La crisi in Ucraina e l’invasione russa del Paese limitrofo hanno notevolmente cambiato il contesto securitario dell’Europa orientale. Rafforzando la contrapposizione tra Paesi occidentali e Russia in uno scenario decisivo, contraddistinto dal contrasto tra Paesi europei e Russia in campo energetico, dal braccio di ferro militare tra Nato e Mosca e dalla partita aperta per l’influenza sugli attori terzi come la Moldavia. E un attore si trova sempre di più al centro delle dinamiche che coinvolgono gli Stati dell’Europa orientale: la Romania. Nuovo perno atlantico dell’Europa orientale e capofila del contenimento anti-russo assieme alla Polonia.

La Nato si consolida in Romania

Il 3 marzo scorso l’Alleanza Atlantica ha annunciato che nel Paese dell’Europa orientale è stata mobilitata per la prima volta nella sua storia la Response Force. Essa è di fatto una task force a disposizione dell’Alleanza che potrà essere formata da un numero massimo di 40mila militari. Un primo contingente di 500 unità è proprio arrivato in Romania, dove anche l’Italia ha rafforzato la protezione aerea con ulteriori caccia Eurofighter, il cui numero è raddoppiato da 4 a 8. Bucarest è ritenuta un alleato fedele per il presidio del Mar Nero e del fianco Est dell’Europa atlantica, oltre che un bastione-chiave per arginare le velleità russe.



Nell’Europa di mezzo diventata terra di frontiera tra il campo atlantico e l’Impero di Vladimir Putin, nelle terre che sempre di più si avvicinano alle linee rosse dello Zar e che vedono le potenze europee dell’Est sempre più centrali nel loro sostegno a Washington, la Romania è in prima linea. E una svolta in questo campo si è avuta nel novembre 2020, mese in cui Bucarest ha affiancato Varsavia per valenza geostrategica: mentre Varsavia vedeva la firma del presidente Andrzej Duda sull’Enhanced Defense Cooperation Agreement, l’accordo di cooperazione concluso con Washington per la “difesa potenziata” Bucarest ha ospitato l’esercitazione Nato “Rapid Falcon”, la più importante sul suo territorio sino ad allora.

La strategia di Bucarest

La Romania anima il cosiddetto B9, il vertice “formato Bucarest” che unisce i Paesi del fianco Est della Nato e che ha nel 2021 ricevuto il sostegno di Joe Biden per bocca del segretario di Stato Usa Tony Blinken, per il quale l’ultima edizione del summit, tenutasi il 10 maggio scorso, è stato da valorizzare il desiderio romeno “di una più stretta collaborazione con i nostri alleati in Europa centrale e nelle regioni baltiche e del Mar Nero sull’intera gamma di sfide globali”. Per il centro studi Iari questo significa che “la Romania è, indubbiamente, decisa a far valere la propria posizione all’interno dell’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord, sicura anche dell’appoggio degli Stati Uniti, che, negli ultimi anni, hanno contribuito in maniera sostanziale al suo armamento e alla costruzione di infrastrutture e imprese per l’approvvigionamento energetico – non per ultima la centrale nucleare di Cernavodă“.



Washington punta su Bucarest perchè la Romania ha una strategia ben chiara: bloccare l’espansionismo della Russia. E lo ha a partire dall’ingresso nella Nato nel 2002, celebrato con la visita a Bucarest di George W. Bush il 23 novembre dello stesso anno e con una manifestazione in Piazza dell’Indipendenza animata da mezzo milione di persone nello stesso luogo in cui era stato processato e fucilato il dittatore Nicolae Ceaucescu nel 1989. Il timore per l’espansionismo russo si è fatto assertivo piano di contenimento dal 2014 in avanti, periodo in cui Bucarest ha voluto rafforzare l’interesse della Nato per lo scenario del Mar Nero. Dal maggio 2016 è entrata in attività nella base militare di Deveselu nel Sud del paese il moderno sistema antimissile americano Aegis Ashore Bmd, temuto da Mosca perché potenzialmente in grado di essere adottato per fini dual use portando armi nucleari tattiche e strategiche. Il che valorizza molto la Romania come terra di sviluppo della deterrenza.

