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Tanti soldi per le armi, ma sempre meno soldati. Poche reclute e tante rinunce e molte dimissioni. Questa è l’impietosa radiografia delle forze armate francesi presentata all’Assemblea nazionale dalla commissione difesa durante il dibattito parlamentare sulla spesa militare. A malincuore e con un certo imbarazzo il ministro della Difesa Sébastien Lecornu ha dovuto ammettere le crescenti difficoltà nel reclutamento e il parallelo aumento di abbandoni che rendono problematico raggiungere gli obiettivi prefissati (6300 effetti in più entro il 2030).

“Siamo abituati ad un turn over nelle caserme, ma non abbiamo mai registrato un fenomeno simile”, ha dichiarato Thibaut de Vanssay, direttore ministeriale delle risorse umane. Nel 2022 la percentuale di ritiri durante la fase formativa dell’esercito, prodromica ai cinque anni di ferma (il nostro vecchio Centro addestramento reclute, per intenderci), si è impennata sino al 32%. Numeri molto al di sopra delle attese. Per quanto riguarda la Marina e l’Aeronautica vi è invece la continua emorragia degli specialisti – prevalentemente sottufficiali – molto richiesti dal settore privato, principalmente nel nucleare, meccanico e aerospaziale.

Una disaffezione causata da più ragioni. A differenza di vent’anni fa – il tempo delle molto mediatizzate missioni oltremare in Afghanistan e Africa – il mestiere delle armi non appassiona più le giovani generazioni transalpine. L’immagine dell’Armée, ridotta dal 2015 a supportare sul territorio nazionale le forze dell’ordine nell’operazione “Sentinelle”, sicuramente non invoglia ad arruolarsi e, tanto meno, appassionano le strutture abitative. Secondo il quadro tracciato dalla commissione parlamentare e dallo stato maggiore solo un quarto del parco immobiliare castrense può considerarsi relativamente ottimale, il resto delle caserme e dei centri abitativi è vetusto o degradato.

In più, l’addestramento langue, le munizioni e mezzi mancano (la guerra in Ucraina voracemente continua ad inghiottire materiali e svuotare arsenali) e i turni — per mancanza di personale — si fanno sempre più logoranti.  Risultato: un’attività complessiva ben al di sotto (circa il 30 per cento) dei canoni previsti dall’Alleanza Atlantica.

Non va meglio per i servizi di sicurezza. I prossimi investimenti previsti nella “Loi de programmation militaire” prevedono larghe risorse per la cyber intelligence ma gli specialisti latitano. “È una giungla, cerchiamo un personale estremamente specializzato ma sfortunatamente è sempre più difficili e complesso trovare giovani preparati”, ha affermato Bernard Ermié, il capo supremo delle “barbe finte” francesi. Ancora una volta i pingui stipendi offerti dal privato offuscano ogni offerta da parte delle strutture dello Stato. Da qui i palliativi: per supplire alla mancanza di quadri l’Accademia militare di Saint Cyr ha previsto, in collaborazione con le università, corsi di formazione per i cadetti. A scapito dei reparti operativi.

Dal dibattito parlamentare emergono al momento poche novità. Per sollevare l’Armée dagli estenuanti piantonamenti fissati dall’operazione “Sentinelle”, è stato approvato l’aumento della Riserva nazionale, con l’intento di portare entro il 2035 la forza da 40mila a 105mila effettivi. Da un mese sulla stampa francese interi paginoni rilanciano puntualmente la campagna “salariès et réservistes”, con quali risultati non si sa.

Si ragiona, inoltre, sull’aumento degli stipendi con un’iniezione di 98 milioni di euro (il 12 per cento in più) destinati alle spese del personale e si studiano facilitazioni per chi volesse, dopo un passaggio nel privato, rientrare nelle forze armate. Fa invece discutere la stramba idea del ministro Lecornu: per rimpolpare gli smagriti ranghi delle forze transalpine saranno da ora ammesse e arruolate anche le persone sieropositive, sino ad oggi scartate per ovvi problemi di salute. Sic transit gloria mundi….

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