Il summit bilaterale del 13 aprile scorso con cui la Germania e il Giappone hanno inaugurato una nuova fase del loro legame strategico sulla base del format “due più due” basato sull’incontro tra i rispettivi Ministri degli Esteri e della Difesa molto caro a Tokyo, ha una profonda valenza simbolica e politica.
Simbolica, perché segnala che, in parte, il contesto geopolitico globale edificato con la fine della Seconda guerra mondiale si sta evolvendo. Il primo vero bilaterale a tema non strettamente economico tra i governi dei due Paesi dal 1945 ad oggi tra due potenze da decenni incardinate nella sfera d’influenza statunitense come superpotenze commerciali e “nani” geopolitici ne segnala la crescente spinta verso l’assertività. Ne identifica la volontà di iniziare un serio ragionamento su come dare proiezione politica al loro peso nell’economia globale.
Politica, perché Tokyo inizia ad estendere a Berlino una formula di dialogo tradizionalmente garantita ai primari partner strategici: Australia e India, partner del Giappone e degli Usa nel Quad dell’Indo-Pacifico, da un lato, Francia e Regno Unito dall’altro. E questa profonda convergenza segnala la volontà del Giappone di costruire una sua visione strategica non necessariamente collegata alle preferenze dell’egemone a stelle e strisce e di cercare una visione politica d’insieme sulle modalità con cui mediare con la potenza ritenuta a Tokyo la principale minaccia potenziale alla sicurezza economica e politica nazionale, la Cina.
Nobuo Kishi e Toshimitsu Motegi, titolari della Difesa e degli Esteri nel governo di Yoshihide Suga, da un lato; Annegret Kramp-Karrenbauer e Heiko Maas, loro omologhi nel governo della cancelliera Angela Merkel, dall’altro: il summit svoltosi il 13 aprile scorso in formato telematico ha posto a confronto i principali decisori della politica securitaria dei due Paesi. L’obiettivo del summit è stato principalmente il varo di un metodo di confronto in grado di togliere il pregiudizio economicista quale unico punto di riferimento dei legami tra Berlino e Tokyo e garantire il comune sostegno a progetti di mutuo interesse: il sostegno a un ordine mondiale basato sul multilateralismo; la volontà di stemperare gli effetti della rivalità sino-americana; l’avvio di una partnership securitaria che dovrebbe culminare nell’invio di una fregata della Marina tedesca nell’Indo-Pacifico per esercitazioni congiunte con la Marina imperiale di Tokyo.
Ad agosto prossimo, secondo quanto dichiarato a marzo dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, la fregata tedesca Hamburg salperà dal porto di Wilhelmshaven, in Bassa Sassonia, per una campagna di sei mesi nell’Indo-Pacifico. La missione della Hamburg si inquadra nelle Linee guida per l’Indo-Pacifico, approvate dal governo federale il 2 settembre 2020. Le cui conseguenze strategiche hanno, senza ombra di dubbio, le rivendicazioni territoriali e politiche di Pechino nella regione nel mirino.
Angela Merkel ha negli anni impostato una politica cinese non esplicitamente ostile al presidente Xi Jinping, fondata sia sull’apertura a floride convergenze commerciali bilaterali e a trattati di libero scambio come il Cai siglato dall’Unione Europea nelle scorse settimane sia sulla presa di consapevolezza dei teatri in cui Berlino e Pechino si trovano in concorrenza. Le frenate sul 5G di Huawei, la mossa anti-cinese dell’autorità portuale di Amburgo nello scalo italiano di Trieste, il varo di strumenti di contrasto alle scalate straniere alle aziende tedesche e i blocchi di acquisizioni strategiche da parte di Pechino su multinazionali del Paese europeo come Kuka hanno segnalato un approccio realista che ora Berlino espande non chiudendo ai tradizionali alleati di riferimento e segnalando che è pronta a giocare un ruolo non solo economico ma anche strategico nella garanzia alla libertà di commercio e navigazione e nel sostegno al rispetto all’ordine internazionale. Terreni di scontro tra Paesi occidentali e Cina nel contesto del Mar cinese meridionale.
Una linea più assertiva nei confronti della Cina e un’apertura a Tokyo possono aiutare la Cdu della Merkel a aprire a un fronte di dialogo con il possibile partner di governo dopo le elezioni del prossimo autunno, i Verdi schierati convintamente nel campo atlantista e occidentale, e a smussare le contrapposizioni con l’amministrazione Usa di Joe Biden già colpita dallo smacco dell’avanzamento del gasdotto Nord Stream 2 promosso da Germania e Russia. Sposare la cooperazione con il Paese del Sol Levante apre inoltre alla Germania la possibilità di trovare un canale di cooperazione diretto con uno Stato interessato come Berlino alla stabilizzazione dell’ordine mondiale e alle questioni commerciali internazionali.
Il think tank britannico Rusi ha sottolineato che Berlino e Tokyo possono far procedere con basso profilo e capacità prospettica un rapporto in grado di ampliare sia i legami tra il Giappone e i Paesi dell’Unione Europea sia le convergenze tra la Germania e le nazioni dell’Indo-Pacifico. Il formato “due più due” aprirà a nuove cooperazioni: nei laboratori strategici tedeschi si sta già considerando l’idea di dispiegare in Australia caccia e aerocisterne nel 2022 come segno della volontà del Paese di partecipare alla definizione degli equilibri regionali e di ribadire una scelta di campo occidentale che può aiutare la Germania a programmare le sue politiche pragmatiche verso potenze come la Cina senza creare ambiguità agli alleati. Il ritorno di Tokyo e Berlino al pensiero geopolitico segnala dunque la complessità di un’era caratterizzata da dinamiche fortemente competitive nel sistema globale. In cui per uno Stato economicamente solido non è più sufficiente essere grandi potenze commerciali per garantirsi un ruolo dirimente negli affari internazionali.