Pmc è l’acronimo anglosassone di Private Military Company. Si tratta di società private che forniscono servizi di combattimento o di sicurezza armati a scopo di lucro. Le Pmc si riferiscono al loro personale operativo come “security contractors” (appaltatori della sicurezza) o private military contractors (appaltatori militari privati). I servizi e le competenze che vengono offerti dalle Pmc sono in genere simili a quelli delle forze di sicurezza governative, militari o di polizia, il più delle volte su scala ridotta.

Quando si parla di “contractors”, in riferimento alla Russia, si pensa immediatamente agli operatori del Gruppo Wagner, assurti agli onori delle cronache per il loro intervento in Crimea, in Siria e in Libia, ma il Gruppo, troppo sbrigativamente liquidato come “mercenario” da parte della stampa non specializzata, non è l’unico di cui può disporre Mosca. Esistono altre compagnie private, meno note e meno articolate, che però sono attive all’estero al pari del Gruppo Wagner.

Pmsc russe e occidentali a confronto

Quello delle Pmsc, ossia dei Private Military and Security Contractors, è un mercato in forte crescita su scala globale. La crescita delle compagnie di sicurezza privata coincide infatti con una tendenza generale di progressiva riduzione dei budget allocati alla pubblica sicurezza e alla difesa nazionale. Basti pensare che secondo alcune stime almeno metà della popolazione mondiale vive in paesi dove il numero di agenti di sicurezza privata supera quello delle forze di pubblica sicurezza.

Il mercato russo delle Pmsc non fa eccezione: sebbene sia ancora relativamente ridotto rispetto a quello occidentale è anch’esso in forte espansione. Tuttavia, per comprenderne le peculiarità e la rilevanza strategica, occorre innanzitutto definire cosa si intende per Pmsc. Questo acronimo racchiude infatti svariate imprese che offrono servizi piuttosto eterogenei: dai più comuni servizi di protezione personale, di guardia armata (o disarmata) di luoghi privati e pubblici o di sorveglianza all’addestramento di personale militare, alle attività di Ddr (Disarmament, demobilization and reintegration) e di sminamento passando per attività di supporto logistico, manutenzione e addestramento all’utilizzo di sistemi d’arma complessi.

Ad oggi, per esempio, i contractors hanno un ruolo di primo piano negli Usa. Oltre a colmare le lacune nell’organizzazione militare e condurre operazione di routine di logistica e supporto, conducono anche operazioni di supporto alla forza con i partner internazionali di Washington e ne addestrano le forze armate.

Distinguere le Pmsc sulla base dei servizi che offrono risulta quindi complicato vista anche la notevole capacità di adattamento alla domanda di queste aziende che possono sia specializzarsi in un preciso servizio sia, per converso, offrire un’ampia gamma di servizi, anche molto diversi fra loro. Sebbene le Pmsc occidentali lavorino sovente in stretta cooperazione con le forze armate, generalmente evitano ogni riferimento al termine militare nel loro nome, di modo da non essere associate a forze mercenarie.

A partire da metà degli anni 2000 le Pmsc occidentali si sono di fatto cimentate in un’opera di rebranding, distanziandosi da quelle aziende come Executive Outcomes o Sandline International, salite alla ribalta della cronaca negli anni ’90 per il loro operato in alcuni paesi africani (Uganda, Sierra Leone etc). Buona parte degli utili delle Pmsc odierne deriva infatti da lucrativi contratti con i governi occidentali, rendendole dunque più sensibili al rischio di immagine associato alla loro partecipazioni ad azioni strettamente militari.

E’ invece più agevole distinguere in tre macrocategorie i servizi che le Pmsc offrono. I servizi di protezione sono generalmente rivolti a compagnie commerciali, privati, Ong. Si tratta di servizi più “tradizionali”, il cui scopo è la protezione degli interessi del cliente. Ci sono poi le attività di supporto militare rivolte essenzialmente a eserciti nazionali, eserciti di paesi alleati ed in alcuni casi a milizie alleate. Questa tipologia di servizi include non solo il supporto logistico o il trasporto di mezzi pesanti e armamento ma anche attività di vera e propria intelligence. Il fine di questi servizi è quello di aumentare le capacità militari di una forza armata. Ci sono poi le attività legate al cosiddetto state building, rivolte essenzialmente ad agenzie statali (dei donors e dei recipienti), Ong e agenzie per lo sviluppo. Anche in questo caso la gamma di servizi è ampia e va dall’assistenza nella riforma del settore di sicurezza (attività di Ssr), all’addestramento delle truppe passando per la consegna di aiuti umanitari.

