Nella notte tra martedì 12 settembre e mercoledì 13, un attacco missilistico ucraino condotto con missili da crociera “Storm Shadow” ha colpito un bacino di carenaggio nel porto di Sebastopoli, in Crimea, danneggiando gravemente una nave da sbarco anfibio classe Ropucha e un sottomarino a propulsione diesel/elettrica classe Kilo migliorata.
Quest’azione è particolarmente importante perché, come abbiamo già avuto modo di analizzare, compromette profondamente la capacità russa di effettuare riparazioni “a secco” delle sue unità navali rinchiuse nel Mar Nero dalla Convenzione di Montreux, attivata dalla Turchia all’inizio del conflitto in corso.
L’attacco ha molto probabilmente eliminato dal registro della Flotta Russa queste due unità navali, che si aggiungono ad altre – maggiori e minori – andate perse per azione nemica durante la guerra.
Ricordiamo, a mero titolo esemplificativo, l’affondamento dell’incrociatore classe Slava “Moskva”, avvenuto ad aprile 2022. Quella che era la nave ammiraglia della Flotta del Mar Nero è stata colpita molto probabilmente da uno o più missili antinave “Harpoon” – sebbene gli ucraini sostengano si sia trattato dei “Neptun” prodotti localmente – entrati in azione in concomitanza con un’azione di Uav (Unmanned Air Vehicle) effettuata per confondere e saturare le difese della nave.
Il precedente attacco al porto di Berdyansk, effettuato il 24 marzo, aveva invece menomato il potenziale russo anfibio con l’affondamento di una nave da assalto classe Alligator e il danneggiamento di una prima classe Ropucha. Una seconda unità di questa classe è stata colpita da un Usv (Unmanned Surface Vehicle) ad agosto con gravi danni (il vascello è stato ripreso fortemente sbandato sul lato di sinistra), mentre una terza è stata colpita durante l’assalto ucraino all’Isola dei Serpenti.
Non risulta invece affondata nessuna fregata della classe Admiral Grigorovich: a maggio 2022 si era diffusa la voce della perdita della “Admiral Makarov”, ma l’unità è ancora in servizio.
Al momento dell’inizio della guerra, ovvero quando la Turchia ha chiuso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, la Flotta del Mar Nero non era al completo essendo priva della fregata “Admiral Grigorovich”, di una corvetta classe Steregushchiy, e di due sottomarini classe Kilo migliorata (uno schierato nel Mediterraneo e uno a Kronstadt, nel Baltico, per riparazioni).
Considerando che la Flotta del Mar Nero era stata rinforzata di unità da assalto/sbarco anfibio prima dell’inizio del conflitto provenienti da altre basi navali, la Russia è rimasta con cinque/sei classe Roucha, due classe Alligator e una Ivan Gren.
Le unità maggiori, perso il “Moskva”, sono rappresentate dalle due classe Admiral Grigorovich e da due fregate classe Krivak. Le unità minori si conteggiano in sei corvette classe Grisha, quattro classe Buyan-M e due classe Bora che si sommano a cinque classe Tarantul. Le unità contromisure mine complessivamente sono otto mentre quelle ausiliarie sono nove (di cui due gru natanti) avendo perso un rimorchiatore classe project 22870. La linea di navi per intelligence è invece ancora al completo con cinque unità.
L’intera Flotta del Mar Nero opera su tre basi in patria (Sebastopoli e Novorossiysk) e una all’estero (Tartus in Siria) e come abbiamo visto in questo momento, per via del conflitto, le unità presenti nel porto siriano non possono rientrare nel Mar Nero, quindi sono obbligate a navigare sino ai porti del Baltico o del Artico russo per effettuare le riparazioni maggiori.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Flotta del Mar nero è diventato oggetto di una controversia tra la Russia e l’Ucraina. Un accordo è stato raggiunto solo nel 1997, quando Mosca e Kiev, in preparazione alla firma di un “trattato di amicizia e di collaborazione” hanno convenuto sulla separazione delle unità della flotta. L’Ucraina allora ricevette 67 navi e 90 aerei da guerra, mentre la Russia 338 navi e 106 tra aerei ed elicotteri. Inoltre, alla Russia venne concesso l’utilizzo delle basi in Crimea. Questi accordi erano inizialmente validi sino al 2017, e poi nel 2010 sono stati prorogati fino al 2042. Il colpo di mano in Crimea nel 2014 e la sua annessione nella Federazione Russa hanno ovviamente sovvertito questo status quo.
Gli attacchi ucraini effettuati con droni navali e aerei su Sebastopoli hanno convinto lo Stato maggiore della Marina Russa a trasferire le unità più importanti a Novorossiysk: qui, da settembre del 2022, sono stati dislocati tutti i sottomarini classe Kilo migliorata, la fregata “Admiral Essen”, tre unità classe Ropucha, e l’unica nave da assalto anfibio classe Ivan Gren presente in quel mare. Questo non ha comunque impedito almeno un tentativo di attacco a quel porto da parte degli ucraini, che però non ha ottenuto successo.
Vale la pena di ricordare che il sottomarino classe Kilo migliorata “Rostov sul Don” gravemente danneggiato nel recente attacco a Sebastopoli, si trovava in quella base navale per effettuare riparazioni allo scafo che risultano essere impossibili a Novorossiysk. Quando Mosca ha cominciato i lavori di modernizzazione di quel porto, nel 2007, è stata data enfasi alla costruzione di nuovi moli (15) per ospitare 30 navi da guerra (in caso non si fosse più potuta usare Sebastopoli) mentre il resto delle strutture era destinato a fasi future, compresa la costruzione del quartier generale e degli alloggi per il personale, dei servizi pubblici e delle comunicazioni. Tuttavia, la base navale non è mai stata attrezzata per sostenere la riparazione delle unità navali sia per via degli eventi storici (il colpo di mano in Crimea nel 2014), sia per la scarsità di fondi disponibili, pertanto gli unici bacini di carenaggio presenti nel Mar Nero si trovano a Sebastopoli.