non meno importante cerchio, racchiuderebbe le nazioni dell’Asia orientale che, seppur non essendo stati artici, hanno manifestato non solo un forte interesse, bensì sviluppato programmi ed investimenti di tale portata, tanto da accelerare le politiche riorganizzative di Mosca.
La nuove tattiche artiche russe
Nel correre ai ripari il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa Dmitry Medvedev ha recentemente presieduto la riunione della Commissione Interdipartimentale sulla Sicurezza, con lo scopo di proteggere gli interessi nazionali nell’Artico. Nell’analisi del documento rilasciato dal governo si scopre come le preoccupazioni aumentino proprio a causa dell’incremento della presenza militare di paesi stranieri ai confini russi, mirata, non solo al “contenimento” della Federazione, bensì ad instaurare un controllo sulle comunicazioni strategiche, marittime ed aeree dell’Artico.
Il documento infatti riporta che, sebbene sia necessario sviluppare relazioni bilaterali “costruttive” con i paesi membri e con gli osservatori del Consiglio, le politiche interne saranno comunque orientate al rafforzamento delle truppe russe in quella zona, le quali dovranno essere, inoltre, dotate di moderne tipologie d’armamento. La testata Tass ha recentemente rivelato che la Flotta del Nord della base navale Belomorskaya, sta già sviluppando nuove tattiche per la guerra antisommergibile artica, grazie alle navi da combattimento Onega e Naryan-Mar. Tali operazioni, nel Mar Bianco, prevedevano il lancio simulato di siluri dal sottomarino a propulsione nucleare Dmitry-Donskoi.
Questa unità, operante ad una profondità di oltre 100 metri, ha svolto il ruolo “dell’ipotetico nemico”con il compito di scovare piccole navi da guerra antisommergibile. I piani di sviluppo delle nuove tattiche prevederebbero, inoltre, il completamento di una serie di manovre dedicate al combattimento di unità da superficie, aggregate al comparto operativo di una super task force navale. Insomma una storia totalmente diversa rispetto all passato, quando infatti le tattiche russe prevedevano il supporto a convogli di navi civili mediante il solo sganciamento di cariche di profondità e lanci di granate ed artiglieria contro obbiettivi aerei e di mare. Ora invece, il suo sviluppo tecnologico ed organizzativo sembra essersi talmente evoluto, tanto da poter lanciare addirittura ammonimenti per il futuro.