Rispetto alle controparti occidentali, le Pmsc russe presentano due significative differenze. In primo luogo, offrono servizi di combattimento attivo e non esitano a menzionarlo apertamente, definendosi come Pmc (Private Military Contractors) o aziende di consulenza militare (come nel casso l’Rsb group). In secondo luogo, non offrono quei servizi legati al cosiddetto supporto militare, o quantomeno lo fanno in misura largamente inferiore rispetto ai gruppi occidentali.

Un’ulteriore differenza emerge nel rapporto fra le Pmsc e il loro paese d’appartenenza. Se la maggior parte degli stati occidentali ha sottoscritto il documento di Montreux del 2008 che regola le operazioni delle Pmsc, i contractors russi operano in un vuoto giuridico. Nonostante numerosi progetti di legge siano stati discussi dalla Duma (nel 2009, 2012, 2016 e da ultimo nel 2018) nessuno di questi è mai stato approvato.

Secondo alcuni osservatori il fatto che non esista un quadro legislativo chiaro sulle Pmc russe è legato al disaccordo e alla competizione tra le agenzie di sicurezza russe, in particolare il Gru e l’Fsb, e il ministero della Difesa nonostante il Cremlino si sia espresso positivamente circa l’impiego di contractors. E’ però più probabile che l’assenza di un quadro giuridico sia voluta, poiché l’illegalità formale delle PMC in Russia permette di mantenere una “plausible deniability” circa l’operato delle Pmc russe al di fuori dei confini nazionali. Inoltre, l’assenza di un quadro giuridico di fatto aumenta il controllo che il Cremlino può esercitare su questi gruppi. Se il mercato nel quale operano le PMSC occidentali è marcatamente neoliberale, quello russo si può definire ibrido. Mosca controlla infatti il mercato della sicurezza privata e i fornitori di tali servizi, i quali non possono operare senza previa autorizzazione.

La storia delle Pmc Russe

Per comprendere appieno le differenze fra le Pmsc occidentali e quelle russe è bene inquadrare dal punto di vista storico/culturale quella che è la postura di Mosca verso le forze militari private.

L’uso di questo tipo di formazioni da parte della Russia per il raggiungimento di obiettivi geopolitici faceva già parte della strategia dell’Impero Russo pre-1917. Si ricorda, ad esempio, l’impiego di Carsten Rohde da parte di Ivan il Terribile durante la guerra di Livonia (1558-1583) per condurre operazioni militari e stabilire contatti economici nella regione del Mar Baltico. La stessa estensione a oriente, verso la Siberia, la si deve in parte all’iniziativa privata della famiglia Stroganov, che organizzò la spedizione Yermak Timofeyevich (1582–1584). L’impiego di forze mercenarie includeva anche un ampio ricorso a non russi, per esempio i Nogais di etnia turcomanna presenti nel Caucaso Settentrionale, che venivano impiegati come “eserciti privati”. Inoltre venivano utilizzati per “azioni asimmetriche” ante litteram per colpire efficacemente le linee di comunicazione di un avversario invasore, alla stregua delle formazioni partigiane della Seconda Guerra Mondiale.

In effetti, l’estensione continentale della Russia, le dure condizioni climatiche e la mancanza di infrastrutture adeguate hanno storicamente avuto un profondo impatto sugli strateghi militari di Mosca. Questi fattori materiali hanno quindi generato una dottrina militare che comprende il principio moderno di “conflitto asimmetrico”, prevedendo l’impiego di formazioni militari irregolari.

Nel periodo sovietico, l’ideologia comunista inaugurò un nuovo modello di uso da parte dello Stato di formazioni irregolari per scenari asimmetrici. In particolare, la Guerra Fredda fu segnata da numerosi conflitti regionali nel cosiddetto “Terzo Mondo” in cui furono coinvolte le due superpotenze sia apertamente che di nascosto in cui questo nuovo modello ha potuto espletarsi. Oltre a offrire supporto economico, i sovietici inviavano regolarmente anche “consiglieri militari”, che spesso e volentieri si sono trovati in prima linea in modo non ufficiale, esattamente come avveniva anche per gli Stati Uniti. Il Medio Oriente insieme all’Africa, in particolare, presentano i migliori esempi di come i consiglieri militari sovietici fossero un importante strumento della politica estera di Mosca. Solo in Egitto, tra il 1967 e il 1973, il personale militare sovietico che si è alternato nel Paese raggiungeva una cifra compresa tra le 30mila e le 50mila unità.

