Gli Stati Uniti prenderanno in considerazione la possibilità di costruire parte della flotta di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare (Ssn) per l’Australia in modo tale allontanare le preoccupazioni di Canberra riguardanti la lacuna nelle capacità subacquee che verrebbero a crearsi con la dismissione dei battelli convenzionali (Ssk) attualmente in servizio.
Secondo quanto riferito i battelli dovrebbero essere messi in cantiere in modo da fornire all’Australia i suoi primi sottomarini a propulsione nucleare entro la metà degli anni ’30 invece che negli anni ’40. Queste prime unità saranno quindi costruite interamente negli Stati Uniti, stante l’affermazione che gli Usa continueranno successivamente ad assistere l’Australia nella produzione dei restanti sottomarini che si effettuerà presso il cantiere navale di Osborne nei pressi di Adelaide.
La possibile decisione è stata discussa tra alti funzionari di Australia, Stati Uniti e Regno Unito – nell’ambito dell’accordo trilaterale Aukus stipulato un anno fa – secondo quanto riferito dal Wall Street Journal.
Questa è solo una delle opzioni prese in considerazione per garantire che l’Australia riceva almeno otto Ssn per fronteggiare le maggiori tensioni nella regione indo-pacifica. Più di una settimana fa, il ministro della Difesa australiano Richard Marles aveva affermato che il calendario e le decisioni su quali battelli utilizzare e su come verranno costruiti stanno “prendendo forma” e che “con l’Aukus c’è l’opportunità davvero enorme di perseguire un’agenda più ampia e più ambiziosa oltre ai sottomarini”.
Il problema di fondo, per Canberra, è che la sua attuale flotta di Ssk classe Collins è obsoleta e si prevede di ritirarla dal servizio entro il 2026, ma questo termine potrebbe essere ulteriormente posticipato se pur non così tanto da arrivare al 2040, anno in cui si prevedeva dovessero arrivare i primi battelli tipo Ssn.
Ecco perché recentemente la Francia, che ha perso un importante contratto di produzione con l’Australia proprio a seguito della firma dell’Aukus, ha provato a riproporre una soluzione nazionale “ad interim”. La decisione statunitense di proporsi per colmare la lacuna nei sottomarini australiani potrebbe quindi anche essere stata dettata dalla recente proposta di Parigi, sebbene attualmente non sappiamo se questa sia mai stata presa in seria considerazione da Canberra.
La possibile costruzione di Ssn per l’Australia da parte degli Stati Uniti però non è affatto scontata, e richiederebbe investimenti che andrebbero sicuramente molto al di là di quelli strettamente necessari per lo scopo. La capacità cantieristica statunitense, infatti, non è illimitata e ci vorrebbero miliardi di dollari per espanderla, e al governo australiano sarebbe chiesto di contribuire all’alto costo dell’iniziativa. A quanto sembra, infatti, i cantieri navali della Marina Usa sono in cattive condizioni: sebbene siano stati effettuati alcuni investimenti per ristrutturarli, non sono stati in grado di tenere il passo con il carico di lavoro che già hanno. Come riferito nel 2017, il Government Accountability Office (Gao) ha valutato che l’U.S. Navy ha perso più di due decenni nella flotta dei sottomarini d’attacco a causa di ritardi nei lavori di manutenzione.
Se pensiamo che proprio la U.S. Navy ha varato un ambizioso piano di espansione della flotta, e se ci aggiungiamo la difficoltà nel reperire le maestranze per i cantieri, possiamo capire come il progetto di costruzione per gli Ssn australiani avrebbe degli oneri quasi insostenibili per il Pentagono in un momento in cui si sta concentrando nello sforzo di modernizzazione e ampliamento delle proprie forze armate. L’Australia, poi, dovrebbe sobbarcarsi una fetta importante delle spese per la costruzione in un cantiere navale statunitense, quindi non potendo usufruire di quel passaggio di tecnologia che le sarebbe garantito da una costruzione casalinga fatta comunque congiuntamente con Stati Uniti e Regno Unito.
Londra e Washington, viene affermato dalla rispettiva diplomazia, sono pienamente impegnate a stabilire un approccio alla condivisione della tecnologia di propulsione nucleare navale con l’Australia che soddisfi i più alti standard di non proliferazione, ma questa soluzione intermedia potrebbe non soddisfare tale condivisione secondo gli standard australiani.
Lo stesso ministro Marles auspica che la costruzione degli Ssn possa essere di natura “trilaterale” in quanto “è molto meglio se gestisci una piattaforma che hanno altri paesi poiché si stabilisce un’esperienza condivisa e una base industriale per sostenerla”, ribadendo che “sarebbe meglio se fossimo in una posizione in cui ciò che stiamo facendo è davvero uno sforzo trilaterale”.
Un’altra opzione proposta dall’Australian Industry and Defense Network è la costruzione di sottomarini convenzionali per colmare la lacuna temporale tra il ritiro dei vecchi Collins e l’arrivo dei nuovi Ssn, suggerendo una versione modernizzata di questi battelli ma con equipaggi già addestrati per i futuri Ssn, che dovrebbero arrivare negli anni ’40, in modo da velocizzarne la messa in servizio.
Riteniamo che quest’ultima soluzione sia quella più perseguibile per una serie di motivazioni: innanzitutto permetterebbe alla cantieristica navale australiana di continuare la propria produzione investendo quindi il denaro localmente, inoltre gli Ssk potrebbero essere prodotti più rapidamente rispetto agli stessi Ssn interamente costruiti in Usa, infine bisogna considerare che avere in linea Ssk insieme ad Ssn rappresenta la soluzione ottimale per una marina oceanica moderna in quanto è possibile differenziarne le modalità di impiego, riservando ai battelli a propulsione nucleare le missioni di pattugliamento in profondità e mantenendo quelli hunter/killer a difesa delle acque più prossime a quelle territoriali.