Il piano da 60 miliardi di euro in 15 anni che il governo Draghi sarebbe pronto a mettere in campo per accelerare i finanziamenti alla Difesa dopo lo scoppio della guerra russo-ucraina e per sviluppare tecnologie critiche, sistemi d’arma e programmi strategici può, nei prossimi anni, guidare strategicamente Roma a una spesa del 2% del Pil in armamenti come prescritto dalla Nato. E impattare su un sistema industriale che ha dalla Difesa un ritorno importante su tutto il territorio nazionale.
Secondo l’organizzazione di categoria delle industrie della Difesa, l’Aiad, esse ogni anno contribuirebbero con un fatturato complessivo di 15,5 miliardi di euro all’economia nazionale. Di poco inferiore, ma comunque elevata, la stima di Ambrosetti del 2018: 14 miliardi. E il totale complessivo, se si somma il settore a sé stante dell’aerospaziale, in cui imprese operanti sia nel campo militare che in quello civile si muovono dinamicamente, è sicuramente ancora più alto.
Uno studio del Centro studi internazionali (Cesi) dedicato al comparto strategico dell’aerospazio per la difesa e la sicurezza (AD&S) ha sottolineato il peso di questo apparato particolare che genera un volume di 4,5 miliardi di euro di fatturato e con l’indotto e l’apporto indiretto supera i 12 miliardi. E come non parlare dell’effetto moltiplicatore che c’è sul campo delle tecnologie critiche, della ricerca, della creazione di brevetti?
Dunque, l’investimento militare impatta in termini di sistema-Paese. Dove si dirigeranno, primariamente, questi investimenti? Mappare i cluster più importanti e le reti produttive chiave può permetterci di aver chiara la geografia dell’industria militare italiana.
Leonardo l’italiana
Il primo gruppo da tenere in considerazione è chiaramente Leonardo. La monocompany nato dall’accorpamento della galassia Finmeccanica è dopo la Brexit il più grande gruppo industriale della Difesa in Europa. Leonardo sviluppa e produce elicotteri (negli stabilimenti ex Agusta Westland), aerei (negli impianti Alenia Aermacchi, Superjet International), elettronica per la Difesa e sicurezza (Selex ES), armamenti e sistemi di Difesa (negli impianti Oto Melara, Wass, MBDA). Inoltre, opera nell’ambito spaziale (attraverso la controllata Telespazio e la partecipata Thales Alenia Space).
Leonardo controlla poco meno di un terzo del fatturato dell’industria della Difesa italiana con il 31,58% della quota della quota di mercato e domina la classifica degli esportatori, contribuendo in maniera decisiva ai 4 miliardi di euro di export di armi capaci di fare dell’Italia il sesto Paese al mondo dopo Stati Uniti, Russia, Francia, Cina, Russia e Germania.
La divisione aerostrutture di Leonardo ha sede presso lo stabilimento di Venegono Superiore un tempo appartenente ad Alenia (ex Aermacchi), a cui si sommano gli stabilimenti di Pomigliano d’Arco e Torino Caselle. L’area di Varese è invece dominata dalla produzione di elicotteri: gli stabilimenti ex AgustaWestland di Sesto Calende, Vergiate, Lonate Pozzolo e Cascina Costa sono il pivot della produzione d’eccellenza di elicotteri in Italia. Mbda si divide tra Brescia e La Spezia, mentre Telespazio ha stabilimenti e centri di ricerca a Scanzano, vicino Palermo, sul Fucino, nell’Aquilano, a Gera Lario, nel Comasco e a Matera.
Dove opera Fincantieri
Fincantieri, in joint venture con Leonardo in Orizzonte Sistemi Navali, è seconda azienda per valore della produzione detenendo un quarto delle quote di fatturato e valore aggiunto. Essa rappresenta una delle più competitive, avendo conquistato spazi nei mercati principalmente grazie alle sue super-fregate apprezzate in tutto il mondo.
A Riva Trigoso, frazione del comune ligure di Sestri Levante, sono stati costruiti cacciatorpediniere, navi veloci, fregate. Castellammare di Stabia è invece sede della produzione della più moderna nave italiana, la Trieste. Muggiano, vicino Venezia, è invece l’hub in cui sono state realizzate le Fremm (Fregate europee multimissione) di classe “Bergamini” per la Marina Militare e più innovativi sottomarini della flotta italiana.
Gli altri hub
C’è poi da prendere in considerazione tutto l’hub della produzione di mezzi di trasporto e altri sistemi d’arma. La terza impresa italiana per fatturato nella Difesa, e prima senza partecipazione statale, è Iveco Defence Vehicles (Idv) di proprietà del gruppo Exor. La sezione militare di Iveco, avente sede principale a Bolzano e impianti a Piacenza, Vittorio Veneto e in Brasile, partecipa e ha partecipato ai principali programmi per veicoli cingolati e mezzi corazzati della Difesa nazionale. Tra questi il celeberrimo Lince, mezzo che ha fatto epoca, acquistato anche da Regno Unito, Spagna, Brasile, Belgio, Ucraina e Russia, l’autoblindo Centauro usato anche da Spagna e Giordania, il veicolo da combattimento Freccia, il trasporto truppe Puma.
Sul fronte delle armi leggere, spicca senz’altro la Beretta di Gardone Val Trompia attiva dal 1526 (continuità che fa dei Beretta la più antica dinastia industriale al mondo in attività) e i cui prodotti sono usati da eserciti e polizie di tutto il mondo, Stati Uniti compresi. La Benelli con sede a Urbino ha invece fornito il corpo dei Marines, mentre anche la toscana Pardini (produttrice di armi da addestramento e di precisione) e la Fiocchi di Lecco specializzata nelle munizioni non sono in secondo piano. Sul fronte delle bombe e dei proiettili, c’è spazio anche per la Sardegna con lo stabilimento della tedesca Rmw a Domusnovas.
Dunque, come visto, parliamo di un settore distribuito tra tutte le regioni e le province d’Italia in cui il sistema-Paese può veder valorizzate competenze e storie imprenditoriali di lungo corso. Dalle industrie tradizionali alla tecnologia di frontiera, dalle pistole alla cantieristica navale l’Italia ha una grande tradizione militare-industriale. E questo va tenuto in conto pensando a quanta quota di Pil e occupazione questi settori strategici permettano di preservare. Un ulteriore punto da non sottovalutare in una fase in cui anche la produzione e la crescita vogliono la loro parte nel percorso verso la difesa del sistema-Paese.