Il colpo di stato militare in Siria guidato da Hafez al-Assad ha spostato l’attenzione sovietica su Damasco, che ha ricevuto un’importante assistenza economica e militare da Mosca, entrando de facto nella sua sfera di influenza e permettendole di avere il tanto agognato sbocco in un “mare caldo”. Anche in questo caso, soldati e militari sovietici, raggiungevano il Paese come “turisti” in modo che il loro impiego nei conflitti arabo-israeliani potesse essere negabile plausibilmente.

Inoltre, l’Unione Sovietica ha approvato l’utilizzo di “consiglieri militari” cubani in tutta l’Africa nei suoi sforzi di diffusione della dottrina socialista e contrasto all’Occidente, come avvenuto, ad esempio, in Angola a partire dal 1975.

Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, e l’insorgere di conflitti regionali in quello che era il suo spazio, le formazioni paramilitari sono state usate da Mosca come strumento per continuare ad avere una certa forma di controllo nel suo estero vicino senza dover intervenire direttamente con le proprie forze armate.

Questa esperienza, tuttavia, è stata caratterizzata da diversi fallimenti importanti, anche all’interno dei confini della Russia: ad esempio in Cecenia durante la prima battaglia di Grozny (1994-1995). La Russia ha utilizzato forze irregolari anche in altri teatri strategicamente di valore come in Jugoslavia durante il conflitto etnico dei primi anni ’90 dove si era registrata la presenza di “volontari” russi. In particolare, nella città di Visegrad, nel 1993, venne dispiegata un’unità cosacca formata da 70 elementi.

Col tempo, si è cercato di creare una struttura più istituzionalizzata prestando maggiore attenzione alla formazione e all’organizzazione: un primo esempio è dato dalla Rubikon, con sede a San Pietroburgo che si dice aver giovato del coordinamento del servizio di sicurezza federale (Fsb). La Rubikon rappresenta il primo tentativo di creare una Pmc russa per obiettivi geopolitici specifici.

Tra il 1997 e il 2013, le società militari private di Mosca hanno subito un’interessante trasformazione qualitativa e quantitativa: il loro numero complessivo è aumentato notevolmente e allo stesso tempo ci sono stati alcuni importanti cambiamenti strutturali per i quali le Pmc russe hanno iniziato a perseguire obiettivi economici di più ampia portata oltre che obiettivi geopolitici ristretti.

È questo il periodo prodromico all’avvento della “dottrina Gerasimov” per l’hybrid warfare. Il generale Valery Gerasimov, allora capo di Stato maggiore delle forze armate, nel 2013 elaborò, sulla base delle esperienze maturate dalla Russia nella guerra asimmetrica e grazie a testi precedenti, tra i quali anche “Guerra senza limiti” dei generali cinesi Qiao Linag e Qang Xiangsui (1999), il concetto russo di guerra ibrida in cui le Pmc vengono utilizzate come uno dei tanti strumenti che ha lo Stato per contrastare l’attività dell’avversario e per colpirlo anche in modo “non convenzionale”, intendendo con questo termine il non fare ricorso alle forze armate regolari.

Per il generale il coordinamento tra le unità paramilitari, le forze speciali e l’infiltrazione dello spazio informativo è fondamentale per l’applicazione della strategia “non lineare” russa che vuole la mobilitazione delle forze convenzionali solo come ultima risorsa e grazie, possibilmente, a una richiesta ufficiale da parte della autorità internazionali (Onu), ad esempio con operazioni di peace keeping o peace enforcing.

Le Pmc in questo scenario giocano un ruolo importante: essendo formalmente entità private, sebbene finanziate e sottoposte a una qualche forme di controllo statale, permettono alla Russia la “negazione plausibile” di ogni suo possibile coinvolgimento in conflitti a bassa intensità. Questa possibilità di “negazione” lascia, dall’altro lato, molta libertà di azione alle Pmc che sono libere da qualsiasi tipo di regole di ingaggio.





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