Inoltre, i 245 km di costa della Romania sul Mar Nero e il porto di Costanza assumono valenza strategica ora più che mai, in una fase in cui sono proprio i possedimenti romeni a rappresentare il primo vero antemurale alla dominazione russa su buona parte del Ponto Eusino. La Romania controlla inoltre foce e accessi dal mare al Danubio, il fiume più lungo e strategico d’Europa che oltre ad essere una via d’acqua cruciale per fini commerciali ha valenza strategico-securitaria come arteria cruciale di comunicazione entro la Mitteleuropa.

Spie e cyber

Anche l’intelligence è un campo in cui la Nato punta fortemente sulla Romania. Dal 2017 è attivo nella cittadina di Oradea, in Transilvania, al confine con l’Ungheria e nota per i monumenti e le architetture barocche, il Nato Humint Center of Excellence, istituzione che garantisce addestramento specializzato ai membri dei servizi segreti dei Paesi dell’Alleanza sotto il punto di riferimento del fattore umano e della costruzione di reti di informatori e agenti. E non a caso il Paese crocevia tra Europa centrale e orientale, lo Stato europeo con i confini più ampi con partner non Nato (Moldavia e Ucraina) e il perno del contenimento antirusso a Sud-Est diventa centrale nella guerra delle spie.

Un fronte complementare è quello della cybersicurezza. Nella costruzione di politiche di difesa a livello europeo, complementari a quelle Nato, nel 2020 Bucarest ha ottenuto dalla Commissione la possibilità di ospitare lo European Cybersecurity Competence Centre (Eccc). Il centro negli anni a venire rafforzerà il coordinamento della ricerca e dell’innovazione in materia di cibersicurezza nell’Ue. Costituirà inoltre il principale strumento dell’Ue per concentrare gli investimenti nello sviluppo industriale, nella tecnologia e nella ricerca sulla cibersicurezza. Mettendo al centro del sistema di difesa, industria e tecnologia romeni, valorizzati con investimenti e finanziamenti pubblici negli ultimi anni.

Cosa cambia con l’invasione russa

Come visto, dunque, c’è fermento. Cosa cambierà oggigiorno dopo che Vladimir Putin ha aperto il Vaso di Pandora invadendo l’Ucraina? La Romania si è blindata come una guarnigione. E aspetta le mosse di Mosca a pié fermo. “Le autorità romene si aspettano attacchi cibernetici mirati a destabilizzare istituzioni e infrastrutture e l’utilizzo delle forniture di energia per raggiungere obiettivi politici”, nota l’Osservatorio Balcani-Caucaso. “Sono queste alcune delle potenziali minacce analizzate dal Consiglio Supremo per la Difesa della Romania” in occasione dello scoppio della guerra il 24 febbraio scorso. A questo si aggiunge la corsa della Romania all’autonomia energetica che, precedendo le mosse russe, posiziona ora bene Bucarest per sfruttare i suoi giacimenti di gas e creare strategie assertive sul fronte geostrategico: si segnala per esempiola spinta rumena per completare la costruzione della rete Iași-Ungheni-Chișinău, un gasdotto di 120 chilometri volta a consolidare l’integrazione energetica con la Moldavia e a sganciarla dalla dipendenza dalla Russia.

Bucarest vuole contrapporre alla Russia una strategia a tutto campo che la ponga seriamente e con forza in campo euroatlantico come attore determinante per la stabilità regionale. E così facendo dissuadere dalla possibilità che la Russia compia mosse dirette nei suoi confronti in qualunque dominio. Bucarest ha scelto: il Paese più orientale dell’Europa centrale abbraccia in campo geopolitico l’Occidente. L’Europa contesa si sposta sempre più a Est e assieme a Varsavia Bucarest è il bastione della Nato. Possibile trampolino di lancio per ogni azione, coperta o meno, di contrasto all’offensiva russa in Ucraina.

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